Foglietto 19 febbraio 2012 (Famiglie Visitazione)
1) Si seppe che era in casa e si radunarono
tante persone: già due domeniche fa il testo descriveva l’affollamento
davanti alla porta di casa a Cafarnao, un raduno nato per portare a Gesù malati
e indemoniati. Qui, l’assemblea radunata davanti alla porta per ascoltare la
parola trasmette l’idea di una assemblea liturgica, una prefigurazione della
chiesa.
2) Portando un paralitico, sorretto da quattro
persone: come nel caso
dell’indemoniato nella sinagoga, la predicazione di Gesù si incontra con un
bisogno specifico di uno degli astanti. È immobilizzato nel suo letto, ha bisogno
di chi lo porti di peso.
3) Fatta un’apertura, calarono la barella su
cui era adagiato il paralitico: il parallelo di Luca dice “attraverso le
tegole” (Lc 5,19). Anche se scoperchiare il tetto di una casa ad un piano di
quell’epoca non era cosa così difficile e inconsueta, l’operazione di calare il
lettino doveva richiedere un certo impegno. Il termine tradotto con barella potrebbe essere tradotto con
pagliericcio, è il letto di una persona povera. Diverso è il termine usato nel
parallelo di Luca, che viene tradotto con lettuccio.
4) Gesù, vedendo la loro fede: in effetti
Gesù sottolinea l’importanza del gesto. Fede non significa essere bravi, ma è
fiducia, speranza nell’intervento di Dio: da qui deriva l’operosità e la
tenacia dei portantini. È per la fede dei portantini che Gesù si occupa del
paralitico.
5) Disse al paralitico «Figlio, ti sono perdonati i peccati»: a
questo punto ci si aspetterebbe la guarigione, ma Gesù preferisce partire dalla
guarigione dal peccato, malattia comune a tutti gli uomini, e lo fa iniziando
con quell’appellativo così bello, figlio,
usato in Mc solo un’altra volta per i discepoli (Mc 10,24).
6) Chi può perdonare i peccati, se non Dio
solo: il pensiero degli scribi è corretto. Molte profezie avevano parlato
di remissione generale dei peccati negli ultimi tempi, ma mai quest’opera era
attribuita al Messia.
7) Perché pensate queste cose nel vostro cuore:
è evidente la differenza tra la semplice fede che ha portato il paralitico di
fronte a Gesù e quello che si agita nel cuore degli scribi. Gesù forse coglie
nel pensiero teologicamente corretto degli scribi un tratto di rassegnazione
cattiva: sulla terra l’unico rimedio possibile al peccato è la giustizia umana,
rispondere al male affliggendo una pena.
8) Perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha
il potere di perdonare i peccati sulla terra: Gesù annuncia solennemente la
grande notizia, a lui è stato dato da Dio Padre il potere di liberare l’uomo
dalla schiavitù del peccato, qui ed ora, sulla
terra.
9) Disse al paralitico – alzati, prendi la tua
barella e va’ a casa tua: il paralitico diventa il rappresentante di tutta
l’umanità sofferente sotto il peso del peccato. La sua guarigione è la prova
che è possibile la remissione dei peccati, perché al Figlio dell’uomo è stato
dato questo potere.
Isaia 43,18-19.21-22.24b-25
1) Non
ricordate più le cose passate, non pensate più (vulg. non fissate lo sguardo) alle cose antiche: il Signore nella
sua misericordia invita alla speranza il suo popolo peccatore ed infedele
esortandolo a non ricordare le colpe passate, ma a fissare lo sguardo e
l’attenzione alle cose nuove che, per il suo grande amore ha preparato per il
suo popolo. Chiede l’apertura del cuore per accogliere con fede l’adempimento
delle promesse antiche: …saranno dimenticate le tribolazioni antiche,
saranno occultate ai miei occhi (Is 65,16).
