Foglietto 11 marzo 2012 (Famiglie Visitazione)
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Giovanni 2,13-25
1) Si avvicinava la Pasqua
dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme: nei sinottici (Mt 21,12s e par.) questo
episodio precede di poco la passione. In Gv è subito dopo le nozze di Cana,
all’inizio del ministero di Gesù, durante la prima delle tre pasque narrate dal
4° vangelo. Pasqua dei Giudei
preannuncia un certa separazione, la Pasqua di Gesù sarà diversa.
2) Trovò nel tempio gente
che vendeva: la vendita degli animali per il sacrificio, anche se causa di
disturbo, era necessaria al culto, come anche l’attività dei cambiamonete,
essendo proibito usare nel tempio le monete pagane con l’effige
dell’imperatore.
3) Scacciò tutti fuori dal
tempio, con le pecore e i buoi: il gesto del Signore ha un significato
profetico, al di là di riportare dignità al luogo sacro. Rispetto ai sinottici
è interessante notare la menzione per esteso qui e nel v precedente degli
animali per il sacrificio (buoi, pecore, colombe): l’ingresso dell’Agnello non
solo ristabilisce la santità del tempio, ma manifesta la decadenza ormai
imminente degli antichi sacrifici.
4) Portate via di qui queste
cose e non fate della casa del Padre mio un mercato: Gesù è a casa sua, rivendica
il suo diritto di figlio. La frase richiama Zc 14, 21: In quel giorno non vi sarà neppure un mercante nella casa del Signore
degli eserciti.
5) Lo zelo per la tua casa
mi divorerà: l’annotazione dell’evangelista (i suoi discepoli si ricordarono) con la citazione del Sal 68,10
rimanda alla passione di Gesù. Il Sal 68 è usato spesso nei vangeli in riferimento
alla passione.
6) Distruggete questo tempio
e in tre giorni lo farò risorgere: Gesù non dà soddisfazione ai Giudei che
chiedono un segno e sposta i termini della discussione. Preannuncia la
distruzione del Tempio, come più esplicitamente fa nei sinottici (cfr. Mc
13,1-4 e par). Il tempio è stato portato ad un grande splendore dai lavori iniziati
da Erode, gli stessi interlocutori di Gesù ne vanno fieri: questo tempio è stato costruito in quarantasei anni. La loro
fiducia in quell’edificio oscura il senso profondo della presenza di Dio nel tempio:
come ai tempi di Geremia, la loro condotta porterà alla rovina del tempio, di
Gerusalemme e dei suoi abitanti. Ma c’è un nuovo tempio che sta’ per sorgere.
7) Ma egli parlava del
tempio del suo corpo: la nuova abitazione (la casa del Padre) di Dio tra gli uomini sarà il suo corpo del
figlio Gesù.
8) Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva
detto questo: la Pasqua a cui Gesù andrà incontro inaugurerà un nuovo
regime di grazia, in cui non ci sarà più bisogno del tempio di pietra per
incontrare Dio. Ovunque i discepoli si raduneranno per fare memoria del
Risorto, lì si farà presente Dio.
9) Ma lui, Gesù, non si
fidava di loro: tanti credono in Gesù vedendo
i segni che egli compiva. Il segno è utile per iniziare a credere, ma la
fede autentica è “vedere oltre”, accogliere il mistero nascosto da quell’uomo,
il suo essere figlio di Dio. Per questo Gesù non si può “affidare”, comunicare
loro.
Esodo 20, 1-17
1) Il popolo
d’Israele uscito dall’Egitto arriva al deserto del Sinai e Mosè per ordine di
Dio sale sul monte Sinai dove il Signore gli parla.
2) Dio
pronunciò tutte queste parole: il Signore dona la Sua Legge come aiuto al
popolo affinché possa camminare più speditamente verso la vita secondo rapporti
retti con Dio e con gli uomini: è il segno concreto dell’alleanza tra il popolo
e il suo Dio: ascoltate la mia voce e ed eseguite quanto vi comando: allora
voi sarete il mio popolo ed io sarò il vostro Dio (Es 6,7).
