Foglietto 26 febbraio 2012 (Famiglie Visitazione)
1) In quel tempo (nel testo c’è: e subito) lo Spirito sospinse Gesù nel deserto: c’è continuità assoluta con
i vv precedenti, che narrano il Battesimo del Signore. Dunque lo stesso Spirito
che discese su Gesù durante il Battesimo sospinse
(lett: gettò fuori) Gesù nel deserto. Il verbo così deciso
e quell’avverbio “sùbito” esprimono la forza irresistibile della
volontà salvifica di Dio Padre che dopo l’investitura del Battesimo getta Gesù
dentro le contraddizioni della vicenda umana.
2) Nel deserto rimase quaranta giorni, tentato
da Satana: nei paralleli di Mt e Lc la tentazione si manifestò alla fine,
quando Gesù ebbe fame a seguito del digiuno. In Mc le tentazioni appaiono come
componenti ordinarie della vita di quei quaranta giorni. Gesù assume in pieno nella
sua carne il combattimento della vita di ogni uomo. Dice S. Agostino (Esposizione sui salmi, salmo 60): Cristo prese da te la sua carne, ma da sé la
tua salvezza, da te la morte, da sé la tua vita, da te l'umiliazione, da sé la
tua gloria, dunque prese da te la sua tentazione, da sé la tua vittoria. Il
numero quaranta richiama i quarant’anni di Israele nel deserto. Dopo essere stato
testimone di prodigi che Dio ha operato in Egitto, anche Israele venne spinto
nel deserto, tappa necessaria del suo cammino verso la terra promessa. Gli anni
nel deserto sono stati il tempo della prova, della caduta per tanti israeliti,
ma anche il tempo della vicinanza di Dio, della comunione con lui.
3) Stava con le bestie selvatiche e gli angeli
lo servivano: tutto il quadro è di grande pace e di vicinanza a Dio.
L’annotazione sulle bestie può essere interpretata non tanto come una vittoria
sulle bestie malvagie, quanto come una riconciliazione con le creature di Dio.
Il tutto sembra richiamare la predicazione profetica sui tempi messianici come
Os 2,16-20. Nel v 16 il profeta parla del deserto come luogo dell’incontro di
Dio con Israele: la condurrò nel deserto
e parlerò al suo cuore e al v 20 si dice: In quel tempo farò per loro un’alleanza con gli animali selvatici e gli
uccelli del cielo e i rettili del suolo; arco e spada e guerra eliminerò dal
paese, e li farò riposare tranquilli. La diaconia degli angeli è la
conferma che il Signore, anche se insidiato dai demoni, ha conservato la sua
pace, ha sperimentato la consolazione divina.
4) Il tempo è compiuto e il regno di Dio è
vicino: è dal deserto che parte la missione. La salvezza dell’uomo, il
tempo nuovo, non verrà dalle potenze del mondo, ma da Gesù con la forza che
viene dal contatto con Dio suo Padre.
5) Convertitevi e credete nel Vangelo: in
Gesù, la potenza salvifica di Dio si è fatta vicina agli uomini: ora c’è
l’invito ad abbandonare le strade già battute dell’idolatria, della fiducia in
persone o cose che non possono salvare e a credere, ad affidarsi al Vangelo.
Genesi 9,8-15
1) A motivo
della malvagità degli uomini Dio aveva mandato le acque del diluvio che avevano
fatto perire ogni essere vivente che si
muove sulla terra (cfr. Gen 7,21). Il Nuovo Testamento riprende il diluvio
come figura del Battesimo: Dio, nella sua
magnanimità, pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l'arca, nella
quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell'acqua. Quest'acqua,
come immagine del battesimo, ora salva anche voi. (1Pt 3 20b-21a).
Dalle acque del Battesimo ogni cristiano emerge come Uomo nuovo.
2) La ripresa
della vita dopo il diluvio è l’inizio di una creazione nuova. Impressiona la
grande sproporzione tra Dio da una parte e questa piccola comunità di 8
persone, le uniche sopravvissute sulla faccia della terra. Cfr. I cieli sono i cieli del Signore, ma la
terra l’ha data ai figli dell’uomo (Sal 115,16).
3) Dio disse a Noè e ai suoi figli con lui …:
il brano è un discorso che Dio fa a Noè e ai suoi figli. Nella prima parte (vv
9-11) Dio manifesta la sua volontà di stabilire un’alleanza.
