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I giovani, questi sconosciuti che ci insegnano a sognare

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Paola Bignardi 
martedì 19 agosto 2025 

Il Giubileo ci ha dato immagini inaspettate. Sospendiamo le nostre precomprensioni e facciamo spazio ai ragazzi, portatori di una visione diversa del mondo e della Chiesa (ma che si sentono inutili).

Nel succedersi di notizie drammatiche e preoccupanti di guerre e di morti violente, le prime giornate di agosto ci hanno regalato anche inaspettate immagini gioiose e cariche di speranza. Il Giubileo dei giovani ha fatto irruzione nelle nostre case con una carica impensata di energia, di entusiasmo, di gioia. È stata una sorpresa per moltissimi adulti, più abituati a pensare alle nuove generazioni come a un problema che a una risorsa; più allenati a vedere nei giovani gli aspetti che preoccupano – e preoccupano in base a visioni spesso discutibili della vita – che la risorsa che essi rappresentano non solo per se stessi ma per la società, per la Chiesa, per tutte le generazioni. 
Abbiamo capito che non conosciamo i giovani; che quello che pensiamo di loro non raramente è frutto delle nostre precomprensioni e non di una reale attenzione a loro. In un recente incontro un’educatrice ha detto: «Mi fido delle persone che si mettono in ascolto delle parole e delle esperienze dei giovani, mi fido dei giovani. 
Sento anch’io il bisogno di guardare attraverso gli occhi di chi oggi, in tutta libertà, dice “così non va”. In fondo l’esperienza dei giovani non è così lontana da quella degli adulti. Ma c’è più libertà nelle loro parole, nel loro modo di esprimere il disagio provato. Di questa libertà, di questa onestà, abbiamo estremamente bisogno». 

È una testimonianza significativa, che parla dell’esigenza di ascoltare, di capire, di conoscere. Non conoscere significa non poter valorizzare, non saper adeguatamente accompagnare, privarsi della ricchezza che i giovani rappresentano per la società, per la Chiesa, per ciascuno di noi. 
La distanza che molte ragazze e ragazzi pongono tra sé e gli adulti nasce dalla percezione di non essere visti; nel corso di un dialogo con una giovane che ha abbandonato la pratica religiosa e la frequentazione degli ambienti ecclesiali è emersa con amarezza questa constatazione: «Io mi sono allontanata dall’oratorio, ma nessuno è venuto a chiedermi il perché». E la conclusione: «Allora forse anche prima io ero invisibile e inutile». 
La percezione di essere irrilevanti, di essere considerati sempre come bambini è una delle molte ragioni che inducono i giovani a prendere le distanze da un mondo adulto da cui non si sentono apprezzati; anzi, da cui spesso si sentono giudicati. Vorrebbero essere ascoltati, oltre che visti; vorrebbero ci fosse qualcuno interessato a quanto essi vivono, sentono, desiderano, sognano, pensano. 

Quando qualcuno lo fa, esprimono una gratitudine sorprendente: oramai non si aspettano più che qualcuno dedichi loro tempo, attenzione, interesse. Forse siamo tutti troppo centrati su noi stessi per saperci fermare e prendere in considerazione l’altro, chiunque esso sia. 
Forse anche per questo avremmo bisogno di ascoltare; anzi, di imparare ad ascoltare. Si direbbe che oggi sia particolarmente difficile, in un mondo che ci ha abituati al frastuono, alla fretta, alla velocità. 
Se vogliamo riprendere un contatto vero con il mondo giovanile bisogna che da educatori, adulti, sappiamo fermarci, dedicare tempo, sperimentare la gratuità. Ai giovani dobbiamo fare spazio dentro di noi, sospendendo ogni giudizio su di loro, sul loro essere diversi da quelli che eravamo noi alla loro età. 
Senza questa sospensione di giudizio, finiremo di conoscere le nostre precomprensioni su di loro, e di misurare la distanza che ci separa da loro. Stare in ascolto si fa non solo con i sensi, ma con tutto se stessi: con un cuore sensibile, con un’intelligenza aperta, con quella fiducia che apre alla speranza. 