2) Ecco io
faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?:
è l’apertura allo Spirito di Dio che solo dà la Sapienza (Sap 9) consente di
accorgersi e riconoscere la “cosa nuova” operata continuamente dall’amore di
Dio: Ogni mattina fa attento il mio
orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore mi ha aperto l’orecchio
e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro (Is 50, 4b.5).
3) aprirò
nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa: il deserto e la steppa indicano la condizione di povertà e di
schiavitù dalla quale il Signore viene a liberare e condurre il suo popolo,
profezia della novità che l’azione di Dio porta nel mondo: la venuta del
Messia: se uno è in Cristo è una creatura nuova, le cose vecchie sono passate:
ecco ne sono nate di nuove (2Cor 5,17). È Lui la via aperta nel deserto, il
fiume della vita vera: se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in
me… dal suo grembo sgorgheranno fiumi d’acqua viva (Gv 7,37-38 e Ap 22).
4) Tu non mi
hai invocato Giacobbe, anzi ti sei stancato di me (vulg. non hai faticato in me) o Israele:
la chiamata di Dio a Israele è perché obbedisca alla sua voce (Gen 12), ma alla
fatica feconda dell’obbedienza Israele ha preferito la vana fatica di servire
agli idoli e ai progetti degli uomini.
5) Non mi
hai saziato con il grasso dei tuoi sacrifici… tu mi hai dato molestia con i
peccati… Io, Io cancello (LXX: Io
sono, Io sono il cancellante) i tuoi misfatti… e non ricordo
più i tuoi peccati: il vanto di Israele non sono i sacrifici e i
suoi atti di giustizia, ma l’amore di Dio, l’essere e sapersi amato da Lui,
perdonato e redento dalla sua bontà. Il nome di Dio, Io sono, è legato
alla cancellazione dei peccati: anche se i vostri peccati fossero come
scarlatto, diventeranno bianchi come la neve (Is 1,18). Io sono, dice il
Signore, Dio misericordioso e pietoso,
lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore per
mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato (Es
34,6.7). Questo nome ha ricevuto Gesù dal Padre, portando sulla croce il
peccato del mondo. Dio non solo perdona, ma “non ricorda più” i peccati di chi
si rivolge a Lui con cuore contrito ed
affranto (Sal 50(51),19): anche se costoro ti dimenticassero, io invece
non ti dimenticherò mai (Is 49,14).
2Corinzi 1,18-22
1) Dio è testimone che la nostra parola verso di
voi non è "si" e "no": il brusco passaggio dai brani
della prima lettera ai Corinzi, letti nelle domeniche passate, e i versetti che
leggiamo oggi dalla seconda lettera, devono essere brevemente collegati per
favorire la comprensione. Solo un anno passa dalla stesura delle due lettere,
ma a Corinto sono successe cose spiacevoli. L'autorità apostolica di Paolo
viene messa in discussione, la comunità è in subbuglio e Paolo decide di
rinunciare ad un viaggio che aveva promesso. Quando le cose si mettono per il
meglio, Paolo decide di scrivere la lettera, per risolvere ogni malinteso: io
chiamo Dio a testimone sulla mia vita, che solo per risparmiarvi rimproveri,
non sono più venuto a Corinto (2Cor 1,23). Egli è preoccupato che la rinuncia
del viaggio sia considerata una leggerezza dettata da calcoli umani.
2) Tutte le promesse di Dio in Lui sono si:
questo “si” è vero e certo: è l'amore di Dio per ogni uomo. È l'amore di Paolo
per la sua comunità: ritenni pertanto opportuno non venire di nuovo fra voi
con tristezza. Perché se io rattristo voi, chi mi rallegrerà se non colui che è
stato da me rattristato? Ho scritto proprio queste cose per non dovere poi
essere rattristato, alla mia venuta, da quelli che dovrebbero rendermi lieto;
sono persuaso, riguardo a voi tutti, che la mia gioia è quella di tutti voi. Vi
ho scritto in un momento di grande afflizione e col cuore angosciato, tra molte
lacrime, non perché vi rattristiate, ma perché conosciate l'amore che nutro
particolarmente verso di voi (2Cor 2,1ss.).
