domenica 17 luglio 2011 Anno A Sap 12,13.16-19; Sal 85; Rm 8,26-27; Mt 13,24-43 La mitezza di Dio nel suo agire con gli uomini (I lettura), mitezza narrata dal padrone del campo nella parabola della zizzania (vangelo), costituisce un elemento unificante prima lettura e vangelo. Costitutiva dell’agire di Dio, la mitezza è essenziale anche agli uomini e all’agire ecclesiale. Essa non appare tanto come debolezza o impotenza, ma come volontà e capacità di dominare la propria forza, di governarla, di addomesticarla, di orientarla. La mitezza di Dio appare come pazienza , attesa dei tempi dell’uomo, fiducia accordata all’uomo: “Tu concedi dopo i peccati la possibilità della conversione” (Sap 12,19). La mitezza appare ancora come non esclusione, non estirpazione, capacità di non dare giudizi ultimativi e senza scampo, ma come capacità di convivere con il negativo (parabola della zizzania). La mitezza, come capacità di mettere limiti alla propria forza, appare metodo di convive