Armando Matteo “Sapere teologico illuminato e illuminante”
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Armando Matteo
5 novembre 2025
«In questa Solennità di Tutti i Santi, è una grande gioia inscrivere San John Henry Newman fra i Dottori della Chiesa e, al tempo stesso, in occasione del Giubileo del Mondo Educativo, nominarlo co-patrono, insieme a San Tommaso d’Aquino, di tutti i soggetti che partecipano al processo educativo.
È con queste toccanti parole che, appena qualche giorno fa, Papa Leone XIV ha nominato Dottore della Chiesa il figlio più famoso della nostra Pontificia Università Urbaniana: John Henry Newman, che i suoi predecessori Benedetto XVI e Francesco avevano già riconosciuto come beato prima e come santo dopo. Nello stesso tempo Papa Leone ha voluto nominarlo, insieme a San Tommaso D’Aquino, co-patrono di tutti i soggetti che partecipano al processo educativo. Si tratta di due gesti molto importanti che toccano dal vivo la nostra realtà di Università Urbaniana.
Innanzitutto, il fatto di riconoscere in Newman un dottore della Chiesa significa riconoscere in lui, oltre che alla santità di vita, quella che si chiama tecnicamente una dottrina eminente. Egli, cioè, con i suoi scritti non solo è stato fedele al magistero della Chiesa ma ha sviluppato un sapere teologico così illuminato e illuminante da poter ispirare la ricerca teologica del presente e del futuro. Vorrei qui ricordare che, quando giunse al Dicastero della Dottrina della Fede, la richiesta di verificare appunto la presenza della emines doctrina nella corposa produzione di Newman nessuno di noi ebbe alcun dubbio. E in modo piuttosto celere venne avviato e concluso l’iter relativo a questa richiesta. Ovviamente con un risultato positivo. Ed è davvero così: in Newman risplende un sapere teologico veramente eminente.
Nel mio contributo al fascicolo della rivista dell’Università dedicato al nuovo dottore della Chiesa e che sarà presentato a breve, ho provato a dare un esempio di questa ricchezza presente nella teologia di Newman e di come essa abbia ancora tanto da dire e da insegnare a coloro che nel nostro tempo sono chiamati al ministero di teologi.
Ma il Santo Padre Leone non ha iscritto Newman solo tra i dottori della Chiesa. Per la precisione è il trentottesimo Dottore della Chiesa e anche il primo studioso che appartiene all’epoca della “modernità”, ma lo ha anche nominato co-patrono di tutti coloro che sono coinvolti nel processo educativo. E anche questo aspetto riguarda la nostra Università che è appunto un luogo dove ogni giorno accade il processo educativo.
Si tratta di un processo che lo stesso Papa Leone XIV ha indicato come un cammino dall’oscurità alla luce, dal pessimismo alla speranza, dalla paura e dal nichilismo all’indicazione di un orizzonte di senso.
E in tutto questo la testimonianza di vita del nuovo Dottore della Chiesa ci è di grande aiuto. Ecco le parole precise del Sommo Pontefice: «Le sfide attuali, a volte, possono sembrare superiori alle nostre possibilità, ma non è così. Non permettiamo al pessimismo di sconfiggerci! Ricordo quanto ha sottolineato il mio amato Predecessore, Papa Francesco, nel suo discorso alla Prima Assemblea Plenaria del Dicastero per la Cultura e l’Educazione: che cioè dobbiamo lavorare insieme per liberare l’umanità dall’oscurità del nichilismo che la circonda, che è forse la malattia più pericolosa della cultura contemporanea, poiché minaccia di “cancellare” la speranza. Il riferimento all’oscurità che ci circonda ci richiama uno dei testi più noti di San John Henry, l’inno Lead, kindly light (“Guidami, luce gentile”). In quella bellissima preghiera, ci accorgiamo di essere lontani da casa, di avere i piedi vacillanti, di non riuscire a decifrare con chiarezza l’orizzonte. Ma niente di tutto questo ci blocca, perché abbiamo trovato la Guida: “Guidami Tu, Luce gentile, attraverso il buio che mi circonda, sii Tu a condurmi! – Lead, kindly Light. The night is dark and I am far from home. Lead Thou me on!”. È compito dell’educazione offrire questa Luce Gentile a coloro che altrimenti potrebbero rimanere imprigionati dalle ombre particolarmente insidiose del pessimismo e della paura. Per questo vorrei dirvi: disarmiamo le false ragioni della rassegnazione e dell’impotenza, e facciamo circolare nel mondo contemporaneo le grandi ragioni della speranza. Contempliamo e indichiamo costellazioni che trasmettano luce e orientamento in questo presente oscurato da tante ingiustizie e incertezze».
