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Visualizzazione dei post da luglio, 2022
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Carlo Rovelli “Il conflitto e l’ipocrisia: serve un nuovo soggetto politico, l’umanità”

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Il conflitto e l’ipocrisia: serve un nuovo soggetto politico, l’umanità di Carlo Rovelli Corriere della Sera 30 luglio 2022 Raramente mi sono sentito così lontano dalla retorica dei giornali. Forse dall’adolescenza, e forse per lo stesso motivo: quando la gioventù si ribellava d’istinto — prima ancora che a ingiustizia sociale, autoritarismo o vietnamiti massacrati dal napalm — al dilagare dell’ipocrisia. L’Occidente si è lanciato a cantarsi come detentore dei valori, baluardo della libertà, protettore dei deboli, garante della legalità, speranza per la pace. Il peana su quanto siamo buoni e giusti mentre gli «autocratici» sono infingardi è un coro all’unisono. La ferocia russa e cinese è ostentata, ripetuta, declamata. Mi unirei al coro se fosse sincero. Se condannando un attacco a un Paese sovrano, aggiungessimo che ci impegnamo a non fare più nulla di simile. Non fare quanto l’Occidente ha fatto in Afghanistan, Iraq, Libia, Serbia, Yemen, Grenada, Panama… Con la partecipazione dell

Massimo Recalcati "L'Ucraina e la violenza se l'Occidente cede alla sua assuefazione"

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Massimo Recalcati   L'Ucraina e la violenza se l'Occidente cede alla sua assuefazione   La Stampa, 31 luglio 2022  Un amico oncologo mi raccontava il suo stupore nel non sentirsi più di tanto coinvolto nei drammi dei suoi pazienti di fronte alla malattia. «Il tempo - mi spiegava - è come se avesse disattivato le mie emozioni». Accade anche con ogni esperienza di lutto: il fattore tempo è determinante per spegnere il bruciore inizialmente insopportabile della perdita. «Impossibile continuare senza, ma impossibile non continuare senza», scriveva Beckett. Ma quello che avviene nelle pieghe più intime della nostra vita privata si ripete anche nella dimensione pubblica della nostra vita collettiva. Un esempio fra tutti è quello della guerra in Ucraina. Le maratone televisive e i servizi giornalistici febbrili dei primi tempi hanno lasciato il posto ad una informazione tristemente routinaria. Della guerra in sé si tende a non parlare più, a non dedicarvi più la nostra attenzione se

Luigi Maria Epicoco "Il corpo di Pietro"

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Ciò che Gesù ha inaugurato con la sua vita è la necessità del corpo accanto alla parola. Per ogni cristiano Gesù è il Verbo che si è fatto carne. Ciò sta a significare che la fede cristiana conosce bene la differenza che esiste tra il dire delle cose e riempirle invece della propria presenza fisica. L’evento pasquale, ad esempio, non è solo una semplice notizia, ma il susseguirsi di una sconvolgente esperienza con il corpo stesso del Risorto ( Lc  24, 39). Se la resurrezione non fosse un fatto ma solo un punto di vista sulla vita, tutto il cristianesimo crollerebbe. Invece tutto il credo cristiano potremmo dire che è costruito sul corpo di una  Parola/Presenza . Persino un bambino conosce bene la differenza tra la semplice parola e il corpo. Egli non si accontenta di sentirsi rivolgere parole d’affetto dalla propria madre, ha bisogno invece di toccarla, di sentire il proprio corpo stringersi nel suo abbraccio. Ecco perché un Papa viaggia e non si limita semplicemente ad annunciare dell

Enzo Bianchi, Fabio Rosini "Commenti Vangelo 31 luglio 2022"

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Commento al Vangelo della domenica e delle feste  di Enzo Bianchi fondatore di Bose Una vita non è salvata dai beni accumulati 31 Luglio 2022 XVIII Domenica del Tempo ordinario ,  anno C Lc 12,13-21 ¹³ In quel tempo uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità».  ¹⁴ Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».  ¹⁵ E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».  ¹⁶ Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante.  ¹⁷ Egli ragionava tra sé: «Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti?  ¹⁸ Farò così - disse -: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni.  ¹⁹ Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèr

Commenti Vangelo 31 luglio 2022 XVIII Domenica del Tempo ordinario

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Commenti Vangelo, omelie, lectio divine  domenica 31 luglio 2022  XVIII Domenica del Tempo ordinario rito romano e rito ambrosiano Abbazia di Pulsano Alberto Simoni Alessandro Dehò Antonio Savone Associazione Il Filo Augusto Fontana Clarisse Sant'Agata Ermes Ronchi Ernesto Balducci Ernesto Della Corte Fernando Armellini Gaetano Piccolo Giulio Michelini Laura Paladino L'Osservatore Romano (Giuditta Bonsangue) Luca Pedroli Luciano Manicardi Luigi Verdi Matías Augé Meditare la Parola Monastero Dumenza Monastero Fonte Avellana Paolo Curtaz Paolo Scquizzato Suore di San Giuseppe di Chambéry Italia Rito ambrosiano: Angelo Casati Rito ambrosiano: Giulio Michelini Rito ambrosiano: Paolo Alliata Rito ambrosiano: Qumran Rito ambrosiano: Walter Magni

Derio Olivero "Chi sono questi, vestiti così strani?”