3) Dio ci ha conferito l'unzione: l'unzione
è il segno del consacrato e dell'inviato ad evangelizzare.
4) Ci ha impresso il sigillo: il sigillo
sulla fronte è il segno che distingue i servi di Dio.
5) Ci ha dato la caparra dello Spirito nei
nostri cuori: il dono dello Spirito è un anticipo ed un pegno del Paradiso
che è nei nostri cuori.
SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE
Conviene accettare con coraggio e cordialità la sfida del
testo di Isaia. Dunque, domandiamoci francamente che cosa sia “la cosa nuova”
fatta da Dio. Tra le molte risposte legittime che si possono dare, mi sembra
che la più forte sia quella annunciata dalla fede di Gesù: Dio si è fatto uomo
ed è venuto ad abitare in mezzo a noi! Questo era “promesso”, dice Paolo, a
tutta la storia e a tutta la profezia di Israele e ora si è compiuto: in Gesù
tutte le promesse di Dio sono diventate “sì”. Che cosa aspettava e preparava il
regime della Legge? Legge Santa perché di Dio, ma come tale rivelatrice del
mistero del Male e incapace di risolverlo. Dio supera la barriera quando valicando
il confine delle “religioni”, la barriera che separa il sacro dal profano,
s’immerge nella nostra storia e la trasforma dal suo interno. Così le immagini
bellissime di Isaia: “Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi
nella steppa”. Quello che sanzionava una distanza e una differenza insuperabile
diventa ora il lieto annuncio della salvezza.
In Gesù di Nazarert, Dio non è venuto per condannare, ma
per salvare. Gesù rappresenta quel nuovo volto dell’umanità che il Salmo 40
proclama “beato” perché, alla lettera, “ha la sapienza del povero”. In Gesù, è
Dio stesso a rivelare in Sé questa “sapienza del povero” che gli consente di
dire al paralitico di Cafarnao: “Ti sono rimessi i tuoi peccati”. Incomincia
veramente una storia nuova, una nuova creazione di cui quella antica era profezia.
La nuova creazione è un più un arido deserto ma il giardino nel quale, in Gesù,
Dio e l’umanità vivono insieme. Ormai si può parlare di peccato solo come luogo
del perdono. Solo questo “Emmanuele”, cioè questo “Dio con noi” può generare
tale storia nuova. Lo sanno bene gli scribi che pensano in cuor loro: “Perché
costui parla cosi? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?”. Ma
il deserto della storia è diventato il giardino della misericordia. Il perdono
è il frutto dell’incontro tra la santità di Dio e il peccato dell’uomo. Morendo
sulla Croce il Figlio dell’uomo genera un’umanità figlia di Dio.
Qualcuno ha saggiamente detto che non si può parlare di
peccato se non parlando di perdono, in un orizzonte di totale misericordia. La
Parola oggi fa scaturire da questo due conseguenze capitali. La prima è che la
misericordia di Dio genera un’umanità nuova “secondo misericordia” e non più
secondo i criteri di una giustizia vendicativa: i quattro barellieri sono figli
e ministri di tale nuova umanità, e consegnano il loro amico non alla condanna
ma alla salvezza. Questa è, secondo Gesù, la loro fede, quella che Egli “vede”
in loro. I quattro rappresentano il piccolo manipolo della comunità che si
raccoglie intorno a Gesù. La seconda conseguenza è che il perdono, e cioè la
“morte” in lui dell’umanità peccatrice e la risurrezione in lui del Verbo
incarnato è sorgente di ogni sanazione! Il male simboleggiato dal lettuccio su
cui il paralitico era inchiodato diventa ora la croce che egli porta come discepolo
di Gesù e testimone della sua potenza di salvezza. Questa è la potenza di Dio
che, insieme ai nostri quattro amici di Cafarnao, tutti noi siamo chiamati a
testimoniare nella nostra umile vita e nella modesta liturgia del nostro
cammino.