Lidia Maggi "Essere discepoli e discepole di Gesù"
Giunsero a Betsaida; fu condotto a Gesù un cieco, e lo pregarono che lo toccasse. 23 Egli, preso il cieco per la mano, lo condusse fuori dal villaggio; gli sputò sugli occhi, pose le mani su di lui, e gli domandò: «Vedi qualche cosa?» 24 Egli aprì gli occhi e disse: «Scorgo gli uomini, perché li vedo come alberi che camminano». 25 Poi Gesù gli mise di nuovo le mani sugli occhi; ed egli guardò e fu guarito e vedeva ogni cosa chiaramente. 26 Gesù lo rimandò a casa sua e gli disse: «Non entrare neppure nel villaggio». 27 Poi Gesù se ne andò, con i suoi discepoli, verso i villaggi di Cesarea di Filippo; strada facendo, domandò ai suoi discepoli: «Chi dice la gente che io sia?» 28 Essi risposero: «Alcuni, Giovanni il battista; altri, Elia, e altri, uno dei profeti». 29 Egli domandò loro: «E voi, chi dite che io sia?» E Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». 30 Ed egli ordinò loro di non parlare di lui a nessuno. 31 Poi cominciò a insegnare loro che era necessario che il Figlio dell’uomo soffrisse molte cose, fosse respinto dagli anziani, dai capi dei sacerdoti, dagli scribi, e fosse ucciso e dopo tre giorni risuscitasse. 32 Diceva queste cose apertamente. Pietro lo prese da parte e cominciò a rimproverarlo. 33 Ma Gesù si voltò e, guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro dicendo: «Vattene via da me, Satana! Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini». (Marco 8,22-33)
Nel racconto di Marco, Gesù è l’uomo che cammina. Dei suoi spostamenti ci vengono fornite alcune indicazioni geografiche. Ma il navigatore di Marco non è impostato sul percorso più breve o meno costoso, perché mostra una geografia dell’anima, le tracce di come Dio opera nel traffico delle nostre storie.
Gesù per Marco è sempre in movimento, in un certo senso inafferrabile. Solo l’itinerario del suo viaggio sembra chiaro nel progetto: Gesù si muove dalla Galilea verso Gerico, per poi salire a Gerusalemme. Dal nord al sud. Una scena di discesa e poi di salita.
Discesa verso Gerico, città tra le più antiche della storia, dalle tante stratificazioni materiali e simboliche. Una città collocata a 250 metri sotto il livello del mare. Si scende nel profondo e si affrontano le depressioni! Proprio come gli abissi del cuore umano.
Ma prima di giungere lì, troviamo Gesù che guarisce un cieco a Betsaida, a nord di Israele.
Strano miracolo dalla chiara forza simbolica. Una guarigione operata in due tempi: perché mettere a fuoco la realtà è operazione complessa. Sullo sfondo la domanda decisiva: che cosa vedi, quando guardi? E cosa vedi nella vita di Gesù? Non avere fretta di rispondere, metti bene a fuoco ... chi è per te Gesù? Che dice la gente e che cosa dicono i suoi discepoli? Che cosa dici tu! Insomma, la questione sull’identità di Gesù, confessato da Pietro come il Cristo e immediatamente dopo frainteso, sta al cuore della scena. E, accanto a questa, a specchio, un’altra questione: se Gesù è il Cristo, chi è il discepolo? Che cosa significa mettersi al seguito di questo strano Maestro? Ecco, su questo interrogativo Marco costruisce il cammino di discesa verso Gerico. Uno scendere per svuotarsi di ogni presunzione, ogni certezza. Solo così il viaggio potrà poi continuare in salita; e che salita: verso Gerusalemme, scena della passione di Gesù.
Chi è Gesù e chi è il discepolo? Il vangelo di Marco, non fornisce una definizione. Anche i seguaci di Gesù, in un certo senso, risultano sfuggenti come il loro Rabbi. La narrazione si limita a procedere per via negativa e quello che è subito messo in chiaro è che il discepolo all’altezza di Gesù … non sono i discepoli, sempre inadeguati rispetto al loro Rabbi! I discepoli non rappresentano l’ideale del discepolo.
Affermazione sorprendente: in tutto il racconto di Marco i poveri discepoli sono dipinti come incapaci di comprenderlo, dall’inizio alla fine. Con spietata precisione, Marco ci dice che fino all’ultimo i suoi non hanno capito, non hanno colmato lo scarto che li separava dal Maestro.
Proprio come nella scena solenne che oggi abbiamo letto, scena del riconoscimento di Gesù come il Cristo. Ma anche scena ironica, nella quale l’esattezza della risposta convive con il fraintendimento.
E noi che ascoltiamo questo racconto passiamo dalla sensazione di essere di fronte alla rivelazione ultima sull’identità di Gesù, alla sconcertante constatazione della sua insufficienza. Anche su questo, chi legge il racconto di Marco sa bene che si tratta non di un’eccezione ma della regola.
Pensate che la prima confessione di fede che compare nel vangelo è messa in bocca ad un uomo posseduto da uno spirito immondo: «Io so chi sei: il Santo di Dio!» (Marco 1, 23). L’ironia di Marco è al limite dello sarcasmo. Ma non si tratta di un linguaggio distruttivo. È così che Marco ci mette di fronte al caso serio della fede. Le parole con cui la diciamo sono sempre a rischio di fraintendimento.
Essere discepoli di Gesù non può equivalere al modo con cui lo hanno seguito Pietro e i suoi compagni. Com’è preziosa questa consapevolezza! Come cambia il nostro modo di vivere la fede nel riconoscere che noi non siamo suoi discepoli, che non siamo ancora cristiani. Cambia persino il modo di sentire la chiesa, quando le riconosciamo la stessa inadeguatezza, quando la guardiamo per quello che è: una comunità di discepoli e discepole inadeguati, al seguito di un Gesù non sempre semplice da capire, inafferrabile e che, grazie a Dio, si sottrae alla nostra manipolazione. Che liberazione, scoprire di essere una chiesa svuotata della sua sindrome delle grandi risposte. Eppure che fatica spogliarsi, per provare a vedere la realtà con nuovi occhi, con sguardi risanati. Il cammino di fede, proprio come quello che compie Gesù con i suoi, è un cammino di discesa, ma non in discesa, per niente facile, perché ci chiede di svuotarci delle nostre certezze, di liberarci dalla presunzione di sentirci migliori degli altri, per provare anche noi a seguirlo sulla via. Amen!
preghiera
Sciogli, o Dio, le durezze del mio cuore. Libera la mia mente dalla presunzione che l’acceca. Insegnami l’arte del movimento, il coraggio di andare nei luoghi profondi della vita. Stammi vicino e donami quella forza che non possiedo. Amen.