Gianfranco Ravasi Chi era veramente san Luca
Una tradizione leggendaria l’ha voluto pittore e a lui sono state attribuite alcune delle "Madonne nere" venerate in famosi santuari mariani. In realtà, se vogliamo cercare un’altra, vera, professione di Luca prima di divenire evangelista, dobbiamo rifarci a una nota della Lettera di Paolo ai Colossesi: «Vi salutano Luca, il caro medico, e Dema» (4,14). Luca, dunque, esercitava la professione medica prima di avviarsi sulle strade dell’annunzio cristiano al seguito di Paolo. La sua presenza fa capolino in altri due scritti paolini. Nel biglietto dell’Apostolo a Filemone, Luca è definito «collaboratore» di Paolo (v. 24) e nella Seconda Lettera a Timoteo appare un elogio implicito quando Paolo afferma che «solo Luca è con me» (4, 11).
Medico, dunque, ma soprattutto evangelista, sia collaborando alla missione evangelizzatrice di Paolo sia componendo il suo Vangelo, il più lungo dei quattro, fatto com’è di ben 19.404 parole, il più ricco a livello di vocaboli (Luca usa ben 2.055 termini diversi), il più raffinato dal punto di vista stilistico, dotato di un prologo che ammicca a quelli dei grandi storici greci. I quadri più belli, dunque, Luca li ha dipinti non con il pennello ma con la sua penna. Egli è inoltre autore di un altro affresco grandioso, quello degli Atti degli Apostoli, un ritratto complesso, storico e teologico, della Chiesa delle origini nella quale dominano le figure di Pietro e Paolo.
Seconda e fondamentale caratteristica del profilo di Cristo e del discepolo secondo Luca è quella della povertà.
Quel «Beati i poveri in spirito» di Matteo diventa per Luca un diretto «Beati voi, poveri» senza alcuna specificazione "spirituale". «I poveri sono evangelizzati» (4, 18), il povero Lazzaro (16, 19-31) e la vedova che dà "tutto quanto aveva per vivere" (21, 1-4) sono ammirati da Gesù.Mammona, termine fenicio-aramaico che indicava la "ricchezza" (curiosamente ha la stessa radice del verbo ebraico ’mn che esprime il "credere"), è un idolo che acceca. Il giovane ricco non può seguire Cristo se prima non distribuisce ai poveri «tutto quanto possiede» (18, 22). Condannati senza esitazione sono coloro il cui unico scopo nella vita è il moltiplicare risorse e soldi (12, 13-21). Indispensabile è, perciò, fare una scelta radicale quando si vuole seguire Gesù. Alludendo alla vocazione di Eliseo, chiamato dal profeta Elia mentre arava i campi, Cristo dichiara: «Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il Regno di Dio» (9, 62).
Terzo e ultimo tratto del volto spirituale di Cristo secondo Luca è la preghiera. Nelle svolte decisive della sua vita egli si ritira in preghiera e in dialogo con il Padre. Lo fa dopo il battesimo al Giordano (3, 21), nel mezzo del primo entusiasmo della folla (5, 16), prima della scelta dei dodici apostoli (6, 12), prima della professione di fede di Pietro (9, 18), durante il solenne svelamento della Trasfigurazione (9, 28-29), prima di insegnare ai discepoli la preghiera distintiva del cristiano, il "Padre" (11, 1). Gesù ci esorta a «pregare sempre, senza stancarci» (18, 1). Alle soglie della morte si ha la scena più emblematica, quella della preghiera nell’orto degli ulivi, il Getsemani (22, 39-46), scena che Luca descrive in modo più accurato rispetto agli altri evangelisti, scandendola con ben cinque menzioni della preghiera e incorniciandola con la duplice frase d’apertura e chiusura: «Pregate per non entrare in tentazione!».
Luca col suo Vangelo ha voluto imprimere alla storia dell’uomo – considerata dal filosofo greco Eraclito come «un giuoco di dadi fatto da bambini» (frammento 52) – un senso in Gesù Cristo, il coordinatore di quel groviglio di eventi, salvatore dal male e dall’assurdo che si annida nelle vicende umane, l’«evangelizzatore» della speranza, della libertà e della gioia.
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