Massimo Recalcati "Se l’ideologia trasforma la verità dei fatti"
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24 Ottobre 2025
L’esercizio della democrazia esige il cammino lungo e tortuoso della ricerca della verità. È questo uno dei compiti più urgenti del nostro tempo: distinguere tra chi parla in nome della verità e chi la cerca, tra chi la trasforma in arma e chi la onora come un’esperienza aperta.
La verità dei fatti viene spesso impugnata nel dibattito pubblico contro la fallacia soggettiva delle interpretazioni. In realtà, nel nostro tempo che si vorrebbe del tutto disincantato, la verità dei fatti è sempre più subordinata alla verità dell’ideologia. È un vizio perverso alla base di ogni discorso ideologico: la verità dei fatti è davvero tale solo se conferma la verità dogmatica dell’ideologia. È ciò che rende impossibile il dialogo, il contraddittorio, la divergenza plurale delle idee.
Il pieno
possesso della verità vera consente non tanto di contrastare le opinioni dell’avversario politico, ma
di condannarne l’immoralità, la mancanza di senso etico, l’impostura di fondo. È un tratto
paradossale del nostro tempo. Per un verso esso ha, infatti, rinunciato alle grandi narrazioni unitarie
del mondo, ma per un altro verso il carattere assoluto della verità tende costantemente a risorgere
nelle vesti di una ideologia ridotta a difesa strenua dei propri valori e interessi di parte.
È un
sintomo specifico dell’immaturità democratica di un collettivo: il dibattito pubblico non è un
dibattito tra idee differenti perché il suo presupposto è quello di fare valere una verità vera contro
l’avversario accusato di manipolare i fatti nel nome della sua falsa verità. Il lessico civile
contemporaneo anziché laicizzarsi tende così a costituire nuovi miti di massa, schieramenti
manichei, militanze fanatiche, contrapposizioni fideistiche.
Nel nome della verità vera, politici, giornalisti, influencer, militanti delle cause più diverse accusano
i propri antagonisti di manipolare colpevolmente la verità dei fatti. Come se questa verità — la
verità dei fatti — fosse la verità ultima, quando invece ogni ideologia si contraddistingue proprio
per la manipolazione (conscia o inconscia) di quella supposta verità. Ma l’ideologia non è
semplicemente la menzogna di chi manipola a proprio uso i fatti, è una forma di fede secolare che
legge i fatti distorcendoli proprio nel nome della verità. In gioco non è, come dovrebbe essere
laicamente, la ricerca sempre incerta della verità in quanto ogni ideologia implica la convinzione di
detenerne la proprietà esclusiva. È questa la sua dimensione fanatica.
Anziché ricercare la verità il
pensiero ideologico punta ogni volta a conformare i fatti alla propria verità. Per questo esso non
tollera l’imprevisto, l’anomalia, l’eccezione, la divergenza, l’articolazione complessa. Laddove
l’impatto con il reale può interrogare, disturbare, scompaginare le sue certezze, esso lo cancella o lo
nega. Come in ogni delirio paranoico la verità vera dell’ideologia è sempre dogmatica perché non
può accettare smentite.
Per questa ragione il trionfo dell’ideologia coincide con la morte della democrazia: nessun
contraddittorio, nessuna lettura divergente, nessuna voce dissonante è possibile. La pluralità dei
punti di vista viene smantellata nel nome di una verità che pretende di essere assoluta.
È il carattere
intollerante e violento di ogni ideologia: l’avversario politico è invitato a tacere nel rispetto di una
verità che si impone fuori discussione. Ma quale verità — se non una verità religiosa e dogmatica
— può pretendere dal proprio interlocutore critico il silenzio?
L’ideologia è il trionfo del
pregiudizio: il giudizio anticipa e condiziona l’ascolto. Non a caso nel campo ideologico conta più
chi parla di quello che dice. Per questa ragione lo studio e la lettura vengono sostituiti dall’insulto e
dalla prevaricazione sommaria.
Nei Paesi totalitari la custodia della verità vera viene garantita
dall’esercizio sistematico della censura che decide che solo quella verità può essere dichiarata
liberamente senza, ovviamente, alcun contraddittorio. Per questo è anche rarissimo sentire un
politico fare autocritica, modificare la propria visione delle cose, fare un passo indietro rispetto a
una sua convinzione, riconoscere una sconfitta o un errore di valutazione.
Diversamente la verità
minuscola di cui è fatta ogni democrazia imporrebbe il lutto della verità vera (della Verità
maiuscola) che ogni ideologia pretende invece di possedere. Freud affermava che ogni
interpretazione è sempre incompiuta poiché «la verità non coincide mai con la totalità». Nemmeno
nella nostra vita psichica più intima: siamo un coacervo di contraddizioni, un parlamento rissoso
dove si confrontano istanze alternative e disidentiche. La verità dei fatti, se non viene letta attraverso lo schermo dell’ideologia, non può che essere sempre parziale.
L’ideologia, al contrario,
impugna quella verità — la verità dei fatti — per suffragare il suo pieno possesso della verità. È
quello che in politica prende anche il nome di propaganda. Nel nome della verità si può produrre
sistematicamente la menzogna.
Siamo qui alla radice ultima di ogni forma di fanatismo che non si
limita a sottomettere la verità dei fatti all’ideologia ma la invoca costantemente per affermare senza
dubbio alcuno la propria verità assoluta. È il carattere rassicurante e protettivo di ogni ideologia: il
mondo è già tutto spiegato; i buoni da una parte e i cattivi dall’altra.
La democrazia, al contrario, vive costantemente nel conflitto delle interpretazioni, nel
riconoscimento della pluralità che esclude per principio il monopolio della verità. Mentre i cattivi
maestri invitano al silenzio i loro avversari nel nome della Verità con la maiuscola, l’esercizio della
democrazia esige il cammino lungo e tortuoso della ricerca della verità. È la logica plurale del Due
che si contrappone a quella monoteista dell’Uno.
Significa recuperare la dimensione contraddittoria dell’esperienza contro l’astrazione dei dogmi.
Significa riconoscere che la verità non è qualcosa che si possiede, ma qualcosa che accade — e che
ogni volta ci sorprende — spostando le nostre certezze. È questo uno dei compiti più urgenti del
nostro tempo: distinguere tra chi parla in nome della Verità e chi la cerca, tra chi trasforma la verità
in arma ideologica e chi la onora come un’esperienza sempre aperta.
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