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Oggi sono stato a Torino per l’ordinazione del nuovo arcivescovo. Ho parcheggiato vicino ad alcuni vescovi del Piemonte e con loro mi sono avviato verso il sagrato della cattedrale. Per la solenne occasione eravamo vestiti con la talare filettata e la fascia. Nel cammino passiamo vicino ad una panchina dove stavano seduti alcuni giovani. Uno, con voce sorpresa, dice agli altri: “Chi sono questi, vestiti così strani?”. Non era una frase di scherno o di critica. Nessuno ha riso né ha fatto commenti volgari. Era davvero una domanda. Quei giovani non sanno più riconoscere l’abito di un vescovo. Per loro eravamo marziani o, peggio, costumanti vestiti con abiti d’altri tempi. Extraterrestri o animali preistorici. Oggetti estranei, non identificati. Quella domanda mi è rimasta in cuore. Durante la Celebrazione di tanto in tanto guardavo la piazza, i palazzi, la zona di Porta Palazzo. Da poco avevo attraversato proprio il mercato di Porta Palazzo, piena di gente di mille etnie diverse. Ora gua

Severino Dianich "Per le chiese è tempo di rivoluzione domestica"

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Per le chiese è tempo di rivoluzione domestica Avvenire Severino Dianich La parola "duomo" deriva da  domus , casa. E "cattedra" da  cathedra , vocabolo greco passato al latino che (lo sanno bene i dialetti del nord, che lo conservano in " cadrega ") voleva dire semplicemente "sedia". Alle origini degli spazi della Chiesa c’è una dimensione domestica. È la casa il luogo della riunione dei cristiani, al punto che è l’assemblea, l’ ecclesia , a dare il proprio nome allo spazio del culto, e non viceversa. La crescita della comunità, prima ancora dell’amplificarsi dell’apparato rituale, ha fatto nascere il desiderio di spazi per la liturgia più grandi e maestosi, sul modello (di nuovo, secolare e civile) della basilica. Ma la casa come abitazione della comunità e luogo di accoglienza può tornare a essere un "modello" per l’architettura religiosa? E in quali termini? Ne parla il teologo don Severino Dianich in un lungo contributo pubblicato

Alessandro D’Avenia "Fare a pezzi le donne"

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Alessandro D’Avenia Corriere della Sera 6 dicembre 2021 Il corpo è trasparente e opaco, ri-vela (svela e vela) il mistero della persona. In questo sta il suo eros e per questo il punto più erotico del corpo umano è il volto: è soprattutto lì che il segreto viene raccontato o celato. Nel volto si offre la vita come unione inscindibile di spirito e carne, in forma di sguardo, parola, sorriso, lacrime, silenzio, respiro… tanto che un poeta descrive così il rapporto con l’amata: «Fra la tua verità più profonda/ e me/ metti sempre i tuoi baci./ La indovino, ormai vicina,/ la desidero, non la raggiungo;/ quando le sono accanto/ mi chiudi il cammino tu,/ ti offri a me nelle labbra./ E non vado più oltre./ Trionfi./ Dimentico, baciando,/ il tuo segreto» (P.Salinas, La voce a te dovuta). Questo bacio è erotico proprio perché dona e sottrae nel contempo: c’è eros dove il corpo non esaurisce mai la persona. Quando è così non ci si stanca dell’altro anche quando se ne conosce ogni centimetro

Enzo Bianchi "Vacanze”

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Enzo Bianchi 1. Vacanze: elogio del «far niente»   C’è nelle vacanze una dimensione che purtroppo è negata e contraddetta, nonostante le intenzioni dichiarate da chi parte, prende le distanze dal quotidiano e dunque va in vacanza, intraprende il viaggio per vacare. In realtà  vacare  non è così facile, non è automatico, soprattutto se si pensa che contiene soprattutto in sé l’idea del « far niente ».   Che cosa significa «far niente»? Significa  darsi del tempo per non fare quello che fanno gli altri : fare il bagno, fare una passeggiata… «Far niente» significa sentire che si esiste, sentire che si è vivi e dunque godere di essere al mondo, assaporare l’istante. Durante tutto l’anno si agisce, si fa, ma si può anche «far niente», cosa più facile da dirsi che da vivere. Ci sono uomini e donne che non riescono mai a «far niente», perché agire li nutre; non hanno mai tempo per «far niente», perché hanno sempre da fare, e così a poco a poco diventano incapaci di fermarsi dal fare.   Sì, ci



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