La Bibbia nella vita della Chiesa
«La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il corpo stesso del Signore, non mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane di vita dalla mensa sia della parola di Dio sia del corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli» (Dei Verbum, 21). È la solenne affermazione del Concilio Vaticano II: proclamazione di una esperienza sempre viva, professione di fede, riaffermazione di un compito e di un impegno.
«Dio parla al suo popolo e Cristo annunzia ancora il Vangelo», ricorda lo stesso Concilio (Sacrosanctum Concilium, 33). Ma a trent'anni della promulgazione della Costituzione dogmatica sulla divina Rivelazione Dei Verbum (18 novembre 1965), risuona con forza l'interpellanza di Paolo VI: «Che ne è oggi di questa ernergia nascosta della Buona Novella, capace di colpire profondamernte la coscienza dell'uomo?» (Evangelii nuntiandi, 4).
Giovanni Paolo II dischiude l'orizzonte della “nuova evangelizzazione” e sospinge verso il terzo millennio auspicando che i cristiani «tornino con rinnovato interesse alla Bibbia» (Tertio millennio adveniente, 40), giacché è sempre la parola di Dio «il criterio della evangelizzazione, della vita personale ed ecclesiale, dell'ecumenismo» (Angelus, 5.11.1995). Del resto i due discepoli, nell'esperienza del loro emblematico cammino da Gerusalemme ad Emmaus, proprio nella spiegazione delle Scritture ritrovarono il calore del cuore, riscoprirono le ragioni della speranza, furono avvolti dalla gioia dell'incontro (cf. Lc 24,13-35).