Erri De Luca "Nella Bibbia ebraica Israele non è il popolo eletto, ma separato"
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Ancora l’Antico Testamento, De Luca. Stavolta lei sceglie 76 personaggi e li racconta in prima persona.
La scelta delle autobiografie mi permette di escludermi come autore e mi fa diventare un redattore di vite raccontate direttamente dai personaggi delle Scritture sacre. Tutti loro inaugurano il nome proprio, sono le prime persone a portarlo.
Manca Dio. Non ha avuto la spudoratezza per scriverne con l’io narrativo.
Oltre all’abuso di pretendermi suo redattore, la divinità delle scritture è voce fuori campo. Non potevo scrivere l’autobiografia della voce che esordisce con “Sarà luce”. Spetta alle persone di fede intrattenere con la divinità lo scambio diretto basato sul pronome Tu.
Quello dell’Antico Testamento è poi un Dio che sceglie, una divinità di parte. Israele è il popolo eletto, che tradisce più volte Dio. Nel racconto dei personaggi compaiono stupri, inganni, omicidi, donne utili solo per fare figli.
La prima scelta della divinità nei confronti di Israele non si esprime con un verbo di preferenza, ma di separazione: “E divise”. Stacca quel popolo dagli altri. Con lo stesso verbo separa la stirpe di Levi dalle altre undici per assegnare loro il servizio sacerdotale. Alla lettera non sono gli eletti ma i separati. Nell’Antico Testamento non ci sono vite di santi.
Ma di patriarchi.
Anche loro, i solenni patriarchi, sono soggetti a torti e imperfezioni. Ma il compito assegnato alle donne, la discendenza, era in quel tempo il campo principale e su quello avevano governo. Adamo che mette i nomi a tutti gli animali del giardino non può scegliere il nome dei suoi figli perché quello spetta a Eva.
La fede è un combattimento tra il marchio atavico della violenza e la speranza della pace?
La fede è il rapporto esclusivo tra la singola persona e la divinità. I dieci comandamenti sono dati col tu, rivolti a ognuno individualmente. La politica, le guerre, sono attività plurali. La fede è un sentimento fondato sull’amore: “E amerai il tuo Elohìm in tutto il tuo cuore, in tutto il tuo fiato e in tutte le tue forze”. L’amore pretende l’esclusiva, è estremista, non ammette interferenze. Nella storia sacra il popolo tradirà molte volte questo patto di fedeltà amorosa con la divinità e altrettante volte vi ritornerà.
Gerusalemme è l’ombelico della Terra. Nella pagina di Ezra, discendente di Aronne, c’è “l’antica ostilità dei popoli intorno che ci vedevano di malocchio rientrare in possesso di luoghi da loro occupati”.
Gerusalemme non è stata fondata da Israele. Apparteneva agli Ievusei, un popolo cananeo. Davide la conquista e ne fa la capitale. Da quel momento in poi la città diventa l’epicentro del nuovo monoteismo. Dopo quello Ebraico, il monoteismo Cristiano e quello Islamico la assumeranno a campo sacro, inaugurando il tempo delle guerre di religione, rendendo Gerusalemme “la città dei sangui”.
Ben Iamin, ossia Beniamìn, significa “figlio della destra”. È la mano destra quella che si porta al cuore. Anche nel Vangelo, i buoni finiscono a destra e i capri, cioè i malvagi, a sinistra.
Entrambe appartengono al corpo che è bilaterale ma non simmetrico. Beniamino significa anche figlio del Sud. Curiosamente erano mancini proprio i 600 discendenti di Beniamino che in una guerra civile sconfissero le altre stirpi d’Israele usando l’arma della frombola con la mano sinistra. Nella Scrittura sacra non c’è alcun accenno negativo riferito all’unilateralità mancina.
Sono Prime Persone che segnano anche prime volte. Caino dimostra che ogni assassino è un fratricida. Mosè è il primo scalatore.
L’Antico Testamento è ovviamente pieno di prime volte a partire dalla rivelazione della divinità che si manifesta con la forma fisica della sua voce. L’intero Creato è una primizia, anche se nella tradizione rabbinica la divinità aveva creato in precedenza altri mondi che aveva distrutto, prima di fermarsi a quest’ultima creazione. Questo sarebbe quello che ha lasciato sussistere.
Quando Samuele unge David come futuro re, il profeta non trattiene il sollievo: “Io finalmente smisi di occuparmi di politica”. La politica corrompe la fede?
La politica cerca di legittimarsi con la religione. Le monarchie pretendevano di essere autorizzate dalla divinità. La politica nel senso della gestione del potere corrompe le persone, ne altera la percezione della realtà, le fa credere stabili sul piedistallo, mentre sono invece in bilico sul precipizio nel quale cadono tutti ed è il precipizio del dimenticatoio. Più di recente la politica è intesa come un mezzo per arricchirsi, potendo gestire grandi fondi e potendone stornare a proprio vantaggio.
Caino non uccide per odio, ma per zelo. Lei è stato un militante politico di Lotta Continua, ma non aderì alla lotta armata.
Non ho aderito alla lotta clandestina perché ho appartenuto all’organizzazione Lotta Continua che era pubblica, svolgeva la sua attività con sedi sparse ovunque, con manifestazioni in piazza, con un giornale quotidiano. Dopo lo scioglimento alcuni militanti di Lotta Continua sono entrati in formazioni clandestine. Io sono entrato in fabbrica.
Eva è la prima donna: la sua nudità porta alla libertà, cogliendo il frutto proibito.
La libertà è una conquista e inizia da una disobbedienza. Eva rappresenta la libertà scippata sollevandosi a cogliere il frutto della conoscenza, che non sarebbe caduto da solo. Adamo l’avrebbe lasciato sull’albero. Ci voleva lei a inaugurare la libertà che comporta conseguenze, tra le quali l’esilio. Da lettore letterale di quella storia non riconosco alcun peccato originale. È un derivato della teologia.
Lei si è dichiarato non credente, ma coglie il nucleo di ogni fede vera, laddove Rachele, una delle due moglie di Giacobbe, conclude: “Fui amata, amai, nient’altro conta”.
Non sono credente perché non posso fare il semplice gesto di rivolgermi con il tu alla divinità. Perciò la escludo dalla mia vita, ma non da quella degli altri. Ammetto che le persone di fede hanno un rapporto, una intimità, una conoscenza che io non ho. Resto un lettore assiduo di Scritture sacre nella lingua originale. Il sentimento amoroso al quale accennavo prima è il connotato nuovo del monoteismo. Nessuna divinità del variegato politeismo aveva chiesto tanto ai suoi. Nel Canto dei Canti si arriva a leggere che l’amore è forte come la morte. A questa incandescenza si espone la persona che ama. Siamo in un’epoca intiepidita nei sentimenti, incomparabile con il fervore travolgente di questi personaggi antichi. Rachele può ben concludere così la sintesi della sua vita.
Salomone fu un re di pace, ma Adonia, suo fratello maggiore, constata: “Il potere si fonda e si mantiene sul delitto”.
È la conclusione che gli spetta dopo aver tentato di impadronirsi del potere con il delitto e con l’usurpazione del trono di suo fratello. Salomone lo perdona una volta, non la seconda. Anche lui, re che ha procurato un lungo tempo di pace al popolo e alla terra, è passato per il fratricidio, anche se per legittima difesa. Per temperamento politico diffido dei poteri, da lettore di queste storie riconosco le buone ragioni della diffidenza.





