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Silvano Petrosino "La croce senza ruote"

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Il filosofo Cassirer parlando della religione afferma: «La religione resta un enigma non solo dal punto di vista teoretico ma anche da quello pratico. È piena di antinomie teoretiche e di contraddizioni pratiche […] Nelle sue manifestazioni concrete la religione è stata la causa di profondi contrasti e di lotte fanatiche tra gli uomini. Pretende di essere in possesso della verità assoluta, ma la sua storia è una storia di errori e di eresie. Promette e prospetta un mondo trascendente i limiti della nostra esperienza, eppure resta umana, fin troppo umana» (E. Cassirer, Saggio sull’uomo, Mimesis 2011, pp. 105-106). La verità di queste parole non attende di essere dimostrata; la storia umana, purtroppo, sia quella passata che quella presente, l’attesta senza alcuna incertezza. D’altra parte, non è difficile comprendere il senso di questo strano destino; è l’uomo stesso ad essere un enigma, ad essere uno strano essere vivente abitato da un desiderio che non è un bisogno, un desiderio che, secondo la magnifica espressione di Lacan, è «desiderio di niente di nominabile»; è l’uomo stesso ad essere uno strano essere vivente abitato da un’inquietudine (Agostino) che non trova pace in nessuna soddisfazione, neppure nel godimento più travolgente. 

Attraversato da queste tensioni, ma al tempo stesso anche da esse animato e fecondato, l’essere umano non ha mai smesso di «andare di qua e di là», alla continua ricerca di un punto d’appoggio, di un luogo d’approdo, non ha mai smesso di cercare di dare un nome all’innominabile che lo abita, e nel far questo non è riuscito o non ha potuto essere, verrebbe da dire inevitabilmente, che «umano fin troppo umano». Ecco perché, quando si attraversa questa regione, quando ci si confronta con l’impossibile ricerca del nome dell’innominabile, bisognerebbe procedere con estrema cautela e umiltà: in particolare quando ci si inoltra nel religioso e nell’artistico, i fantasmi sono dietro ad ogni angolo, le trappole dell’illusione e degli auto-inganni abbondano lungo le vie di queste contrade. Da questo punto di vista ciò che afferma Nietzsche a proposito della morale, più precisamente a proposito dei discorsi sulla morale, vale in un certo senso, e forse a maggior ragione, anche per la religione: «È molto importante che rifletta sulla morale il minor numero di uomini possibile – ha quindi grande peso il fatto che la morale non diventi un bel giorno interessante» (F. Nietzsche, Al di là del bene e del male, § 228). Non c’è da stupirsi che quello che è avvenuto sia stato, e continui ad essere, esattamente il contrario di quanto auspicato dal filosofo tedesco: tutti sono appassionati alla morale, tutti si sentono in dovere di dire la loro sulla morale e sull’etica, analogamente tutti, soprattutto i rappresentanti del potere politico, manifestano il loro vivo interesse per la religione. 

Travolta da simili manifestazioni d’affetto, la religione, e più in generale la topica semantico-simbolica relativa al sacro, viene utilizzata, manipolata, abusata, sfruttata, rivelando così un volto truce e inquietante. Ancora di recente c’è chi ha sostenuto che non c’è da entusiasmarsi per un eventuale ritorno del sacro perché laddove c’è sacro, e di conseguenza religione, c’è sempre fatalismo e fanatismo. Si pensava che simili considerazioni fossero del tutto superate ma non si può negare che recenti «manifestazioni religiose», che certi recenti usi della semantica e della simbolica religiosa, abbiano ridato forza a quell’errato giudizio. Quello che più di cinquant’anni fa Roger Bastide definiva correttamente il «sacro selvaggio» è così riapparso, ma non solo nell’estremismo islamico, ma anche nelle città di quell’America che si è soliti considerare come il cuore dell’Occidente. In questo caso il «selvaggio» ha assunto la forma estremamente «addomesticata» di una spettacolarizzazione mediatica capace di sfruttare, senza alcuna cautela e umiltà, senza un minimo di dignità, l’universo simbolico cristiano 

Certo, si potrebbe sostenere che non c’è nulla di cui stupirsi; è ancora Nietzsche a ricordarci l’essenziale, vale a dire che «Nel mondo si sono più idoli che realtà» (F. Nietzsche, Il crepuscolo degli idoli, Adelphi 1986, p. 53), e questi idoli abbondano in Oriente come in Occidente, negli sperduti villaggi dell’Asia come nelle tecnologiche metropoli degli Stati Uniti d’America e dell’Europa; ma una proliferazione così democratica dell’idolatria e del fanatismo religioso non è di grande consolazione, soprattutto per chi sperava, ma forse più semplicemente si illudeva, che la lunga e gloriosa storia del cristianesimo si fosse ormai lasciata alle spalle il facile entusiasmo di simili infantilismi. 

Di recente, nel corso di una manifestazione in onore di Charlie Kirk assassinato mercoledì 10 settembre 2025 sul palco della Utah Valley University, una grande croce guidata da un uomo ha solcato il palco sotto gli occhi di migliaia di spettatori: la croce era appoggiata su delle ruote e procedeva fluidamente sul liscio pavimento. Si tratta di un particolare, di un piccolo particolare, ma la croce che opprimeva Gesù, che non precedeva fluidamente e sotto la quale egli cadde tre volte, non aveva le ruote; purtroppo, verrebbe da dire, ma al tempo stesso, e al di là di ogni commozione e di ogni spettacolo, anche per fortuna.



Silvano Petrosino (Milano 1955), studioso di filosofia contemporanea, si è occupato prevalentemente dell’opera di M. Heidegger, E. Lévinas e J. Derrida
Oggetto dei suoi studi sono la natura del segno, il rapporto tra razionalità e moralità, l’analisi della struttura dell’esperienza con particolare attenzione al rapporto tra la parola e l’immagine. 
Insegna Filosofia della comunicazione presso l’Università Cattolica di Milano
Il suo ultimo libro, pubblicato da Vita e Pensiero, è "Piccola metafisica della luce".

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