Enzo Bianchi "Dopo il sinodo, più coraggio nella Chiesa"
È terminato ieri il Sinodo dei vescovi voluto da Papa Francesco sul tema della sinodalità. È stato un Sinodo molto diverso dai precedenti, con sostanziali innovazioni: in un lungo processo durato più anni è stato praticato l’ascolto dei fedeli, delle chiese locali invitate a esprimere i loro desideri per una riforma della chiesa con parresìa ed estesa libertà.
Anche ai non cattolici è stato chiesto di esprimersi, sebbene in realtà questo ascolto non sia avvenuto, come non è avvenuto quello dei tradizionalisti e in parte quello dei giovani. Resta vero che durante lo svolgimento dei lavori appariva una diversità e una distanza tra le attese: il Papa e coloro che erano deputati alla guida del Sinodo dichiaravano che il fine dei lavori era l’affermazione della sinodalità della chiesa, mentre il popolo di Dio si attendeva risposte ad alcune richieste formulate riguardanti la valorizzazione della donna nella chiesa e una visione morale della sessualità che riconosca la nuova antropologia dominante.Alcuni teologi hanno osservato come il Sinodo rischiasse di essere deludente, “un aborto”, con un esito che non era sopportabile soprattutto per le donne che sarebbero state tentate di lasciare la chiesa, specie nei paesi del Nord Europa, dove le richieste delle teologhe e delle femministe sono attestate da decenni.
Ora è uscito il documento finale approvato dalla stragrande maggioranza dei membri del Sinodo: è un testo dedicato alla sinodalità che tiene conto delle fonti e interpreta i segni dei tempi perché si possa viverla oggi.
Questo documento è un grande recupero del messaggio del Concilio Vaticano II sulla comunione nella chiesa e di questo fatto possiamo veramente rallegrarci. Se questo testo verrà recepito nelle chiese locali, nelle comunità cattoliche, potremo vedere una conversione che renderà la chiesa più evangelica e più capace di essere luogo di accoglienza e di libertà.
Ma va detto con umiltà che l’andamento di questo Sinodo ci ha mostrato come il popolo di Dio oggi non sia ancora pronto ad accogliere novità riguardo alla donna nel ministero, riguardo alla morale sessuale e riguardo alla possibilità di presbiteri che vivono il matrimonio. E sono sicuro di poter dire che in queste materie il pastore è più profeta del gregge che con fatica gli sta dietro. È vero: queste vie di apertura non sono state dichiarate chiuse, ma io gradirei vedere più coraggio.
Soprattutto vorrei che non si proponessero cambiamenti apparenti e non autentici, che ancora una volta finiscano per collocare la donna in una condizione di minorità, esaltandola solo in apparenza. Vorrei che non si continuasse a dire parole contraddittorie per quanti soffrono la loro emarginazione dalla chiesa a causa del rapporto con la sessualità fuori dal matrimonio.
Papa Francesco assicuri questa libertà di ricerca e ci basta.