Vito Mancuso "Niente sconti alla giustizia: la via di una Chiesa credibile"
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Doveva per forza iniziare da lì il difficile lavoro del nuovo Presidente della Conferenza episcopale
italiana e da lì giustamente è iniziato. È lì infatti che ogni altra azione della Chiesa cattolica in Italia
e nel mondo trova oggi il suo criterio di verifica: nel coraggio e nella determinazione con cui viene
affrontata la questione degli abusi sessuali del clero cattolico, in particolare sui minori. Nella sua
prima dichiarazione dopo la nomina papale il cardinale Zuppi ha affermato di sognare una Chiesa
che “sta per strada nella Babele del mondo”, bellissimo proposito la cui condizione essenziale è
data dalla più trasparente operazione di pulizia in casa propria. La cosa si spiega da sé perché “se la
Chiesa non rispetta i diritti umani non può predicare il Vangelo”, come afferma con logica cristallina
la lettera pubblica inviata ai vertici della Chiesa italiana (qualche giorno prima della nomina di
Zuppi) dal “Coordinamento delle associazioni contro gli abusi nella Chiesa cattolica in Italia”, tra cui
in primo luogo il “Comitato Vittime e Famiglie”. Tale coordinamento ha scelto di chiamarsi
all’inglese (ormai sembra inevitabile) #ItalyChurchToo, ovvero “Anche la Chiesa italiana”, laddove la
congiunzione “anche” rimanda all’azione intrapresa ormai da tempo dalle Chiese cattoliche di non
pochi altri paesi, tra cui in primo luogo Francia e Germania, e invece finora assente in Italia. A
questo riguardo Zuppi ha dichiarato: “Sugli abusi abbiamo scelto una strada nuova, una strada
italiana”, volendo così distinguere l’approccio della Cei. Il che significa che a differenza degli altri
paesi in cui la Chiesa cattolica per l’analisi delle denunce si è totalmente affidata a centri di ricerca
indipendenti, la Cei prevede, come dichiara il suo comunicato stampa finale, che l’analisi “verrà
condotta in collaborazione con Istituti di ricerca indipendenti, che garantiranno profili scientifici e
morali di alto livello”. Dire “in collaborazione” è ben altra cosa che affidare totalmente l’analisi
delle denunce a istituti indipendenti: significa mantenere nelle mani della Chiesa la regia delle
operazioni. Il fatto però che vi sia una collaborazione con istituti indipendenti mette al riparo
almeno sulla carta dal fare tutto in casa propria con il rischio quanto mai reale di confondere
giudice e imputato, e di preoccuparsi più dei preti abusatori che dei bambini abusati, come finora
troppo spesso è avvenuto. È chiaro quindi che la bontà di questa “strada italiana” la si dovrà
giudicare vedendola all’opera, verificando anzitutto l’effettiva indipendenza di tali “Istituti” al
momento sconosciuti e poi verificando il grado di coinvolgimento delle persone che fanno capo a
#ItalyChurchToo, perché è evidente che non vi può essere migliore garanzia del loro benestare alla
conduzione delle indagini e ai relativi provvedimenti. Sarà il prossimo futuro insomma a farci capire
se la ricetta della nuova Cei di Zuppi produrrà veramente qualcosa di più saggio e di più efficace dal
punto di vista umano ed ecclesiale rispetto a quanto compiuto Oltralpe o se invece al contrario
tutto si risolverà nell’ennesima soluzione “all’italiana”, come quelle a cui purtroppo siamo abituati
in ambito giudiziario con anni e anni di indagini che spesso finiscono nella “notte in cui tutte le
vacche sono nere” (per riprendere una delle più celebri frasi della storia della filosofia che costò a
Hegel la definitiva rottura dell’amicizia con Schelling).
Una cosa però è del tutto sicura: una Chiesa che voglia raggiungere il cuore di tutti, come scrive
Zuppi, non può che essere per tutti credibile, e per essere credibile non c'è altra via che mettere
ordine, pulizia, giustizia e, se è il caso, rigore al proprio interno. Il nuovo presidente della Cei ha
detto che intende “ascoltare le domande di tutti, ascoltare davvero e farsi ferire dalle domande”. È
una bellissima espressione: farsi “ferire” dalle domande. Ma in che modo ci si fa ferire dalla
domanda di un genitore che chiede com’è stato possibile che il suo bambino o la sua bambina sia
stato violentato nel modo più turpe e vigliacco da colui al quale l’aveva affidato con fiducia e
speranza credendo al suo abito e alla sua missione? Quelle ferite la Chiesa italiana le deve
veramente assumere su di sé, impegnandosi senza sconti per la giustizia, come ha stabilito nel
2019 papa Francesco con il motu proprio Vos estis lux mundi che sancisce l’obbligo morale e
giuridico di segnalare gli abusi ai danni di minori e di persone vulnerabili.
Ma c’è un’altra cosa da mettere in luce: quanti sono i preti che si macchiano di questi delitti
tradendo nel modo più vergognoso la loro missione? I dati oscillano tra l’1,5 e il 5 percento del
totale, ma qualunque sia la loro effettiva entità si tratta in ogni caso di una minoranza (che peraltro
commetterebbe all’incirca l’1 percento del totale dei reati di pedofilia in Italia). Il punto però è che
questa minoranza discredita ampiamente il lavoro e la missione di tanti onesti sacerdoti, alcuni dei
quali sono da considerarsi più che onesti, direi eroici, per non dire santi, come io ho la fortuna e
l'onore di conoscere, e di gioire della loro amicizia. Ed è anche per salvaguardare l’onore di questi
preti che l’azione della Cei deve essere severa e senza sconti verso i colpevoli.
Penso insomma che il fronte sia triplice: 1) giudiziario: consistente nel consegnare alla giustizia i
colpevoli; 2) terapeutico e riparativo: consistente nel rendere giustizia alle vittime aiutandole il più
possibile a riparare le profonde ferite psichiche e spirituali; 3) pedagogico: consistente
nell'impostare una formazione e uno stato di vita dei sacerdoti che li metta il più possibile al riparo
dal cadere in questi abissi.
Gli abusi sessuali del clero sono sul punto di costituire la fine della Chiesa cattolica, la caduta libera
della sua credibilità di madre e maestra, educatrice per secoli delle giovani generazioni. Perché la
Chiesa si salvi e sopravviva a questo gigantesco tzunami di livello mondiale occorre che inizi a
considerare se stessa meno importante delle vittime e meno importante della giustizia. Che inizi a
considerarsi meno importante in generale, una struttura di servizio e non di potere, finalizzata non
al proprio bene ma a un bene più grande che è il bene del mondo. Gli abusi sessuali del clero su
bambini innocenti sono il pericolo mortale che la Chiesa sta affrontando, ma, come scriveva il
poeta del romanticismo tedesco Friedrich Hölderlin, “là dove c'è il pericolo, cresce anche ciò che
salva”. E il cardinal Zuppi, per molti ancora don Matteo, ha le carte in regola per far capire agli altri
vescovi e a tutti i preti che cosa è veramente importante.