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La parola della domenica 20 Novembre 2011 (Casati)

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Ez 34, 11-12. 15-17 Sal 22
1Cor 15, 20-26.28
Mt 25, 31-46

Siamo come al termine di un pellegrinaggio. Domenica è Avvento e ricomincia il cammino e forse solo i sonnolenti penseranno che è un'abitudine. In un monastero -quello di Bose- ho letto questa scritta: "Jam gallus fervidas canat et somnolentos increpat, iudicium Dei nunciat". "Canta ormai il gallo entusiasta, rimprovera i sonnolenti, annuncia il giudizio di Dio".
E siccome io mi reputo -e, credetemi, non faccio per dire- un sonnolento, uno che corre il rischio di assopirsi, ben venga l'Avvento e che il gallo canti e ci desti dal sonno. Voi capite allora come questa domenica, domenica di Cristo Re, faccia da cerniera: è al termine di un cammino, ma già prelude l'Avvento. È scritto nel Vangelo: "Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria...". E il verbo è al futuro: "verrà nella sua gloria", non "viene oggi" il Signore nella sua gloria. La sua gloria oggi è nascosta. Per il regno di Dio -e bisognerà dirlo con forza contro ogni esaltazione fanatica- per il regno di Dio oggi sulla terra, questo non è tempo di manifestazioni gloriose, è tempo di una gloria nascosta. Gesù non lo vedi. La sua gloria non la vedi. Il Vangelo di Matteo ci ricorda però dove si nasconde il Signore, oggi, dove oggi si cela la sua gloria: nel fratello e nella sorella in difficoltà. E se tu non lo riconosci lì, se tu non ti inginocchi lì, non hai riconosciuto la presenza di Dio, forse non l'unica presenza, ma certo la più concreta, quella cui Dio sembra tenere di più, quella su cui tu sarai giudicato. Se non ti inginocchi lì, non avrai venerato la sua gloria, anche se avrai fatto tutte le genuflessioni di questo mondo. È sorprendente in un certo senso pensare come il cammino della fede e della chiesa della Sacra Liturgia conduca qui, conduca all'uomo, alla donna... e come Dio quasi si cancelli e ti dica che conta l'uomo, conta la donna. È sorprendente perché nel nostro immaginario rimane l'idea di un Dio che pensa alla sua gloria, ai suoi palazzi, dall'alto della sua separatezza. Ma se pensiamo e se parliamo di Dio in questi termini, diamo di lui una ben triste e penosa immagine. La vera immagine di Dio c'è stata raccontata oggi nel brano di Ezechiele, brano che trasuda, da tutti i pori, tenerezza e commozione, solo che tu metta al posto di quel nome "le pecore", come è legittimo, il tuo nome, il tuo volto. Un pastore che conduce, ma fa anche riposare, che mi viene a cercare fino all'ultima spiaggia dei miei smarrimenti, fascia le ferite, cura e si prende cura. Questo è Dio. E quale la sua volontà? Che cosa vuole Dio da noi? Ho trovato scritto in una nicchia del monastero, accanto alla figura di S. Pacomio: "La volontà di Dio è che tu serva gli uomini, tuoi fratelli". Prenditi cura. Non ti viene chiesto di operare guarigioni. Per pochi malati che ha guarito, pensate quanti malati al suo tempo Gesù non ha guarito, quanti ciechi, quanti lebbrosi, quanti storpi. Ma si è preso cura di loro. Oggi viene spontaneo pensare alle nostre case, là dove in silenzio si cura un malato, si sostiene un anziano, si dà speranza a un handicappato, a prezzo a volte di fatiche inenarrabili. E Gesù dice: "Benedetti del Padre mio". C'è una benedizione reale anche nelle case, una benedizione diretta, che non ha bisogno di essere mediata dai preti... "Venite benedetti", è scritto nel Vangelo; in ebraico il termine che dice "benedizione" "barakh" è molto vicino al termine che dice "ginocchio" "berek". Vorrei forzare la vicinanza dicendo: benedetto perché ti sei messo in ginocchio, perché hai servito, perché ti sei preso cura dell'altro. E l'altro non è un fantasma, la nostra giornata è fatta di incontri da mattina a sera, forse anche la notte, con l'altro. Prenditi cura. Non ti sono chiesti miracoli. Prenditi cura, perché Dio è celato nell'altro. Secondo un commento rabbinico la "Shekhinah" (la presenza di Dio) si libra sopra il letto del malato, cosicché colui che visita il malato non deve sedersi sul letto o su una sedia su una panca, ma si deve coprire il capo e sedersi per terra, poiché la Shekhinah si libra su quel letto. (b. Nedarim, 40 a)

Fonte: sullasoglia
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