4) … la mia alleanza con voi e con i vostri
discendenti dopo di voi, con ogni essere vivente che è con voi,…: l’alleanza
sarà con l’umanità intera e con ogni vivente, con la promessa di non mandare
più le acque del diluvio. Nessun essere vivente è escluso (cfr. alla fine del
Vangelo di Marco il mandato dato da Gesù agli apostoli: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura»
(Mc 16,15).
5) Non sarà più distrutta alcuna carne dalle
acque del diluvio, né il diluvio devasterà più la terra: queste parole sono molto forti,
commoventi e struggenti perché usate da Dio quando confermerà il suo immenso
amore per Gerusalemme, sposa del Signore: «Ora è per me come ai giorni di Noè, quando giurai
che non avrei più riversato le acque di Noè sulla terra; così ora giuro di
non più adirarmi con te [Gerusalemme] e di non più minacciarti» (Is 54,9).
6) Questo è il segno
dell'alleanza»: l’“alleanza” occupa un posto centrale nei racconti della
cena e quindi nelle preghiere eucaristiche che ascoltiamo dire dal sacerdote
ogni volta che celebriamo la Santa Messa. Facendo attenzione possiamo
constatare che la parola “alleanza” viene pronunciata dal sacerdote solo sul
calice (il sangue del Signore) e non sul pane. Il sangue versato sul legno
della croce, è simboleggiato dall’acqua del diluvio e dal legno
dell’arco. Del legame tra acqua e sangue parla Giovanni: Egli è colui che è venuto con acqua e
sangue, Gesù Cristo; non con l'acqua soltanto, ma con l'acqua e con il sangue.
Ed è lo Spirito che dà testimonianza, perché lo Spirito è la verità (1Gv
5,6).
7) Pongo il mio arco sulle nubi, perché sia il
segno dell'alleanza tra me e la terra: la funzione dell’arco posto
«orizzontalmente» sulle nubi è solo quella di ricordare a Dio la sua promessa,
fatta del tutto unilateralmente. La Croce invece, infissa “verticalmente”
nella terra e rivolta al cielo non è un semplice ricordo al Padre ma
essa stessa porta appeso il frutto della Vita: Gesù Cristo. Chi si ciba di
questo frutto ha la vita eterna e noi lo riceviamo nella Messa nella quale noi
celebriamo non la semplice “memoria” del sacrificio del Signore ma il suo “memoriale”.
Cioè il sacrificio del Signore, avvenuto una volta per sempre, è reso
presente “realmente” e noi possiamo cibarcene nel suo Corpo e nel suo
Sangue.
1Pietro 3,18-22
1) Fratelli, anche Cristo è morto una volta per
sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti,per ricondurvi a Dio; messo a
morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito: la morte di Gesù viene
ricordata nella lettera per dare coraggio ai fedeli dispersi nel Ponto, nella
Galazia, nella Cappadocia, nell'Asia,e nella Bitinia. Nelle sofferenze che
patiscono sono invitati a non rendere male per male, ad essere umili,
misericordiosi e comprensivi. E chi potrà farvi del male, se sarete ferventi
nel bene? Se poi dovete soffrire per la giustizia, beati voi! Non sgomentatevi
per paura di loro e non turbatevi, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri
cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza
che è in voi (1Pt3,13ss).
2) E nello spirito andò a portare l’annuncio
anche alle anime prigioniere, che un tempo avevano rifiutato di credere: le
parole che seguono ci dicono che queste anime prigioniere sono quelle di tutti
coloro che al tempo di Noè avevano rifiutato di credere alla sua predicazione,
e che sono state punite col diluvio: immagine e simbolo di tutta l’umanità: ora
anche loro, insieme a tutte le altre anime, ricevono l’annuncio Pasquale. Il
Vangelo di Matteo allude a questa visita del Cristo agli inferi: i sepolcri
si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono (Mt27,52).
3) Quest’acqua, come immagine del battesimo, ora
salva anche voi: il diluvio
diventa come l’acqua del fonte battesimale: uccide il peccato e fa risorgere a
vita nuova.
