Gianfranco Ravasi «Gli extraterrestri e Cristo»
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La fantascienza è iniziata già nella classicità greca nel II sec. d.C. con Plutarco e Luciano di Samosata, ha celebrato i suoi trionfi coi famosi Viaggi di Gulliver di Jonathan Swift, con Jules Verne e, più vicino a noi, con Asimov, Bradbury, Amis e così via, per non parlare degli avvistamenti degli Ufo o degli ET e persino di una setta, i Raeliani, che trovano già nella Bibbia la menzione degli extraterrestri. Andiamo oltre le fantasie dei dischi volanti e i confusi e stravaganti esoterismi spirituali per introdurre una curiosità che talora è emersa anche in certi interrogativi che mi sono stati rivolti.
Si tratta sostanzialmente di un’ipotesi di studio, che ha avuto anche qualche saggio di ricerca teologica, e che veniva formulata così: se esistessero in un remoto pianeta esseri umani creati da Dio, come si porrebbe la figura di Cristo davanti a loro, avrebbero anch’essi bisogno di una rivelazione e di una salvezza? Ribadiamo quanto abbiamo avuto occasione di sottolineare a più riprese e, in particolare, la scorsa settimana quando abbiamo sviluppato il tema del rapporto tra l’evoluzione e la fede.
I testi sacri – con buona pace di alcuni pittoreschi movimenti pseudoreligiosi e pseudoscientifici – non offrono adito alla soluzione di questioni più o meno “scientifiche”, come quella dell’ipotetica esistenza di altri esseri viventi negli spazi siderali. La Bibbia si interessa dell’umanità terrestre, della sua identità esistenziale, spirituale e morale e del suo destino ultimo. Ciò non toglie che ci si possa liberamente e ipoteticamente interrogare sull’esistenza di altre «umanità», basandoci sulla verità teologica fondamentale del Dio creatore di tutto l’essere, verità sostanzialmente condivisa da tutte le religioni.
In questo caso rimarrebbero da approfondire due questioni principali. Da un lato, quella antropologica, ipotizzando analoghi o differenti tipologie umane. Tuttavia, trattandosi sempre di creature permarrebbero in pratica gli stessi elementi strutturali che appartengono all’essere umano terrestre, ossia il limite, la finitudine, la mortalità e la libertà con le sue implicazioni morali. D’altro lato, per il cristianesimo, sarebbe sul tappeto anche la questione della figura di Cristo.
Ora, se stiamo al messaggio di riferimento capitale, quello neotestamentario, una risposta previa sarebbe già offerta a livello generale: a più riprese si ribadisce che la funzione di Cristo non è solo protesa alla redenzione della nostra umanità, ma che essa ha anche una dimensione salvifica cosmica. Così, ad esempio, nel celebre inno di apertura alla Lettera agli Efesini, san Paolo parla del disegno divino di «ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo, come quelle della terra» (1,10), mentre ai Colossesi, in un altro inno, l’apostolo ribadisce che «per mezzo di Cristo sono state create tutte le cose, celesti e terrestri, visibili e invisibili…; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui» (1,16).
Si tratterebbe, comunque, di una deduzione e di una pura ipotesi, non avendo noi dati certi sull’esistenza di un’umanità extraterrestre, analoga alla nostra. Al di là di queste speculazioni, è importante essere attenti a quel mirabile microcosmo che è la creatura umana reale, con la quale condividiamo il volto, la storia, le sofferenze e le speranze. È, questo, il cuore dell’autentico messaggio cristiano che ha nell’Incarnazione del Figlio di Dio il suo cardine.