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Massimo Cacciari “Bergoglio ha cambiato una Chiesa a pezzi, il clero anglosassone può affondarla”

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Il filosofo: «Porta l’eredità delle gesta di Francesco nel ’200 e Sant’Ignazio nel ’500. Ha provato a opporsi al processo di scristianizzazione del mondo occidentale”

La missione di papa Bergoglio era già scritta nel nome che scelse quella sera del 13 marzo 2013, quando il conclave lo elesse. Il filosofo Massimo Cacciari parte da lì, da quel richiamo al santo poverello d'Assisi, per ragionare sul ruolo e l'eredità del pontefice appena scomparso: «È un unicum: nessun papa si era riferito prima direttamente a Francesco. Non fu certo una scelta casuale». 

Cosa voleva significare? 
«Voleva rifarsi al gesto più rivoluzionario della storia della Chiesa: fatto non da un eretico, ma proprio da una persona interna alla Chiesa. Il gesto di colui che, come lo ha rappresentato Giotto, sorregge il Laterano che sta cadendo a pezzi». 

Quello che è toccato anche a papa Francesco? 
«È come dire: sono consapevole che la Chiesa sta crollando e serve un Francesco: non un restauro, ma una riforma radicale. Questo è l'implicito». 

Si riferisce al fatto che venne eletto in epoca di scandali e corvi, dopo le amare dimissioni di Benedetto XVI? 
«C'erano gli scandali, certo, ma c'era infinitamente di più: l'incapacità della Chiesa di predicare il Verbum nel mondo. Non solo un problema di costumi, ma della missione della Chiesa nel mondo, che era ed è in evidente crisi». 

Se dice che è ancora in crisi, significa che il tentativo di riforma di papa Francesco è fallito? 
«Papa Francesco ha iniziato una rivoluzione, con gesti decisi e precisi, a partire dalla scelta di prelati, vescovi e cardinali. Ma è tutto in fieri, non è detto che riesca. E intanto il processo di scristianizzazione del mondo occidentale prosegue». 

Cosa intende per scristianizzazione del mondo occidentale? 
«Viviamo in un mondo che ha dimenticato Cristo, e lo dico da non credente. Non c'è più neanche un riferimento ipocrita alla tradizione cristiana: è evidente da personaggi come Trump, ma anche nella vita quotidiana. La nostra religione è il progresso diventato sviluppo, e tutto si misura su quel metro. Il grande segno di quello che stiamo vivendo è stato l'incendio di Notre-Dame a Parigi». 

Cioè? 
«Tutti i veri cristiani che conosco hanno vissuto quell'incendio come un simbolo della scristianizzazione. Che è evidente in tutti quanti i leader politici occidentali: gli ultimi con ispirazione cristiana sono stati i padri fondatori dell'Europa, Schuman, De Gasperi e Adenauer». 

Se l'incendio è stato un segno, la ricostruzione in tempi record è stato un segno che qualcosa sta cambiando? 
«Mah, è come la Fenice di Venezia: nient'altro che un monumento di un centro storico».

E papa Francesco ha provato a opporsi a questa scristianizzazione? 
«Papa Francesco lo ha denunciato fin dal suo primo documento ufficiale con accenti durissimi». 

Quanto ha influito sul suo messaggio il fatto di essere un gesuita? 
«Come Francesco nel '200, in un momento decisivo della sopravvivenza della Chiesa, in conflitto con i poteri politici da una parte e le grandi eresie dall'altra, capì che occorreva una grande riforma, così nel '500 Ignazio di Loyola e l'ordine gesuita sono quelli che resistono, che stanno al centro del processo di riforma cattolica. Questa è l'eredità dell'ordine di sant'Ignazio che ha portato con sé Francesco». 

L'eredità gesuita e quella francescana insieme? 
«Che non sono in contraddizione, perché hanno un modo analogo di vivere le grandi crisi. Quando si parla di personaggi come questi, capaci di leggere i fatti secondo onde lunghe e non in base alla cronaca o alle occasioni, si comprende la distanza rispetto ai politici di oggi, la sproporzione tra papa Francesco e qualunque personaggio politico sulla faccia della Terra». 

Cosa ha rappresentato papa Francesco per i non credenti? 
«Tantissime cose. Perché essere non credenti non vuol dire ritenere con realismo cinico che vale il diritto del più forte, la prepotenza, volere i respingimenti degli immigrati o le disuguaglianze che dilagano nel mondo… Nella misura in cui papa Francesco era l'unica voce autorevole anche nel mondo politico a denunciare questi crimini, è stata una figura di riferimento anche per i non credenti. E poi dal punto di vista storico c'è una riflessione più generale da fare». 

Dica. 
«In tutti i suoi atti ha dichiarato, a volte anche in modo diretto, la fine irreversibile di ogni centralità europea. Questo interessa la riflessione storico-filosofica, ma è vero da ogni punto di vista: demografico, economico, politico». 

La fine della centralità europea o occidentale? 
«Dal punto di vista dell'Occidente in generale se ne può discutere, perché gli Stati Uniti mantengono una loro grandezza. Ma per l'Europa le cose sembrano fatte». 

Era un papa di sinistra, come spesso è stato definito? 
«Stupidaggini. Ha cercato di predicare il Verbum in un sistema planetario a un Occidente incapace di ascoltarlo». 

La politica lo ha più amato o patito?
«Lo ha strumentalizzato dove poteva. La politica da decenni ha una visione strumentale di questi grandi temi che la Chiesa solleva: se vede un vantaggio in quello che dice il Papa, allora lo appoggia. Altrimenti lo critica più o meno velatamente. Gran parte della politica nostrana si è schierata contro, come non era mai successo coi pontefici precedenti». 

Perché secondo lei? 
«Perché si è messo in mezzo senza se e senza ma denunciando il massacro di Gaza, o predicando la necessità di una trattativa nella guerra in Ucraina. Si è messo contro vastissimi settori di leadership politiche». 

Cosa si aspetta ora dal conclave? 
«Bisogna avere più contezza dei rapporti interni per capire se riuscirà a determinarsi una maggioranza che voglia la continuità con la via intrapresa da papa Francesco oppure no. Credo nessuno sappia come andrà a finire». 

Lei cosa si augura? 
«Il grande rischio per me è che prevalga la parte rappresentata da un ampio settore del clero anglosassone, che negli ultimi anni ha criticato papa Francesco sui diritti umani e civili e sulle questioni politiche». 

L'eredità di papa Francesco è questa rivoluzione in fieri nella Chiesa o c'è anche altro? 
«C'è anche il tentativo di costruire una pace che abbia a che fare col messaggio evangelico. Non armistizi, ma veri e propri trattati di pace».

intervista a Massimo Cacciari, a cura di Francesca Schianchi.

Fonte: La Stampa


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