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Enzo Bianchi "Bergoglio, un Pontefice rimasto inascoltato"

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24 aprile 2025
per gentile concessione dell'autore

intervista a cura di Silvano Esposito

Il fondatore di Bose allontanato da Papa Francesco e poi perdonato, racconta le difficoltà del Santo Padre nel far emergere la sua idea di Chiesa.

Dopo l’allontanamento decretato nel 2020 da Papa Francesco da Bose, a Magnano, il loro rapporto non poteva che essere controverso. Ma le parole di fratel Enzo Bianchi, che della comunità monastica biellese è stato il fondatore, non mostrano risentimento: «Al di là di quell’episodio, provocato da situazioni fuorvianti, nei miei confronti ha sempre manifestato una tenerezza infinita. In una lettera mi definì il suo padre spirituale rivelandomi che avevo ispirato le sue omelie, ma io gli risposi che ero solo il modesto figlio di uno stagnino».

Fratel Enzo, quale Chiesa ci lascia in eredità Papa Francesco«Ci lascia una Chiesa in una situazione di grande incertezza, dopo che il suo pontificato ha iniziato importanti processi di cambiamento e riforme, ma senza riuscire a concluderli pienamente. Deciderà il futuro Papa se abbandonare queste riforme o portarle a termine. Certamente i fedeli sono smarriti e preoccupati, senza grande speranza, anche perché hanno visto il Papa abbastanza isolato in questo cammino senza altri che lo hanno seguito con convinzione lungo questa strada».

Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro? Vedo il rischio di una specie di reazione da parte di una Chiesa che lo sentiva troppo avanti e profetico, con una grande gelata su quella che è stata la sua primavera.

C’è un episodio che ricorderà per sempre nel suo rapporto con lui? «Uno degli ultimi non lo dimenticherò mai: quando mi ha detto che mi voleva bene e mi ha chiesto perdono per la sofferenza che ho patito. Anche nei momenti difficili, però, l’ho sempre sentito molto vicino, nelle telefonate e nei biglietti che mi ha scritto, che pubblicherò all’inizio del 2026 nella mia autobiografia».

Cosa pensava il Santo Padre della comunità che lei ha fondato a Bose«In occasione del 50° anniversario mi scrisse un messaggio che lodava molto la comunità e mi ringraziava per il mio lavoro e per l’impegno per l’ecumenismo, che per lui rappresentavano il futuro di cui la Chiesa aveva bisogno».

Alcuni critici hanno dubitato che fosse un vero teologo. «Più che un rivoluzionario, era un conservatore. Era un religioso, un gesuita, ma non un teologo come Papa Ratzinger, mio amico e grande dottore della Chiesa, tra i pochi saliti alla cattedra di Pietro.

E il suo impegno sull’ecumenismo? «Papa Francesco ha cercato di fare passi audaci e profetici, ma in una situazione “frantumata” dalle guerre tra gli ortodossi in Europa e con i protestanti che all’unità nella fede nella Chiesa hanno preferito il pluralismo attuale. Ha compiuto gesti molto forti, ma senza andare molto avanti. È andata meglio nel dialogo interreligioso, soprattutto con l’Islam, che ha prodotto documenti di pace che erano impensabili».

Che tipo di successore si augura esca dal Conclave? «Un Papa non straordinario, ma che possa continuare i processi di riforma che ha iniziato Francesco, confermando la sinodalità della chiesa, senza fare passi indietro».

Una sinodalità che ha coinvolto tutte le comunità. «Lui voleva ascoltare tutti, ma non tutti sono abituati a parlare con libertà e ad ascoltarsi tra loro. Così sono nate contrapposizioni che non sono cristiane. Non c’è stata una grande risposta: oltre la metà dei Vescovi lo ha ignorato confermando la distanza tra lui e la struttura della Chiesa».




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