Foglietto 32^ domenica del T.O. (Fam. Visitazione)
1) Il regno dei cieli: il tema delle
ultime domeniche dell’anno liturgico è quello della venuta del Signore. Il
regno dei cieli nella sua prospettiva finale illumina il presente della vita
dei discepoli di Gesù nel senso dell’attesa vigile e amorosa.
2) Sarà simile a dieci vergini che presero le
loro lampade e uscirono incontro allo sposo: le protagoniste femminili
evocano la chiesa, ma anche ogni discepolo del Signore. (cfr. 2Cor 11,2: vi ho promessi infatti a un unico sposo,
per presentarvi a Cristo come vergine casta). Ci si prepara ad una festa di
nozze e lo sposo è il Signore Gesù.
3) Le stolte presero le loro lampade, ma non
presero con sé l’olio: tutte hanno ricevuto la lampada in preparazione
della festa, ma le stolte non hanno la scorta di olio, a differenza delle
sagge. C’è un possibile riferimento al sacramento del Battesimo: tutte le dieci
vergini hanno ricevuto lo stesso dono iniziale, diverso è il modo di
custodirlo.
4) Poiché lo sposo tardava, si assopirono
tutte e si addormentarono: è difficile non pensare al Cantico dei Cantici,
tutto incentrato sull’attesa dello sposo. C’è sicuramente un collegamento al
problema del ritardo della Parusia ai tempi delle prime comunità cristiane.
L’attesa della venuta del Signore diventa una caratteristica stabile della vita
cristiana, che deve fare i conti con la presenza nascosta e misteriosa dello
Sposo, che sembra quasi un’assenza. Il sonno di tutte le dieci vergini appare
in contraddizione con il versetto finale del testo (Vegliate dunque…), ma in questo contesto, in accordo con Ct 5,2 (mi sono addormentata, ma veglia il mio cuore), sembra semplicemente rimandare alla
quiete della vita ordinaria, comune a tutte le vergini e segnata dal “vuoto”,
dallo sposo che non c’è e che alcune aspettano.
5) A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo
sposo! Andategli incontro!”: è notte inoltrata, tutti dormono, ma arriva il
grido che annuncia lo sposo. Ecco ora il
momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza (2Cor 6,2).
6) Dateci un po’ del vostro olio… no, perché
non venga a mancare a noi e a voi: perché questa risposta? Evidentemente
questo olio non si può condividere. Ci sono tante ipotesi su che cosa
rappresenti questo olio: la fede, lo Spirito Santo, l’amore… tutte cose
comunque che attengono all’intimo della vita di ciascuno. Quindi c’è una
chiamata comune, un cammino comune, ma la risposta al dono di Dio è prima di
tutto personale.
7) Andate piuttosto dai venditori e
compratevene: è singolare questo rinvio ai venditori. Può essere utile il
commento di S. Giovanni Crisostomo, secondo cui l’olio è l’elemosina: “E chi sono i venditori? I poveri. E dove
sono costoro? Qui, in terra; e nel tempo presente si deve cercare l’olio, non
dopo la morte… perché ci sia utile quando il tempo ci chiamerà all’altra vita”.
8) In verità io vi dico: non vi conosco:
le vergini stolte assomigliano all’invitato a nozze senza l’abito nuziale di Mt
22. L’invito a nozze è stato un dono immenso, ma loro lo hanno disprezzato.
Sapienza 6,12-16
1) Il brano
proposto per questa domenica fa parte dell’elogio della sapienza (Sap cc 6-9)
messo sulla bocca di Salomone e che dice della Sapienza come di una donna, di
una sposa ideale, accanto alla quale è desiderabile vivere: questa ho amato e ricercato fin dalla
giovinezza, mi sono innamorato della sua bellezza (Sap 8,2).
