Enzo Bianchi “Leone XIV e il rilancio della vita monastica”
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ottobre 2025
Leone XIV e il rilancio della vita monastica
di ENZO BIANCHI
per gentile concessione dell'autore
Il Papa non vive più solo: attorno a lui si è radunata una comunità di monaci agostiniani.
È una vera e propria occasione per una riforma della vita del successore di Pietro, una riforma spirituale che non potrà non incidere nello stile di quanti continueranno ad affiancarlo nella curia.
Questa decisione di Leone XIV ha destato molte attese nella vita monastica cattolica che da anni invoca attenzione da parte del successore di Pietro. La situazione di fatto è precipitata negli ultimi tre decenni. Se negli anni Novanta addirittura si preconizzava un risveglio, una rinascita della vita monastica cattolica in occidente, quasi improvvisamente è invece intervenuta una crisi: una quantità di abbandoni mai registrata e un’inattesa diminuzione del numero di vocazioni. Molti monasteri, a cominciare da quelli trappisti, resero noto che la loro vita era diventata precaria, si cominciò a programmare fusioni tra comunità, ormai ridotte a un numero insufficiente per rendere possibile la vita monastica cenobitica, e anche a chiudere secolari abbazie che avevano dato una luminosa testimonianza nei secoli.
Ho conosciuto bene molti monasteri per avervi predicato ritiri ed esercizi in Francia, Belgio, Spagna. Alcuni di questi negli anni Settanta avevano più di un centinaio di monaci e ora si ritrovano comunità di venti-trenta persone con una vita spirituale buona, ma con una vita umana povera e a volte misera.
Va detto – e lo testimoniano gli stessi monasteri – che non hanno ricevuto molto aiuto dalle chiese locali, né manifestazioni di interesse da parte degli Ordinari dei luoghi, mentre il Dicastero della vita religiosa ha mostrato spesso una sordità ai problemi emersi e una mancanza di discernimento nell’eventuale intervento. La vita monastica ne è risultata mortificata, non compresa.
Si sono poi moltiplicate le visite canoniche e apostoliche suscitate sovente da divisioni, chiacchiere e vere e proprie calunnie interne.
Purtroppo, invece di portare riconciliazione, pace, si è provveduto a censure e punizioni. Ma va detto che risultavano e risultano fiorenti, vive e radiose alcune comunità maschili e femminili che si vogliono – anche se in modo diverso tra loro – legate alla tradizione. Ho sempre sentito da parte dei monasteri critiche nei loro confronti, accuse di settarismo e molte chiacchiere, ma dentro di me, in base a un’attenta valutazione e grazie alla conoscenza diretta di queste comunità tradizionali, ho sempre giudicato questo atteggiamento dominante solo una reazione dettata dalla mediocrità nei confronti di vite monastiche serie, ascetiche, certamente non mondane. Il monastero di Barroux, al cuore della Provenza, è una splendida comunità di monaci giovani, gioiosi, convinti, liberi, per nulla oppressi da rigidità o ascetismi del passato. E lo stesso si può dire di altre realtà monastiche. Ma la gelosia e l’invidia generate dalla mediocrità creano sospetti che inducono Roma a intervenire. Sono stato al monastero trappista di Sept-Fonts nella regione di Alvernia e vi ho inviato fratelli a soggiornare: ne abbiamo tratto ammirazione nonostante attualmente ci siano siti cattolici specializzati a scovare abusi che si divertono a denunciarli, senza che ci siano prove.
Eppure la chiesa ha bisogno oggi della testimonianza della vita monastica che è Vangelo fatto carne, Vangelo fatto storia. La parabola della comunità deve restare viva nella chiesa e il celibato per il Regno che la permette deve esprimere che questo mondo passa con la sua scena. Una chiesa senza il radicalismo vissuto nel martirio o nella vita monastica non può evangelizzare ed essere memoria futuri, Buona notizia della venuta gloriosa del Signore.
Nei paesi del Nord Europa, soprattutto francofoni, dove la secolarizzazione è avanzata e la chiesa conosce la forma della minoranza e della diaspora, sono monasteri, abbazie, e piccole fraternità monastiche che nel giorno della domenica diventano luoghi di comunione per molti cattolici. Perché se è vero che per molti la loro vita cristiana ignora la chiesa, resta importante e sentita la necessità di condividere con altri credenti la parola di Dio e con loro spezzare il pane eucaristico. Presso queste comunità monastiche molte persone, giovani e anziane che le frequentano, trovano sovente una liturgia ben celebrata, seria, semplice e bella, e ascoltano omelie in cui è annunciata la Buona notizia che è per loro vita e può sostenerli nel quotidiano vissuto nel mondo e nella compagnia degli uomini non più cristiani. Che queste liturgie siano quelle della grande tradizione o siano anche segnate da tentativi di rinnovamento non sono comunque mai improvvisate, mai lasciano posto a un esasperato personalismo celebrativo e conoscono la bellezza del canto e dei segni. Per questo la gente diserta molte messe parrocchiali mentre questi luoghi monastici diventano fonte di vita spirituale. Addirittura ai vespri partecipano cristiani che riescono anche a cantare i salmi, e va riconosciuto che non sono preghiere semplici per gli uomini e le donne di oggi! Non è un caso che chi sosta presso i monasteri incontri proprio in quei luoghi di ricerca, di silenzio, di pensiero, altre persone che non sanno dirsi cristiane, ma neanche negano di poterlo diventare: non si professano atee, stanno sulla soglia, ma sentono che quei luoghi sono per loro accoglienti e favoriscono la loro ricerca. Persone che hanno più passione anti-idolatrica di molti che si dicono credenti! Così i luoghi monastici sono crocevia di mendicanti di luce, di pellegrini che non si stancano di ascoltare la propria coscienza o la voce del loro Dio in una comunione non esprimibile.
Papa Leone, ormai successore di Pietro da più di centoventi giorni, con i suoi frequenti interventi ci istruisce sulla vita interiore umana e cristiana, interventi che sono quanto mai urgenti in questa società distratta e disimpegnata... Non è un profeta come Papa Francesco ma è un sapiente: nella chiesa c’è bisogno sia della profezia che della sapienza. La sapienza, poi, non è immobilismo, non è rifugio nella diplomazia, ma è capacità di discernimento e di giudizio per colui che sta nella storia. Il sapiente sa leggere la storia con gli occhi di Dio tanto quanto il profeta. Non dobbiamo temere fintanto che nel popolo di Dio ci sono “profeti e sapienti” che Gesù il Signore ha promesso di inviare alla sua comunità (cf. Mt 23,34). Piuttosto dobbiamo temere per quelli che si credono i “fedeli” e che in realtà non entrano nel Regno e ne impediscono l’accesso a quelli che vorrebbero entrarvi (cf. Lc 11,52).
Persino un teologo ben inserito nell’istituzione, direttore della Rivista del clero italiano, nell’ultimo editoriale (7-8, 2025) constata che in un mondo non più ostile ma indifferente rispetto alla religione molti cristiani escono dalla chiesa, o senza dichiararlo “vivono un distacco convinti che per restare credenti è meglio rimanere fuori ... Ci sono là fuori moltitudini di cananei, samaritani, pagani e stranieri, e anche molti lebbrosi, che hanno un vivo desiderio di Dio, ma non pensano più alla chiesa quando vogliono cercarlo”…
Chiedete ai monasteri (non quelli chiusi nella prigionia delle loro tradizioni!) quali sono i loro ospiti e vi diranno che sono proprio questi fuori della soglia della chiesa.