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Foglietto 25 marzo 2012 (Famiglie Visitazione)

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Giovanni 12,20-33
1) Tra quelli che erano saliti per il culto [lett: per adorare] durante la festa c’erano anche alcuni Greci: il termine Greci sta a indicare dei pagani, non circoncisi, ma attirati dalla fede di Israele. Quindi erano lì per adorare, ma non potevano partecipare pienamente al culto.
2) Vogliamo vedere Gesù: il brano di questa domenica fa parte del racconto dell’ultima pasqua di Gesù e segue immediatamente l’ingresso messianico in Gerusalemme.
La richiesta di avvicinarsi al Signore come primo passo della fede di quei pagani è interpretato da Gesù come segno che la sua ora è arrivata.
3) Filippo andò a dirlo ad Andrea: i due discepoli portano un nome greco. Gv 1,44 conferma quanto detto al v 21 con una informazione in più: Filippo era di Betsaida, la città di Andrea e di Pietro. Filippo e Andrea, abitanti della città di confine in Galilea, sono immagine della chiesa, strumento al servizio della salvezza operata da Gesù.
4) È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato: Gesù inizia il suo discorso stabilendo un legame tra l’ora e la glorificazione, dove l’ora significa la sua pasqua, il suo sacrificio. Sia glorificato è verbo al passivo, l’autore della glorificazione è il Padre.
5) Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto: Gesù spiega la frase precedente attraverso questa immagine. La glorificazione consiste nel portare molto frutto, ma il chicco di grano deve cadere a terra e morire per dare il frutto abbondante.
6) Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna: Gesù estende il concetto morire=dare frutto a chi lo ascolta. Anche negli altri vangeli troviamo frasi molto simili: …se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà… (Mc 8,34-35). Qui l’esortazione va oltre il momento dell’adesione iniziale dei discepoli: la Pasqua diventerà un principio valido per la vita di ogni giorno e per la vita di tutti gli uomini.
7) Adesso l’anima mia è turbata: il vangelo di Gv non ha il racconto dell’agonia del Getsemani e questo versetto la richiama. Le parole finali però (proprio per questo sono giunto a quest’ora) esprimono un senso diverso. L’ora (v 23) è già arrivata, Gesù chiede al Padre non di risparmiarlo dalla morte, ma di sostenerlo, di farlo uscire salvo verso la glorificazione. Dunque, anche nella prospettiva “divina” del messia che nella sua regalità si consegna alla morte, la morte provoca un turbamento profondo.
8) L’ho glorificato e lo glorificherò ancora: la voce del Padre, come un sigillo, conferma il discorso di Gesù. La vita pubblica di Gesù è stata glorificata dal Padre. Tutto avrà compimento nella glorificazione finale ormai imminente.
9) E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me: ecco il grande frutto portato dal chicco di grano che muore, la salvezza di tutti gli uomini.

Geremia 31,31-34
1) Ecco verranno giorni... nei quali con la casa d’Israele e di Giuda concluderò un’alleanza nuova: questo testo è un vertice dell’annunzio profetico di Geremia e di tutto l’antico testamento. Solo qui, infatti, nell’antico testamento si trova l’espressione: alleanza nuova. Poiché l’alleanza che Dio stabilisce con il suo popolo è il fondamento da cui scaturisce tutta la Legge e la fede d’Israele, innovare l’alleanza non è una semplice evoluzione del passato, ma indica l’avvento di una economia radicalmente nuova nel rapporto fra Dio e l’umanità. Questa alleanza nuova, che ricostituisce l’unità del popolo di Dio, prima diviso nei due regni d’Israele e di Giuda, ha il suo compimento nell’annuncio del vangelo, per cui anche la divisione fra Israele e le genti viene superata, come il testo evangelico di questa domenica ci fa vedere.
2) Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i vostri padri, quando li presi (ebraico: li afferrai) per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, patto che essi hanno infranto, benché fossi il loro Signore (ebraico: e io fui padrone fra di loro; greco dei LXX: e io non mi presi cura di loro): ogni patto che Dio stabilisce con l’umanità scaturisce da un Suo previo atto di salvezza. L’alleanza mosaica è fondata sulla liberazione dalla schiavitù del popolo in Egitto, compiuta da Dio con braccio forte. Tuttavia proprio la potenza dell’azione liberatrice di Dio dalla schiavitù egiziana costituisce anche il limite del patto mosaico originato da questa azione, in quanto qui Dio agisce attraverso grandi segni, con la forza di un padrone (testo ebraico), cioè con una energia che si impone dall’esterno (Dio afferra il suo popolo), ma che si dimostra poi insufficiente di fronte alla necessità, da parte di Dio, di prendersi cura di un popolo infedele all’alleanza.
3) Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele..: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore: la straordinaria potenza del nuovo patto di cui qui si parla, per cui lo Spirito di Dio agisce all’interno del cuore dell’uomo, dipende dall’eccesso d’amore che Dio rivolge verso l’uomo peccatore: Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito, perché chiunque in lui non vada perduto (Gv 3). E dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi (Lc 22,20). La speranza... non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi... Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo peccatori, Cristo è morto per noi.(Rm 5,6-8).
4) Non dovranno più istruirsi l’un l’altro dicendo: Conoscete il Signore, perchè tutti mi conosceranno dal più piccolo al più grande..., poiché io perdonerò la loro iniquità: la conoscenza di Dio che la nuova alleanza stabilisce è la conoscenza della Sua misericordia, che gratuitamente Egli riversa sui piccoli, i poveri ed i peccatori. È dunque una conoscenza data a tutti in quanto tutti hanno bisogno della sua misericordia. Quanto a voi l’unzione che avete ricevuto da Lui rimane in voi e non avete bisogno che qualcuno vi istruisca (1Gv 2,27). In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli… In questo conosceremo che siamo nella verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri (1Gv 3,16-20).