Ed è bello pensare che oggi ci viene restituito come modello di educatore colui che qui abbiamo sempre contemplato come il più famoso dei nostri studenti. Questo ambito dell’educazione mi colpisce particolarmente. Direi sul vivo: per me la professione di insegnante è il più bel dono ricevuto dal Signore e io sono particolarmente grato ai responsabili dell’Università Urbaniana di avermi concesso l’opportunità di continuare a svolgere questo compito anche durante il mio servizio nella Curia Romana. Dico sempre che è qui che mi sento veramente a casa.
E proprio per questo vorrei onorare questo nuovo Dottore della Chiesa e soprattutto questo nuovo Co-patrono di tutti i soggetti coinvolti nell’educazione con un breve elogio del gesto dell’insegnare.
E vedete la prima cosa che ci viene incontro quando pensiamo a questo gesto dell’insegnare è il fatto che nella lingua italiana esistono tanti verbi per dire quel gesto. Ascoltiamo: insegnare, ovviamente, ma anche istruire, erudire, orientare, addestrare, addomesticare, autorizzare. E tutto questo ci indirizza verso la verità della complessità e del tocco avvincente che possiede il gesto dell’insegnare.
È un gesto, infatti, che permette a coloro a cui è rivolto di poter svolgere l’autentica esperienza della conoscenza.
E che cosa è questa autentica esperienza della conoscenza? È nulla di meno che l’esperienza di una nuova nascita al mondo, di una nascita al mondo con occhi nuovi, con una coscienza nuova, con un cuore nuovo.
Per afferrare il senso di tale definizione della conoscenza, è utile ricordare la sottile possibile polisemia che la versione francese del verbo “conoscere” possiede e che ci conduce dentro il mistero autentico dell’intelligenza umana e del suo rapporto vero con il sapere: in quella lingua infatti il verbo connaître, oltre al significato ordinario di conoscere, potrebbe, secondo una traduzione più azzardata, diventare l’italiano co-nascere, dando quindi maggiore risalto al verbo “nascere” intrufolatosi quasi di nascosto (con-naître) nel ventre di quel termine.
«Conoscere sarebbe allora anche co-nascere: conoscere dunque quasi come una seconda nascita, come un nascere un’altra volta con una nuova coscienza, con una nuova intelligenza, con un nuovo sguardo sulla vita, con un cuore nuovo». È l’esperienza che Platone chiamava la seconda navigazione: l’esperienza di un sapere che non si arresta solo a ciò che ci viene immediatamente incontro, ma che cerca le ragioni della realtà procedendo dentro e oltre ciò che ci viene immediatamente incontro.
Per questo conoscere, nel suo senso pieno, non significa semplicemente allungare l’elenco delle cose che sappiamo, incrementare le nozioni mandate a memoria il giorno prima. Conoscere significa più radicalmente cambiare il proprio modo di vedere e di interagire con il mondo. Trovare quella luce gentile che illumina il mondo, quelle ragioni di speranza che allontanano ogni oscurità, ogni nichilismo, quell’orizzonte di senso che distrugge ogni pessimismo.
Conoscere significa — aggiungerebbe Newman — nascere di nuovo al mondo con un cuore che è capace di “parlare”: con un cuore capace di parlare con il cuore del mondo, con il cuore degli altri esseri umani, con il cuore di Dio stesso.
Ed è proprio questa, allora, la vera finalità di ogni processo educativo: dare al mondo persone di cuore, persone innamorate, persone appassionate. È questo ciò che da sempre cerchiamo di mettere all’opera qui all’Urbaniana ed è questo ciò che cercheremo di fare ancora di più e ancora meglio sotto la protezione del “nostro” nuovo Dottore della Chiesa, San John Henry.
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