Vito Mancuso “Posso dubitare di tutto ma non della bellezza”
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |

Durante la nostra esistenza siamo alla ricerca di un messaggio che dia direzione e valore. Nella natura, nel mondo e nella vita sembra esserci qualcosa capace di darci delle risposte.
Dal cosmo, dall’evoluzione della vita sulla terra, dalla storia, dalla quotidianità, emerge un messaggio per dare direzione e valore all’esistenza?
Vi sono quattro possibili risposte:
1) sì ed è rivelato: così sostengono le religioni;
2) no, nessun messaggio: così l’ateismo nichilistico;
3) sì, ma non lo sapremo mai: così l’agnosticismo;
4) sì, ma occorre scoprirlo con la propria interpretazione: è la posizione definibile “fede filosofica” per differenziarla dalla fede rivelata, ed è la mia.
Il messaggio che io giungo a cogliere nel dispiegarsi del mondo è la bellezza: della natura, del mondo, della vita. Penso sia qualcosa di universale: c’è qualcuno insensibile alla bellezza? Se dicessi Dio, anima, libertà, giustizia, bene, verità si potrebbe dubitare.
Persino dell’esistenza dell’amore si dubita; non però, credo, della bellezza.
La bellezza nel mondo e del mondo è un dato di fatto. Essa, dice Platone, è l’unica “idea visibile”, la luce che l’essere talora manifesta, l’indispensabile aiuto per la coscienza smarrita. Nella selva oscura in cui camminiamo la bellezza costituisce il sentiero …
La bellezza non è definibile perché la sua azione peculiare è esattamente contraria al definire: è “infinire”, aprire all’infinito. Quando siamo al suo cospetto, ci sentiamo attratti e siamo spinti a uscire fuori di noi e per questo, se dobbiamo dire che cos’è, ci mancano le parole. Le più intense esperienze di bellezza sono sempre apofatiche, cariche di silenzio. L’esperienza estetica è sempre anche un’esperienza estatica.
Ciononostante della bellezza noi parliamo, lo facciamo fin da bambini dicendo “che bello!” oppure “che brutto!”, e per questo vi sono una serie di termini che tentano di circoscriverla: armonia, arte, cosmo-cosmesi, eleganza, estetica, fascino, forma, gloria, grazia, gusto, meraviglia, proporzione, splendore, stile, sublime.
Perché ci attrae la bellezza? Perché ci fermiamo a raccogliere sassolini e conchiglie, foglie e fiori? Perché un volto umano ci può persino ipnotizzare? La fisica ci insegna che ogni oggetto materiale è il risultato di un’aggregazione di elementi: di molecole costituite da atomi, e di atomi costituiti da particelle subatomiche. Considerando tali particelle alla base dei fondamenti dell’essere, non si ha più a che fare con la solidità della materia ma con la vibrazione dell’energia, così che l’essere appare come una grande onda che vibra e che vibrando produce aggregazioni sempre più complesse, e ogni cosa si rivela come un pacchetto, o meglio come un accordo, di onde.
Se quindi tutto è il risultato di una vibrazione, ne consegue che l’esperienza estetica può essere descritta come l’entrare in sintonia della vibrazione costitutiva dell’oggetto con la vibrazione costitutiva di noi in quanto soggetto. La vibrazione dell’oggetto si lega alla nostra vibrazione, e tale risonanza è esattamente l’esperienza estetica.
“La bellezza salverà il mondo”, scrisse Dostoevskij tramite il celebre protagonista dell’Idiota, il principe Miškin, e io penso che mai come ora la coscienza avverta la necessità di qualcosa che salvi la nostra vita. Ma per sostenere il valore salvifico della bellezza, occorre essere consapevoli dell’ambiguità che la circonda. Occorre quindi chiarire da che cosa salva la bellezza.
Io penso che la bellezza ci salvi da tre minacce che incombono sulla nostra esistenza, delle quali due sono strutturali alla condizione umana, mentre una è legata alla particolare congiuntura storica:
- La prima è l’aggressività, la rabbia, la violenza, la sete di dominio mediante la logica del branco; in una parola sola la cattiveria.
- La seconda è la depressione, l’assenza di significato, il collasso interiore, il nulla nichilistico; in una parola sola la paura.
- La terza è la tecnocrazia incombente che può derivare dall’immenso potere della tecnologia; in una parola sola l’estinzione della libertà.
Dalla seconda minaccia che è la paura di vivere la bellezza salva perché l’incontro con essa riempie la vita di meraviglia e quindi sconfigge il non-senso e il nichilismo che deprimono l’istinto vitale. Fare esperienza di bellezza significa ricevere una specie di rivelazione che, a partire dalla bellezza di quaggiù, ci parla di un’altra più vera Bellezza che, come dice Platone, ci “mette le ali”: così la vita acquista slancio, direzione, significato, sapore. La bellezza è quindi una rivelazione: è l’annuncio del vero mondo al quale apparteniamo e possiamo ritornare.
Oggi infine la bellezza può essere salvifica rispetto alla tecnocrazia. Il mondo perfetto che la tecnologia ci sta preparando potrà essere più comodo e più efficiente, ma certo non sarà più bello; anzi, è probabile che lo sarà di meno, perché vi mancherà quell’elemento costituivo della bellezza naturale che è l’irregolarità, l’unicità, la singolarità irripetibile.
Come insegna la natura, la vera bellezza esiste solo dove si dà imperfezione e disordine, ovviamente in concordanza con la legge opposta della perfezione e dell’ordine. Come per ogni altro fenomeno, anche per la bellezza vale infatti la formula: Caos + Logos. Senza caos nulla è vero ed è bello, così come non lo è senza logos.
Perché le città costruite artificialmente di punto in bianco per volontà governativa, per quanto progettate dai migliori architetti, quanto a bellezza non valgono una sola piazza di Roma o un solo canale di Venezia? Perché la vera bellezza è sempre “fatta a mano”, e il fare a mano richiede tempo e lascia spazio all’irrompere del caos. La macchina con la sua velocità può imitare la bellezza, ma con le sue molte riproduzioni tutte perfette alla fine la serializza, e quindi la consuma, l’estenua, l’esaurisce. Annotava Marco Aurelio molti secoli fa: “Mentre il pane si cuoce alcune sue parti si screpolano e queste venature che vengono così a prodursi, e che in un certo senso contrastano con il risultato che si prefigge la panificazione, hanno una loro eleganza e un modo particolare di stimolare l’appetito. Ancora: i fichi pienamente maturi si presentano aperti. E nelle olive che dopo la maturazione sono ancora sulla pianta è proprio quell’essere vicine a marcire che aggiunge al frutto una particolare bellezza”. Queste parole dell’imperatore-filosofo ci consegnano la forma della vera bellezza, che non è mai solo il risultato della logica ma vive dell’intreccio di logos e caos. Il che è esattamente la legge della vita.
Vedete, io, a essere sincero, non so se la bellezza salverà il mondo. Sono però sicuro che può salvare quel piccolo pezzo di mondo che è ognuno di noi. Nutrendosi di bellezza, il nostro io a poco a poco si libera dalle sue ristrettezze e dalla sua volontà appropriativa, nonché dalle sue paure e dalle sue ansie. Per questo Platone fa dichiarare alla misteriosa straniera di Mantinea: “È questo il momento nella vita che più di ogni altro è degno di essere vissuto da un essere umano: quando contempla il bello in sé”.
Vito Mancuso, La Stampa 24 Agosto 2025