II domenica dopo Natale domenica 2 gennaio 2011 (Luciano Manicardi)
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Tre testi dal profondissimo contenuto teologico celebrano il mistero del  rivelarsi di Dio all’uomo con linguaggio altamente evocativo: linguaggio poetico, liturgico, orante.  Per dire il mistero di Dio nel suo rapportarsi all’uomo, l’uomo eleva  il suo linguaggio e ricorre a un poema di andamento innico,  suddivisibile in strofe, una vera dossologia (vangelo); ricorre a una euloghía,  una benedizione, sorta di “canto in prosa” (Romano Penna) che celebra  la sovrana iniziativa di Dio che “in Cristo” trova il suo pieno  dispiegamento, e cui segue una preghiera che invoca per i credenti  l’illuminazione interiore perché possano entrare nel mistero divino (II  lettura); ricorre a una composizione che loda la sapienza, quasi  un’omelia pronunciata nel tempio davanti a un’assemblea liturgica (I  lettura). Il mistero del Dio che cerca comunione con l’uomo ed entra in  relazione con lui viene espresso al meglio non dal linguaggio razionale e  analitico, ma dal linguaggio evocativo e sintetico della poesia e della  preghiera, della narrazione poetica.  
Dietro quel mistero teologico, infatti, vi è il mistero dell’amore. Il culmine della rivelazione di Dio, e “sapienza” per il Siracide coincide con la rivelazione (I lettura), si manifesta come un nuovo velamento:  la gloria di Dio appare nella carne umana (vangelo), nel corpo di Gesù  di Nazaret, in Cristo (II lettura). La luce della gloria di Dio non è la  luce abbagliante di una verità che acceca, ma la luce “visibile”, che  può essere vista dagli umani proprio grazie al corpo umano che la  protegge e manifesta. L’opacità della carne è la condizione necessaria  per “vedere la gloria di Dio” (“Il Verbo si fece carne … e noi abbiamo  contemplato la sua gloria”: Gv 1,14). O forse, la luce della carne umana  – svelata pienamente da Gesù di Nazaret – è la condizione per accedere  al mistero di Dio. Lo stesso Lógos, “Parola” o  “Verbo”, che rivela Dio, non è parola monolitica che si impone con il  suo peso schiacciante e la sua autorità auto-evidente, ma parola  dialogica che invita e offre, che apre una via, che indica, che fa  segno. Se il Lógos era in Dio e presso Dio, in  legame eterno e vitale con Dio, tutt’uno con lui, allora Dio è dialogico  in se stesso: rivelandosi, egli chiama l’uomo al dialogo. Svelandosi  come Parola, suscita, invece di annichilire, la parola dell’uomo. Dio  abbisogna della parola umana. Il corpo e la parola di Gesù  sono i luoghi privilegiati della manifestazione di Dio. Il corpo e la  parola umani sono i luoghi in cui l’uomo risponde alla comunicazione di  Dio. 
Rivelazione di Dio significa comunicazione di Dio. Comunicazione  che avviene attraverso la sapienza “uscita dalla bocca dell’Altissimo”  (Sir 24,3), attraverso la parola che Dio pronuncia. Dunque “la parola  che Dio parla” dice tutto di Dio: in ogni parola di Dio il credente  incontra chi veramente cerca, ovvero, Colui che parla, Dio. La preghiera viene così istituita come ascolto della Parola di Dio che, accogliendo il dono divino della sua Parola, incontra il Donatore. Una splendida meditazione orante di Gregorio di Narek dice: “Non è dei doni, ma del Donatore, che ho sempre la nostalgia”.
Se la sapienza ha posto la sua dimora in Israele (cf. Sir 24,8), il  Verbo ha posto la sua dimora “in mezzo a noi” (Gv 1,14). Certo,  l’incarnazione è avvenuta in Israele, nel popolo santo, ma poiché il  Verbo “illumina ogni uomo” (Gv 1,9), possiamo pensare che questo  versetto abbia un’estensione universale e indichi l’umanità in generale.  Per illuminare ogni uomo il Lógos, che è luce vera (cf. Gv 1,9), diviene scintilla di luce in ogni uomo, nell’umano che è in ogni uomo. L’umanità creata a immagine di Dio porta in sé questa scintilla divina, questo seme divino (Gaudium et spes 3), memoria del Lógos in cui tutti sono stati creati e profezia di una fraternità universale. Accanto ai semina Verbi, i semi del Verbo diffusi nelle culture e religioni degli uomini (Ad gentes  11), e ancor prima e più radicalmente, troviamo le scintille del Verbo  presenti in ogni singolo uomo. E che coincidono con l’umano presente  nell’uomo, umano che è dono di Dio manifestato in pienezza in Cristo, il  Figlio unigenito.
LUCIANO MANICARDI 
Comunità di Bose
Eucaristia e Parola
Testi per le celebrazioni eucaristiche - Anno A
© 2010 Vita e Pensiero
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Fonte: MonasterodiBose   
 