Per ascoltare c’è bisogno di essere disposti ad accogliere la novità che si affaccia in loro, credendo che il mondo migliore possibile non è quello che abbiamo costruito noi. 
Questo mondo spento e violento è quello cui abbiamo dato vita noi, con le nostre scelte e le nostre inerzie. Il pianeta ferito che lasciamo loro in eredità è frutto anche del nostro aver perduto il senso delle proporzioni tra il necessario e la pretesa. Il dono che i giovani fanno al mondo è la novità, l’inedito, l’esplorazione del non ancora vissuto. 
Esplorazione: con quanto di rischioso e sorprendente questo può significare. Sono proprio i giovani che hanno l’audacia di spingersi su territori nuovi e sconosciuti; di ascoltare le loro curiosità e inquietudini; di lasciarsi provocare dalle domande della vita. I giovani sanno ancora sognare. 

Nel libro del profeta Gioele si legge un bellissimo versetto: «Io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni» (Gl 3,1). 
Gioele ha appena parlato del giorno del Signore, giorno terribile, in cui Dio colpirà il suo popolo con castighi terribili, per indurlo a ravvedersi, ad aprire gli occhi sulla propria realtà di peccato e di lontananza dal Signore. Ma dopo tutto questo, Dio effonderà il suo spirito sopra ogni uomo. Su ogni uomo, senza distinzione alcuna; lo spirito di Dio non conosce confini, passa ovunque, scorge le fessure, e si posa su ogni uomo e ogni donna. I figli e le figlie di Israele diventeranno profeti. 
La profezia non è riservata a chi frequenta i luoghi sacri, ma è data a tutti, per tutti. 
Ed eccola la profezia: i vecchi faranno sogni, i giovani avranno visioni. I giovani guarderanno lontano e vedranno quello che chi ha lo sguardo allenato a guardare troppo vicino non riesce ancora a scorgere. Le visioni non sono le apparizioni degli angeli, ma è lo sguardo penetrante che vede oltre, che vede ciò che altri non riesce ancora a intravedere. 
Si dice oggi spesso di una persona che ha o non ha una visione, una vision, per indicare proprio questo sguardo largo, che vede di più rispetto allo sguardo comune. E mi piace pensare che come conseguenza di questo vedere lontano i vecchi faranno sogni. 
È come se la visione dei giovani accendesse negli anziani la capacità di immaginare, di desiderare, di dare spazio al cuore, di pensare con il cuore. E di vedere con gli occhi del desiderio. 

Oggi i giovani stanno mostrando una visione diversa del mondo e della Chiesa, della società e della vita cristiana. Sono protesi al futuro, sentono di poter dare qualcosa di nuovo in un contesto che si sta spegnendo, che non ha più una visione. 
Lo spirito, che si posa su “ogni uomo”, si posa anche sugli adulti e gli anziani, sulle altre generazioni, perché riprendano a sognare, a pensare la vita, la Chiesa e l’essere cristiani dando spazio al desiderio, a immaginare un mondo nuovo credendolo possibile. 
Viviamo tutti, noi e loro, in un mondo in cui dobbiamo reinventarci; la nostra tendenza di adulti è quella di reinventarci come già siamo stati; ma per stare dentro questo tempo e i tempi nuovi, che si annunciano nei cambiamenti che sono sotto i nostri occhi, abbiamo bisogno, insieme, di cambiare punto di vista, di metterci insieme a cercare un modo di essere umani in cui la dignità della persona e il suo valore diventino il criterio per una nuova comprensione dell’essere uomini e donne. 

Abbiamo bisogno dei giovani per reimparare a sognare. I giovani hanno tanto da insegnare a genitori e docenti, sacerdoti ed educatori. Ci provocano con la loro domanda di autenticità, di pace, di giustizia. 
È una ricerca inquieta la loro; non è pura come non sono puri i nostri attaccamenti al passato. Non tutto è puro nella loro domanda di novità, così come non tutto è puro negli stili di vita di chi li ha preceduti. L’incontro tra queste due sensibilità può essere conflittuale, talvolta doloroso, ma se è sostenuto da una reciproca stima può essere fecondo, generatore di nuovi stili di vita in cui tradizione e novità, esperienza e voglia di sperimentarsi possono dare vita a culture vitali e a sapienze nuove. 
Il Giubileo è il tempo in cui, biblicamente, tutto può ricominciare. Insieme, non una generazione contro l’altra o ignorando l’altra. Il Giubileo dei giovani ci dice che, se saremo disposti a ricominciare lasciandoci provocare da loro, il Giubileo non sarà passato inutilmente.


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