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Battesimo del Signore 9 gennaio 2011 (Luciano Manicardi)

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Is 42,1-4.6-7; Sal 28; At 10,34-38; Mt 3,13-17 

L’evento del battesimo di Gesù nel Giordano a opera di Giovanni, evento in seguito al quale lo Spirito di Dio viene su Gesù (vangelo), è preannunciato dalla figura del Servo del Signore su cui Dio pone il suo Spirito (I lettura) e proclamato da Pietro nella sua predicazione come atto con cui Dio ha “unto” in Spirito santo Gesù (II lettura). Lo Spirito di Dio che rimane su Gesù significa la comunione piena tra il Padre e il Figlio, tra Dio e Gesù.
La comunione di Gesù con Dio (vangelo) si esprime orizzontalmente, cioè nelle relazioni umane, da un lato come rifiuto di condannare e di giudicare (I lettura), dall’altro come attivo fare il bene e guarire chi si trova nel bisogno (II lettura). Infatti, le azioni di spezzare la canna incrinata e di spegnere lo stoppino fumigante che il Servo del Signore non compie, si riferiscono ai gesti che invece compiva l’araldo del Gran Re babilonese quando decretava una condanna a morte: il senso è che il Servo del Signore non viene per condannare, ma per dare vita (I lettura). E nella predicazione di Pietro, Gesù appare colui che “passò facendo il bene e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui” (II lettura).


Gesù si reca dalla Galilea al Giordano al preciso fine di farsi immergere nel Giordano da Giovanni (cf. Mt 3,13), anche contro la volontà del Battista che “voleva impedirglielo” (Mt 3,14). L’incontro tra i due uomini diviene così un esempio di obbedienza e sottomissione reciproca: Gesù si sottomette all’immersione di Giovanni e Giovanni rinuncia al proprio bisogno spirituale (“Io ho bisogno di essere immerso da te”: Mt 3,14) e accetta di immergere Gesù. L’obbedienza reciproca diviene obbedienza a Dio: la giustizia adempiuta dai due è infatti la realizzazione della volontà di Dio. La giustizia, biblicamente, è la conformità alla volontà divina. L’obbedienza viene qui colta nel suo aspetto adulto e maturo di azione comune e reciproca, non come atto infantile o mortificazione individuale o abdicazione che uno fa alla propria volontà per adempiere quella di un altro, con i rischi di abuso, di giochi di potere e di sopraffazione che questo comporta. L’obbedienza qui è evento di comunione e di carità che consente l’adempiersi del disegno divino. È un atto libero, non impersonale, né immotivato, ma relazionale, e che avviene nel riconoscimento reciproco e nell’amore. 
Questo incontro tra due uomini, due celibi, è particolarmente intenso perché i due uomini di Dio riconoscono la vocazione peculiare l’uno dell’altro. Se Giovanni riconosce di aver bisogno di essere immerso in Spirito santo da Gesù (cf. Mt 3,11.14), Gesù riconosce che l’immersione di Giovanni viene da Dio (cf. Mt 21,25) e che il Battista è venuto nella via della giustizia (cf. Mt 21,32). Il criterio che rende libera la relazione è il fare la volontà di Dio. Gesù non si sottomette all’immersione di Giovanni per compiacerlo o per amor di sottomissione e nemmeno per amicizia, ma perché solo così viene realizzata la volontà di Dio. Questo è anche il criterio che deve regnare nella comunità cristiana perché i rapporti siano limpidi, casti, autentici (cf. Mt 7,21; 12,50).
Giovanni è precursore del Messia lasciando fare, acconsentendo a Gesù (cf. Mt 3,15). C’è una forma di efficacia che non è affatto connessa all’intraprendenza o all’agire, ma al non agire, al lasciar fare al Signore, all’acconsentire al Signore. Giovanni fa spazio a Gesù. La fede, come lasciar fare al Signore, è l’attivo e faticoso fare spazio al Signore. È azione su di sé, e questo tipo di azione è la più difficile.
L’azione obbediente di Giovanni è a servizio dell’esperienza di filialità che Gesù vive al momento dell’immersione nel Giordano. Se simbolicamente l’uscire dalle acque rinvia a un evento di nascita, la scena del battesimo allude alla paternità di Dio manifestata dalla parola dall’alto, dalla voce dal cielo, ma allude anche alla maternità di Dio, simbolizzata dalla ruach, lo Spirito, lo spazio vitale da cui l’uomo trae la vita. Ha scritto il teologo François Xavier Durrwell: “Lo Spirito è il seno in cui Dio è fecondo come una madre”. 

LUCIANO MANICARDI
Comunità di Bose
Eucaristia e Parola
Testi per le celebrazioni eucaristiche - Anno A
© 2010 Vita e Pensiero 

Fonte: MonasterodiBose
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