4) Egli è alla destra di Dio, dopo essere salito
al cielo e avere ottenuto la sovranità sugli angeli, i Principati e le potenze: la vulgata latina di S.Girolamo
aggiunge: accettando la morte affinché diventassimo eredi della vita eterna.
Gesù pur nella gloria dei cieli, continua ad accettare la morte e a patire
sofferenza, nella carne dei troppi che subiscono ingiustizie.
SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE
Mi sembra molto preziosa la “presenza” del patto con Noè,
presente in tutte le Scritture di questa domenica: esplicitamente nella prima e
nella seconda lettura. Presente anche nel brano evangelico con l’accenno alle
“bestie selvatiche” che ci portano all’arca e alla “nuova creazione” che esce
dal diluvio. È molto importante che questa “alleanza” sia un evento che
coinvolge tutta la creazione e tutta la storia, con parole che riprendono
quelle della prima creazione, e che dunque riguardano e si rivolgono all’intera
umanità! Questo dato fondamentale afferma che per la fede ebraico-cristiana vi
è un cammino comune per tutta l’umanità, cammino che la comunità credente è
chiamata ad “anticipare” e a testimoniare. Tale è dunque la fine e il fine di
tutta la storia. Con molta prudenza si potrebbe anche cogliere un’ipotesi di
risposta alla domanda “tremenda” circa quello che io chiamo “il mistero del
Male”, di cui nulla si dice per la sua origine, il suo significato… il suo
“perché?”. Si potrebbe azzardare di dire che questo “scontro” negativo con il
Male vuole portare l’intera umanità alla consapevolezza che “da soli non si
può”, e che il fine di tutto è l’Amore, quello che il credente conosce nella
fede, e nella vita secondo la fede. Però personalmente sento il “male” troppo
grande e troppo grave per pensarlo semplicemente come una “via verso il bene”.
Lasciando da parte questo problema troppo complesso e
forse insolubile, prendiamo atto oggi in modo forte che Dio entra in ogni modo
nella creazione e nella storia condividendo con l’umanità il problema del male,
concretamente presente nella figura del Satana tentatore. La vita è esposta al
male, e aggredita dal male. È significativo per questo che, come ben commenta
il nostro “foglietto”, mentre nelle memorie evangeliche di Matteo e di Luca
(Giovanni non ha questa memoria!) la tentazione è un “episodio” che avviene
alla fine dei quaranta giorni, qui la tentazione del Satana è presente per
tutto il tempo dei quaranta giorni. E siccome i “quaranta” sono simbolo dell’intera
esistenza umana, che va dalla liberazione dall’Egitto –ma oggi potremmo dire
anche “dall’uscita dall’arca di Noè” che oggi Pietro dice essere figura del
battesimo– fino all’arrivo alla Terra Promessa, che oggi noi guardiamo come la
Casa del Padre, la tentazione del Satana accompagna l’intera esistenza umana
che Dio viene ad assumere in Gesù. Dunque le tentazioni del Vangelo di Marco
sono immagine e “icona” dell’esistenza umana che Gesù vive con noi e per noi.
Le “bestie selvatiche” sono dunque tutti gli elementi di
tutta la creazione e di tutta la storia: con le “bestie selvatiche” Gesù “sta”,
con la stessa fedeltà e radicalità con le quali “rimane nel deserto” per tutti
i quaranta giorni. Il “Vangelo di Dio” di cui ancora ci parla il testo di Marco
è dunque la Buona Notizia: Dio vive con noi, tra noi e in noi! Gesù è “Dio con
noi”! La sapienza di questa domenica è allora quella che ci insegna come “stare
al mondo”! Dice che stiamo “nel deserto”, e dunque in una condizione di radicale
povertà –perché tutti siamo poveri!– e che questo “deserto” conosce la potenza
dell’essere amati, e quindi soccorsi e salvati! Dunque un’esistenza che “non
basta a se stessa”, ma vive del bene che si riceve dall’Altro e dagli altri. E
questo, sempre! Per tutti i quaranta giorni. E quindi non ricevere e non dare
l’amore è vivere sotto il regime di Satana, una parola che, come il termine
“diavolo”, dice un’esistenza sotto accusa e condannata alla divisione, alla
miseria della solitudine. Per questo, “gli angeli” che ci servono sono tutti
coloro che ci vogliono bene e ci soccorrono. Per la fede, sono tutti mandati da
quel Mistero dell’Amore che ci ama!
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