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Foglietto 32^ domenica del T.O. (Fam. Visitazione)

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Matteo 25,1-13
1) Il regno dei cieli: il tema delle ultime domeniche dell’anno liturgico è quello della venuta del Signore. Il regno dei cieli nella sua prospettiva finale illumina il presente della vita dei discepoli di Gesù nel senso dell’attesa vigile e amorosa.
2) Sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo: le protagoniste femminili evocano la chiesa, ma anche ogni discepolo del Signore. (cfr. 2Cor 11,2: vi ho promessi infatti a un unico sposo, per presentarvi a Cristo come vergine casta). Ci si prepara ad una festa di nozze e lo sposo è il Signore Gesù.
3) Le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio: tutte hanno ricevuto la lampada in preparazione della festa, ma le stolte non hanno la scorta di olio, a differenza delle sagge. C’è un possibile riferimento al sacramento del Battesimo: tutte le dieci vergini hanno ricevuto lo stesso dono iniziale, diverso è il modo di custodirlo.
4) Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono: è difficile non pensare al Cantico dei Cantici, tutto incentrato sull’attesa dello sposo. C’è sicuramente un collegamento al problema del ritardo della Parusia ai tempi delle prime comunità cristiane. L’attesa della venuta del Signore diventa una caratteristica stabile della vita cristiana, che deve fare i conti con la presenza nascosta e misteriosa dello Sposo, che sembra quasi un’assenza. Il sonno di tutte le dieci vergini appare in contraddizione con il versetto finale del testo (Vegliate dunque…), ma in questo contesto, in accordo con Ct 5,2 (mi sono addormentata, ma veglia il mio cuore), sembra semplicemente rimandare alla quiete della vita ordinaria, comune a tutte le vergini e segnata dal “vuoto”, dallo sposo che non c’è e che alcune aspettano.
5) A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”: è notte inoltrata, tutti dormono, ma arriva il grido che annuncia lo sposo. Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza (2Cor 6,2).

6) Dateci un po’ del vostro olio… no, perché non venga a mancare a noi e a voi: perché questa risposta? Evidentemente questo olio non si può condividere. Ci sono tante ipotesi su che cosa rappresenti questo olio: la fede, lo Spirito Santo, l’amore… tutte cose comunque che attengono all’intimo della vita di ciascuno. Quindi c’è una chiamata comune, un cammino comune, ma la risposta al dono di Dio è prima di tutto personale.
7) Andate piuttosto dai venditori e compratevene: è singolare questo rinvio ai venditori. Può essere utile il commento di S. Giovanni Crisostomo, secondo cui l’olio è l’elemosina: “E chi sono i venditori? I poveri. E dove sono costoro? Qui, in terra; e nel tempo presente si deve cercare l’olio, non dopo la morte… perché ci sia utile quando il tempo ci chiamerà all’altra vita”.
8) In verità io vi dico: non vi conosco: le vergini stolte assomigliano all’invitato a nozze senza l’abito nuziale di Mt 22. L’invito a nozze è stato un dono immenso, ma loro lo hanno disprezzato.

Sapienza 6,12-16
1) Il brano proposto per questa domenica fa parte dell’elogio della sapienza (Sap cc 6-9) messo sulla bocca di Salomone e che dice della Sapienza come di una donna, di una sposa ideale, accanto alla quale è desiderabile vivere: questa ho amato e ricercato fin dalla giovinezza, mi sono innamorato della sua bellezza (Sap 8,2).
2) La sapienza è splendida e non sfiorisce (lett.: non marcisce): la sapienza splende, fa luce, illumina il cammino di ogni uomo e guida i suoi passi all’incontro col Signore: alla tua luce vediamo la luce (Sal 36,6). Non marcisce: è perenne, incorruttibile. Questo termine ricorre anche in 1Pt, 3-4 : sia Benedetto Dio che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati… per una eredità che non marcisce.
3) Si lascia vedere da coloro che la amano e si lascia trovare da quelli che la cercano: il modo ed i mezzi per l’incontro con la sapienza sono l’amore e la ricerca. Non sono richieste particolari doti o capacità di intelletto ma una relazione profonda come quella sponsale. La sapienza è figura dell’Amato che suscita l’amore della sposa: ho cercato l’amore dell’anima mia… trovai l’amore dell’anima mia… e non lo lascerò (Ct 3,1-4). In Ger 29,13 è Dio stesso che dice: mi cercherete e mi troverete perché mi cercherete con tutto il cuore, mi lascerò trovare da voi.
4) Nel farsi trovare previene coloro che la desiderano: la regola di S. Benedetto esorta a chiedere la sapienza prima di ogni azione o progetto. La preghiera “lume celeste” esprime molto bene la richiesta di essere prevenuti dalla luce dello Spirito e di poterla accogliere: “col lume celeste, Signore, previenici sempre e dovunque, affinché contempliamo con sguardo puro ed accogliamo con degno affetto il mistero di cui Tu ci hai voluto partecipi” (Postcom. Nella festa dell’Epifania).
5) Chi si alza di buon mattino non si affaticherà, la troverà seduta alla sua porta… lei stessa va in cerca di quelli che sono degni di lei: non si è “degni” per meriti propri ma perché si é trovati “vigilanti” e pronti all’incontro, con la lampada accesa dell’amore e del desiderio (sete) di Dio: o Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco (Sal 62,2). Di te ha sete l’anima mia, al mattino dentro di me il mio spirito ti cerca (Is 26,9). A te Signore rivolgo la mia preghiera, al mattino ascolta la mia voce, al mattino ti espongo la mia richiesta e resto in attesa… poiché: chi veglia a causa sua sarà presto senza affanni (v 15).