3) Io sono
il Signore tuo Dio che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla
condizione servile (LXX: dalla casa
di schiavitù): la legge è il cuore del rapporto tra Dio e il suo popolo,
rapporto che si fonda sull’evento della Pasqua, cioè la liberazione dalla
schiavitù d’Egitto. Con la Pasqua Dio fa del popolo la sua proprietà esclusiva
e si pone come l’unico Dio e non ce ne può essere un altro: il Signore è il
nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore tuo Dio, con tutto il
cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze, questi precetti che oggi ti do,
ti siano fissi nel cuore… guardati dal dimenticare il Signore che ti ha fatto
uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile (Dt 6,4-5.12).
4) Non ti
farai idolo… non ti prostrerai davanti a loro, non li servirai. Perché io, tuo
Dio sono un Dio geloso: ogni idolatria non è altro che un ritorno alla
schiavitù. Dio è geloso per amore ed esige una risposta totale e
incondizionata. Chi cerca Dio per la vanità dei propri desideri rimane nella
propria condizione di solitudine, di non comunione con Dio e quindi di
idolatria: non seguirete altri dei, divinità dei popoli che vi staranno
attorno, perché il Signore tuo Dio che sta in mezzo a te, è un Dio geloso (Dt
6,14-15 e Os 2).
5) Ricordati
del giorno di sabato per santificarlo: il sabato è da santificare perché
ogni opera dell’uomo viene riconsegnata a Dio che la benedice e la santifica e
il riferimento torna alla creazione, il riposo è partecipazione al riposo
stesso di Dio.
6) Onora tuo
padre e tua madre perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore
tuo Dio ti da: nella tradizione ebraica il comandamento di onorare il padre e la madre fa parte, assieme ai primi tre, dei precetti che riguardano i
rapporti con Dio: il padre e la madre sono strumenti di Dio e suoi collaboratori
nell’opera creatrice che egli compie continuamente nel tempo.
7) Non
ucciderai…non ruberai…non desidererai…: ogni peccato deriva dal desiderio
di avere di più o di diverso rispetto a quello che è stato dato. Questo genera
violenza. La sapienza d’Israele fa gioire di ciò che il Signore concede per
imparare a godere di ciò di cui Lui si rallegra e a servire e temere solo Lui (Bar
3,14 ss).
Corinzi 1,22-25
1) Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci
cercano sapienza: chiedere dei segni e dei miracoli è la condizione che si
pone a Gesù per credere, mentre il percorso dei Greci è nell’ arrivare a Dio
con le proprie forze e la propria sapienza. Paolo risponde a questi due modi di
fare e di essere, mettendo al centro la croce di Gesù. Questa generazione
malvagia e adultera chiede un segno; e segno non le sarà dato, tranne il segno
del profeta Giona (Mt12,39) e il segno di Giona è che rimase tre giorni e
tre notti nel ventre del pesce, come Gesù che è rimasto tre giorni e tre notti
nel ventre della terra. La richiesta di segni arriva fino al momento della
morte di Gesù: Il Cristo il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo
e crediamo (Mc 15,32).
2) noi invece annunciamo Cristo crocifisso:
il sacrificio della croce diventa la vera e nuova sapienza: la salvezza degli
uomini! Dio si è mosso nella piccolezza e nel nascondimento agli occhi del
mondo, nascondendo i segni tra le pieghe della storia e della sofferenza, senza
clamori o squilli di tromba: …questo per voi il segno: troverete un bambino
avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia (Lc 2,12), e caricando di
sapienza divina ciò che era ritenuto stolto e debole. Tutto questo era ben
chiaro nel cuore della Vergine Maria, la quale contemplava la storia dell’uomo
già con gli occhi della Pasqua: ha disperso i superbi nei pensieri del loro
cuore, ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili, ha ricolmato
di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote, ha soccorso Israele,
suo servo (Lc 1,51ss). Paolo parla di un
messia debole e sconfitto. La predicazione della croce è il contrario di quello
che gli uomini si attendono.
3) Ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente
degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini: i sapienti e gli intelligenti
secondo la carne fanno un’incredibile fatica a conoscere la salvezza di Dio. Ti
rendo lode, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai
sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli (Mt11,25). Cristo
crocifisso è debolissimo per cui anche il cristiano, che vive il Vangelo, è
debolissimo. La partecipazione all’umiliazione della croce, diventare stolti
per amore di Cristo, è una strada però che alla fine si rivela stracolma di
fecondità, di potenza e di sapienza di Dio. Chi brama raggiungere il vertice
della povertà, deve rinunciare non solo alla prudenza mondana,ma anche, in
certo qual modo,al privilegio dell’istruzione, affinché, espropriato di questo
possesso, possa entrare nella potenza del Signore e offrirsi, nudo, nelle
braccia del crocifisso. In nessun modo, infatti, rinuncia perfettamente al mondo
colui che conserva nell’intimo del cuore lo scrigno dell’amor proprio
(Leggenda Maggiore di san Francesco). Ogni sapienza umana, in Gesù, è allora un
atto di amore e di offerta per tutti gli uomini.
SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE
Paolo oggi ci ricorda che per le grandi tradizioni
religiose due sono le vie della loro manifestazione e della loro potenza: i
“miracoli” come potere di governare, di correggere e di condizionare la natura
e la storia, e la sublimità sapienziale come affermazione e come dominio
intellettuale e spirituale. Così viene concepita la potenza di Dio. Così viene
evidenziata la “necessità” dell’esistenza di Dio, e l’obbligatorietà a
riconoscerlo, a temerlo e ad onorarlo da parte dell’uomo.
La fede ebraico-cristiana conosce Dio dentro alla storia,
a partire dalla storia del popolo della Prima Alleanza. Conosce Dio come
liberatore e salvatore, a partire dalla fragilità e dalla ferita della
condizione umana. E conosce quindi la grandezza e la potenza di Dio come aiuto
necessario per la vita del popolo e di ogni persona in esso. Perché Dio compia
tali imprese prodigiose per il suo popolo, il popolo stesso non lo sa. E Dio,
da parte sua, gli rivela che quello che lo muove è l’amore per questo piccolo
popolo e il suo desiderio di stabilire con esso una comunione radicale e
profonda. Dio vuole camminare con il suo popolo. Per questo gli dona la sua
Parola: perché il popolo conosca la via di Dio, e così si sottragga da tutte le
religioni degli idoli e viva in comunione con il suo Signore. La Legge è il
grande statuto di questa comunione. I primi tre comandamenti della Legge di
Mosè, o i primi quattro, come suggerisce il nostro commento, descritti con
molta ampiezza a differenza degli altri, sono la descrizione della fisionomia
profonda della fede d’Israele e il cuore della sua storia: il rapporto
esclusivo e geloso, possiamo dire “nuziale” con Dio; la lode e l’onore resi a
Dio non con le modalità tipiche delle “religioni”, ma con la fedeltà profonda
di una vita che di Dio sia l’immagine e l’epifania; e tutta l’esistenza come
grande “festa” di questa comunione, dove la “liturgia” di tale comunione
celebrata in sua memoria e in suo onore sia sostanza della vita del credente e
di tutto il popolo.
Questa grande strada dell’amore di Dio per il suo popolo
ha la sua pienezza in Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio, Dio in mezzo a noi. Il
Cristo del Signore. E questo Cristo, questo Eletto e Prediletto, crocifisso! La
Croce come evento supremo dell’amore di Dio che si è manifestato nella Parola
della Legge e ora è presente tra noi e in noi nella Persona e nell’opera di
Gesù. E compiutamente nella sua Pasqua di morte e di risurrezione. È finito il
tempo prezioso della profezia e della preparazione. È finito il tempo della Legge.
È finito il tempo dei sacrifici prescritti dalla Legge. È finito il tempo del
tempio. In Gesù l’amore di Dio che ha generato e accompagnato tutta la storia
di Israele si rivela e si comunica nella sua totalità e nella sua universalità:
non gli antichi sacrifici offerti dal popolo nel tempio, ma il nuovo
sacrificio. Il sacrificio di Dio che offre la sua vita per comunicarla. Per
comunicarla non solo al popolo della Prima Alleanza, ma, in questa nuova ed
eterna Alleanza, per donare la vita divina, la vita dei figli di Dio, a tutta
l’umanità.
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