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Enzo Bianchi "Ora chi alzerà la voce per chi è senza lacrime?"

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il Fatto Quotidiano 23 aprile 2025
per gentile concessione dell'autore

In questi giorni sento molti dire con tristezza: “Proprio in quest’ora tenebrosa per il mondo non doveva andarsene perché era un uomo di pace, un’autorità che riceveva un certo rispetto e ascolto da molti”. E invece anche lui, questa quercia della speranza, come tutti ha conosciuto la morte dopo una malattia e una vecchiaia faticosa.

Francesco, un papa che voleva essere fratello come noi senza nessuna superiorità. Per questo all’inizio del pontificato, mostrandosi per la prima volta dinanzi ai fedeli raccolti in piazza San Pietro, non si presentò in una forma ieratica, benedicente, come il satrapo di un bassorilievo assiro, ma si inchinò e chiese umilmente al popolo di invocare prima su di lui la benedizione. Per questo negli ultimi giorni si fece vedere in San Pietro come un vecchio uscito da un ricovero, con una coperta, i pantaloni neri, una maglietta bianca, senza croce pettorale e abiti pontifici, quasi a dire: “Sono con voi, fratelli e sorelle, solidale nella vicenda umana fino alla debolezza, all’infermità…”. Francesco sarà ricordato come il papa umano già da come professava la fede in Gesù uomo, realmente uomo, e per questo rivelatore di Dio suo Padre, ma anche perché lui stesso narrava e testimoniava Dio. 

Ha vissuto un pontificato faticoso anche se le sue forze e le sue speranze non sono mai venute meno perché era un uomo di preghiera. Io l’ho conosciuto bene e della preghiera mi parlava come chi la vive costantemente, come chi ha fatto della preghiera il suo respiro. Ma se questa è la sua postura di credente cristiano ciò che in lui risplendeva come magistero scaturito in modo autorevole, oserei dire ossessivo, è il messaggio del Vangelo della pace. Francesco si accorgeva che stava dilagando una seduzione della guerra in molte parti del mondo, soprattutto presso le grandi potenze. Tornava una terribile corsa al riarmo motivato non tanto da una reale paura dell’altro, di un nemico, quanto dal bisogno del capitalismo di produrre armi e venderle, soprattutto ai Paesi più poveri. Questo riarmo, che molti vorrebbero giustificare con ragioni di difesa, risponde a una inconfessabile sete di potere che non può non essere sete di sangue. Quel che avviene a Gaza non è solo la vergogna di Israele, ma di chi in Occidente fornisce le armi e appoggia la guerra di Israele contro quel popolo di palestinesi, ridotti a straccioni senza più patria, senza cibo, senza più diritti riconosciuti. Solo Francesco, a costo di essere accusato dal governo di Israele di antisemitismo, gridò e urlò in difesa di chi non ha più lacrime per piangere. 

Chi adesso alzerà la voce, si farà voce di tutti quei gemiti e quei pianti di vittime innocenti? Non mi sembra che anche nella chiesa cattolica ci siano altre voci, altrettanto limpide, non ambigue e forti! Perché in Papa Francesco c’era la profezia che non abita mai la burocrazia. 

“No al riarmo!” è il grido di pochi, ormai soffocato dallo strepito di chi chiede di armarsi in vista della difesa. E confesso la mia tristezza per il fatto che anche voci di amici, solidali fino a ieri nelle battaglie per la libertà, la giustizia e la pace, oggi parlano un’altra lingua: non li riconosco più. 

Sono un cittadino europeo, ma anche cristiano e leggo l’Apocalisse che mi ammonisce e mi invita a discernere la presenza della guerra come idolo che seduce all’orizzonte della storia. E se la seduzione avviene accenderà la devastazione, una de-creazione del mondo, e rispunteranno l’odio, la violenza e la morte. In realtà gli umani non vogliono questo, eppure possono essere ancora una volta ingannati dall’idolo del riarmo come difesa e possibilità di pace. Ma questa è una falsità. 

Le ultime parole dette in pubblico da Papa Francesco in pianto: “Quanta volontà di morte vediamo ogni giorno! Noi… che siamo chiamati alla vita”.




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