2) La
sapienza è splendida e non sfiorisce
(lett.: non marcisce): la
sapienza splende, fa luce, illumina il cammino di ogni uomo e guida i suoi
passi all’incontro col Signore: alla tua luce vediamo la luce (Sal
36,6). Non marcisce: è perenne, incorruttibile. Questo termine ricorre
anche in 1Pt, 3-4 : sia Benedetto Dio che nella sua grande misericordia ci
ha rigenerati… per una eredità che non marcisce.
3) Si lascia
vedere da coloro che la amano e si lascia trovare da quelli che la cercano:
il modo ed i mezzi per l’incontro con la sapienza sono l’amore e la ricerca.
Non sono richieste particolari doti o capacità di intelletto ma una relazione
profonda come quella sponsale. La sapienza è figura dell’Amato che suscita
l’amore della sposa: ho cercato l’amore dell’anima mia… trovai l’amore
dell’anima mia… e non lo lascerò (Ct 3,1-4). In Ger 29,13 è Dio stesso che
dice: mi cercherete e mi troverete perché mi cercherete con tutto il cuore,
mi lascerò trovare da voi.
4) Nel farsi
trovare previene coloro che la desiderano: la regola di S. Benedetto esorta
a chiedere la sapienza prima di ogni azione o progetto. La preghiera “lume
celeste” esprime molto bene la richiesta di essere prevenuti dalla luce dello
Spirito e di poterla accogliere: “col lume celeste, Signore, previenici sempre
e dovunque, affinché contempliamo con sguardo puro ed accogliamo con degno
affetto il mistero di cui Tu ci hai voluto partecipi” (Postcom. Nella festa
dell’Epifania).
5) Chi si
alza di buon mattino non si affaticherà, la troverà seduta alla sua porta… lei stessa va in cerca di quelli che sono
degni di lei: non si è “degni” per meriti propri ma perché si é trovati
“vigilanti” e pronti all’incontro, con la lampada accesa dell’amore e del
desiderio (sete) di Dio: o Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco
(Sal 62,2). Di te ha sete l’anima mia, al mattino dentro di me il mio
spirito ti cerca (Is 26,9). A te Signore rivolgo la mia preghiera,
al mattino ascolta la mia voce, al mattino ti espongo la mia richiesta e resto
in attesa… poiché: chi veglia a causa sua
sarà presto senza affanni (v 15).
1Tessalonicesi 4,13-18
1) Non vogliamo fratelli: Paolo scrivendo
queste parole del capitolo 4 ai Tessalonicesi, vuole che vivano una vita buona,
pervasi dallo Spirito che hanno ricevuto. Li esorta, infatti, a fare tutto
il possibile per vivere in pace (1Ts 4,11). In questo contesto si inserisce
il discorso riguardo a coloro “che dormono”. Paolo non vuole che i suoi vivano
nella tristezza e nell’incertezza come chi non ha speranza. Anche nel
Deuteronomio viene indicato un comportamento da tenere di fronte alla morte
diverso da quello dei pagani: voi siete figli, per il Signore vostro Dio:
non vi farete incisioni e non vi raderete tra gli occhi per un morto (Dt
14,1). Il dolore per la separazione non può essere disperato, né il terrore
della morte può venire esorcizzato attraverso riti di idolatria. Con molta
semplicità Paolo dice che: Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro
che sono morti (1Cor 15,20). La morte è una realtà. Nessun vivente la può
evitare. Gesù stesso l’ha subita e, primo tra tutti i morti, è stato
resuscitato.
2) Se infatti crediamo che Gesù è morto e
risorto: importante è
quindi la comunione con Gesù e tra di noi che la morte non può spezzare:
convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, resusciterà anche noi
con Gesù e ci porrà accanto a Lui, insieme con voi (2Cor 4,14).
3) Sulla Parola del Signore vi diciamo questo:
la Parola di Dio si è fatta carne ed è Gesù. Proprio perché ha avuto un corpo,
ha potuto condividere con noi anche la morte.