Ebrei 5,7-9
1) Nei giorni della sua vita terrena (nei giorni della sua carne): il capitolo inizia ricordando che ogni sommo sacerdote, scelto tra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini davanti a Dio. Egli offre doni e sacrifici a Dio per il perdono dei peccati. Essendo un uomo e quindi rivestito di debolezza, chiede a Dio di avere misericordia per le debolezze di tutti. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. (Gv 1,14).
2) Egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito: l’ora della passione che si avvicina, è il momento nel quali Gesù combatte, come ogni uomo, sentendo vicino il dolore. Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà (Lc 22,42).
3) Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì: come tutti gli uomini Gesù ha obbedito alle leggi del mondo e della natura, accettando la croce quotidiana fino alla morte. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore (Mt 11,29). Gesù, pur essendo Figlio di Dio, non è esente dalle sofferenze comuni a tutti gli uomini. Pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma (…) umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte.(Fil 2,6ss.)
4) E, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono: reso perfetto è la stessa parola di Gesù morente (tutto è compiuto, in lat. Consummatum est) e dopo avere ricevuto l’aceto, Gesù disse: Tutto è compiuto. E chinato il capo, spirò (Gv19,30). La perfezione è la Croce: il momento dell’amore di Gesù per tutta l’umanità. Facciamo questo in memoria di Lui.

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

Le domeniche di Quaresima sono state una lunga pedagogia verso la Pasqua. In esse abbiamo potuto progressivamente entrare nel grande progetto che secondo la tradizione ebraico-cristiana è il fine e la fine di tutta la storia: la pienezza della comunione. Si giunge così alla totale “rinuncia” alla religione, dove Dio è l’irraggiungibile che deve essere raggiunto. Inevitabilmente questo stabilisce differenze sostanziali tra chi possiede doti e risorse e chi è prigioniero di limiti e di povertà. Le religioni sono sempre “elitarie”. La fede ebraico-cristiana pone l’alternativa radicale di un Dio che non è irraggiungibile perché dona all’uomo quello che l’uomo non ha. È il grande annuncio della profezia di Geremia che prevede la comunione tra Dio e tutto il suo popolo per il dono che Egli farà: la sua Parola non più come legge esterna, ma come scritta nel cuore dell’uomo. Allora, dal più piccolo al più grande, tutti saranno in comunione piena con Dio.
Ma questo è cammino per tutta l’umanità, efficacemente rappresentata da quegli “alcuni greci” che vogliono “vedere Gesù”. In questi anni mi sono sempre più convinto che questo “voler vedere Gesù” deve essere inteso come l’aspirazione di pienezza di verità, di pace, di luce, di gioia e di vita che è tensione condivisa di ogni essere umano. E qui allora si apre la vertiginosa prospettiva che Gesù annuncia nella memoria evangelica di questa domenica: la necessità che Dio abbandoni la sua solitudine e precipiti fino a ciò che veramente accomuna tutto il genere umano, e cioè la sua sorte mortale. Quel chicco di grano che se non muore rimane solo dice efficacemente la solitudine degli dei delle filosofie e delle religioni, e con essi la solitudine dell’uomo. La “gloria” di Dio sta tutta nel suo condividere l’umanità fino alla morte. Con questo Egli compie il passo supremo verso una comunione che non è più conquista elitaria di pochi, ma dono fatto a tutti.
La Parola deve quindi giocare tra la sublime potenza dell’amore di Dio e il dramma della sua “sconfitta”. La sua impresa non ha sconti. Le “forti grida e lacrime” del Getsemani che Gesù offre come “preghiere e suppliche” di infinita potenza, trovano conferma nella sua Parola ai discepoli: “Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora!”. Rivelazione mirabile del disegno divino. Ma la “regola” di Dio diventa la regola nuova, la “nuova alleanza” profetizzata da Geremia per tutta l’umanità. Contro la dura regola della supremazia del vincitore che ha ucciso il nemico – ma è Caino che uccide il suo fratello! – ecco il regime nuovo dell’amore sino alla fine, il senso nuovo della vita umana: il dono di sé come principio e forza di una comunione senza limiti e senza esclusioni. La gloria di Dio diventa così la gloria di tutta l’umanità. Un’umanità nuova in una nuova alleanza d’amore che unisce gli uomini a Dio e li unisce tra loro. E la Parola di Gesù si conclude con l’affermazione suprema, con una dichiarazione senza limiti, senza se e senza ma: “E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”.

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