1Tessalonicesi 4,13-18
1) Non vogliamo fratelli: Paolo scrivendo queste parole del capitolo 4 ai Tessalonicesi, vuole che vivano una vita buona, pervasi dallo Spirito che hanno ricevuto. Li esorta, infatti, a fare tutto il possibile per vivere in pace (1Ts 4,11). In questo contesto si inserisce il discorso riguardo a coloro “che dormono”. Paolo non vuole che i suoi vivano nella tristezza e nell’incertezza come chi non ha speranza. Anche nel Deuteronomio viene indicato un comportamento da tenere di fronte alla morte diverso da quello dei pagani: voi siete figli, per il Signore vostro Dio: non vi farete incisioni e non vi raderete tra gli occhi per un morto (Dt 14,1). Il dolore per la separazione non può essere disperato, né il terrore della morte può venire esorcizzato attraverso riti di idolatria. Con molta semplicità Paolo dice che: Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti (1Cor 15,20). La morte è una realtà. Nessun vivente la può evitare. Gesù stesso l’ha subita e, primo tra tutti i morti, è stato resuscitato.
2) Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto: importante è quindi la comunione con Gesù e tra di noi che la morte non può spezzare: convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, resusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a Lui, insieme con voi (2Cor 4,14).
3) Sulla Parola del Signore vi diciamo questo: la Parola di Dio si è fatta carne ed è Gesù. Proprio perché ha avuto un corpo, ha potuto condividere con noi anche la morte.
4) Noi che viviamo: anche il nostro corpo sarà reso diverso; come il chicco che muore non rinasce chicco, ma spiga: è necessario che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità (1Cor 15,53). Questo deve avvenire a tutti, in qualunque momento vengano chiamati alla vita nuova: ai suoi occhi mille anni sono come il giorno di ieri che è passato (Sal 89,4). Non conta il tempo della separazione, ma l’importante è essere stati fatti simili a Gesù e condividere la sua vita.
5) Saremo rapiti: mentre essi lo guardavano fu elevato in alto e una nube sottrasse Gesù ai loro occhi (At 1,9). Solo per un poco, la nube dalla quale saremo avvolti, ci toglierà dalla vista di chi rimane a guardare, ma poi per sempre saremo insieme, con Gesù e tra noi, e questo è motivo di grande forza che possiamo darci gli uni gli altri.



SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

“Dall’aurora io ti cerco, ha sete di te l’anima mia, desidera te la mia carne in terra arida, assetata, senz’acqua…”. Le Parole del Salmo 62(63) che oggi la liturgia celebra come Salmo responsoriale, mi sembra esprima efficacemente la linea sapienziale che caratterizza la Parola di questa domenica. Contro il pericolo di ridurre il Vangelo ad un elenco di norme, e la vita del credente all’osservanza di regole e leggi, la sapienza ebraico-cristiana la descrive come una grande vicenda d’amore capace di sperare e di operare fin oltre la morte. L’enfasi offerta dall’immagine delle vergini della parabola evangelica che non solo attendono lo Sposo, ma addirittura gli vanno incontro, non vuole riconsegnarci all’ipotesi di una “conquista” di Dio, che sarebbe evocazione del peccato originale, ma vuole confermare e illuminare quello che già ascoltiamo dal Libro della Sapienza quando afferma che la sapienza “si lascia vedere da coloro che la amano e si lascia trovare da quelli che la cercano”. La “ricerca” dello Sposo è espressione dell’esuberanza dell’Amore. Ben sapendo che Egli ci ama, ci desidera e ci viene incontro, noi stessi lo desideriamo e lo cerchiamo. Abbiamo sete di Lui! Lo cerchiamo in tutta l’ampiezza della sua Parola, e lo cerchiamo nelle vicende della nostra storia: sia quella di ciascuno, sia quella del cammino di tutti i popoli.
Così mi sembra si debba interpretare il ritardo dello Sposo e l’assopirsi delle vergini: il “ritardo” del Signore è dovuto al suo desiderio che nessuno si perda e che tutti abbiano modo di pentirsi, come ascoltiamo dalla Seconda Lettera di Pietro; l’assopirsi e il dormire delle vergini è il segno della serena certezza che Il Signore nutre e sostiene i suoi figli anche nel sonno, e che dunque dobbiamo essere quieti e sereni “come un bimbo svezzato in braccio a sua madre” (Sal 130(131).). Le vergini stolte sono il segno amaro di una lampada senza olio, molto vicino, come si dice nel commento di oggi, alla condizione di chi entrava nella sala delle nozze senza l’abito nuziale. Una condizione e un atteggiamento che non si confrontano con il mistero della storia, nella presunzione di avere già tutto quello che occorre. Invece, in questo cammino verso lo Sposo, si è sempre poveri, sempre inadeguati, sempre in ricerca. Questo è l’olio della lampada della nostra vita! Una ricerca che non è ansia e preoccupazione, ma esuberanza del desiderio: innamoramento! E speranza! Una speranza che non ci abbandona neppure davanti alla morte. Fino alla morte lo cercheremo. Da Lui abbiamo saputo che non dobbiamo essere “tristi”, come ci dice oggi Paolo scrivendo ai cristiani di Tessalonica, perché Gesù è morto e risorto, e Dio ci radunerà con Lui.

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