4) Noi che viviamo: anche il nostro corpo sarà reso diverso; come il chicco che
muore non rinasce chicco, ma spiga: è necessario che questo corpo corruttibile
si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità
(1Cor 15,53). Questo deve avvenire a tutti, in qualunque momento vengano
chiamati alla vita nuova: ai suoi occhi mille anni sono come il giorno di
ieri che è passato (Sal 89,4). Non conta il tempo della separazione, ma
l’importante è essere stati fatti simili a Gesù e condividere la sua vita.
5) Saremo rapiti: mentre essi lo guardavano fu elevato in alto e una nube sottrasse
Gesù ai loro occhi (At 1,9). Solo per un poco, la nube dalla quale
saremo avvolti, ci toglierà dalla vista di chi rimane a guardare, ma poi per
sempre saremo insieme, con Gesù e tra noi, e questo è motivo di grande forza
che possiamo darci gli uni gli altri.
SPIGOLATURE
ANTROPOLOGICHE
“Dall’aurora io ti cerco, ha sete di te l’anima mia,
desidera te la mia carne in terra arida, assetata, senz’acqua…”. Le Parole del
Salmo 62(63) che oggi la liturgia celebra come Salmo responsoriale, mi sembra
esprima efficacemente la linea sapienziale che caratterizza la Parola di questa
domenica. Contro il pericolo di ridurre il Vangelo ad un elenco di norme, e la
vita del credente all’osservanza di regole e leggi, la sapienza
ebraico-cristiana la descrive come una grande vicenda d’amore capace di sperare
e di operare fin oltre la morte. L’enfasi offerta dall’immagine delle vergini
della parabola evangelica che non solo attendono lo Sposo, ma addirittura gli
vanno incontro, non vuole riconsegnarci all’ipotesi di una “conquista” di Dio,
che sarebbe evocazione del peccato originale, ma vuole confermare e illuminare
quello che già ascoltiamo dal Libro della Sapienza quando afferma che la
sapienza “si lascia vedere da coloro che la amano e si lascia trovare da quelli
che la cercano”. La “ricerca” dello Sposo è espressione dell’esuberanza
dell’Amore. Ben sapendo che Egli ci ama, ci desidera e ci viene incontro, noi
stessi lo desideriamo e lo cerchiamo. Abbiamo sete di Lui! Lo cerchiamo in
tutta l’ampiezza della sua Parola, e lo cerchiamo nelle vicende della nostra
storia: sia quella di ciascuno, sia quella del cammino di tutti i popoli.
Così mi sembra si debba interpretare il ritardo dello
Sposo e l’assopirsi delle vergini: il “ritardo” del Signore è dovuto al suo
desiderio che nessuno si perda e che tutti abbiano modo di pentirsi, come
ascoltiamo dalla Seconda Lettera di Pietro; l’assopirsi e il dormire delle
vergini è il segno della serena certezza che Il Signore nutre e sostiene i suoi
figli anche nel sonno, e che dunque dobbiamo essere quieti e sereni “come un
bimbo svezzato in braccio a sua madre” (Sal 130(131).). Le vergini stolte sono
il segno amaro di una lampada senza olio, molto vicino, come si dice nel commento
di oggi, alla condizione di chi entrava nella sala delle nozze senza l’abito
nuziale. Una condizione e un atteggiamento che non si confrontano con il
mistero della storia, nella presunzione di avere già tutto quello che occorre.
Invece, in questo cammino verso lo Sposo, si è sempre poveri, sempre
inadeguati, sempre in ricerca. Questo è l’olio della lampada della nostra vita!
Una ricerca che non è ansia e preoccupazione, ma esuberanza del desiderio:
innamoramento! E speranza! Una speranza che non ci abbandona neppure davanti
alla morte. Fino alla morte lo cercheremo. Da Lui abbiamo saputo che non
dobbiamo essere “tristi”, come ci dice oggi Paolo scrivendo ai cristiani di
Tessalonica, perché Gesù è morto e risorto, e Dio ci radunerà con Lui.