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Paolo Gamberini "Viaggio teologico nell’incarnazione"

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Rocca n° 6/2025

La materia è una parola chiave nel linguaggio della cultura tecnologica moderna, poiché è intimamente legata alla crescente conoscenza scientifica dell’uomo sull’universo fenomenico. La teologia, d’altra parte, è il discorso su Dio, che presuppone sia la rivelazione sia la conoscenza della fede. Tuttavia, ciò che la parola “materia” denota nel suo uso moderno rientra nell’ambito della rivelazione nelle categorie scritturali del cielo e della terra (Genesi 1,1) o delle cose visibili (Colossesi 1,16), e nell’ambito della teologia nella categoria metafisica dell’essere materiale. 
Questo articolo tratta prima dell’insegnamento della rivelazione e della teologia sulla materia, e poi delle questioni teologiche che emergono dalla nuova conoscenza scientifica dell’uomo sulla materia. 

LA MATERIA NELLA TEOLOGIA E NELLA SCIENZA 

La materia ha un ruolo all’interno del disegno divino del cosmo, che è la manifestazione della gloria di Dio. Pertanto, la Chiesa rifiuta la posizione gnostica assunta dall’Origenismo, secondo cui il posto della materia nell’opera di Dio è accidentale, relativo alla caduta dell’essere spirituale, e scomparirà con il restauro finale dell’essere spirituale. La comprensione della Chiesa, nella fede, dell’insegnamento della rivelazione sulla materia include anche la relazione istituita da Dio tra la materia e l’uomo. La materia è una dimensione dell’essere umano (Genesi 2,7), è l’oggetto del comando divino dato all’uomo (Genesi 2,16), è il significato dato da Dio alla storia secolare (Genesi 1,28), ed è coinvolta nella situazione dell’uomo all’interno della storia della salvezza (Genesi 3,17; Romani 8,19-23). Contro il Docetismo, la rivelazione cristiana proclama la realtà (1 Giovanni 4,2) e la primazia, nell’opera di Dio, della natura umana con la sua dimensione materiale in Gesù Cristo (Colossesi 1,19- 20). Quod non est assumptum non est sanatum. 

Per rendere intelligibile ciò che è conosciuto dalla rivelazione riguardo alla materia, la teologia scolastica utilizza il concetto metafisico di potenzialità. Questo concetto, insieme al suo correlativo concetto di attualità, è applicato all’essere creato; e la distinzione tra essere materiale e spirituale è vista come quella tra potenzialità dell’essere e attualità dell’essere. Nell’unità del cosmo, materia/carne e spirito sono gradi dell’essere, partecipazioni ordinate dell’Essere assoluto, ciascuna a suo modo manifestando la perfezione dell’Essere assoluto. 

Uno dei teologi contemporanei che si è interessato maggiormente e sistematicamente alla rilevanza teologica della materia è il teologo gesuita Karl Rahner. In vari suoi saggi affronta la questione della rilevanza che ha la materia per la teologia, specialmente per rendere possibile un fruttuoso dialogo tra scienza e fede. 

Rahner vede la creazione e l’incarnazione strettamente unite in un unico atto di auto-comunicazione divina. La creazione è vista come un momento parziale dell’evento comunicativo in cui Dio esprime se stesso nella carne (verbum caro) e quindi si fa materia (deus materia): “per tutta l’eternità non possiamo concepire il Verbo se non in quanto si è incarnato nella materia” (La festa del futuro, 232). Dio non solo ha dato se stesso al creato, ma ha reso possibile che attraverso l’evoluzione il creato trascendesse se stesso verso la pienezza di Dio. Questa posizione di sé (Dio) come altro da sé (non Dio) non fa sì che il cosmo sia da considerare una mera apparenza di Dio, un vestito o una maschera in cui Dio si nasconde o semplicemente vi appare: “la realtà posta è una realtà genuina diversa da Dio e non una semplice apparenza dietro cui si nascondono Dio e la sua realtà. La dipendenza radicale e la realtà genuina dell’esistente derivante da Dio crescono in misura uguale e non in misura inversa” (Corso fondamentale sulla fede, 113). 

LA MATERIA COME POTENZIALITÀ 

Tale comprensione del creato come realtà genuina distinta da Dio ma allo stesso tempo destino di Dio influisce sul modo con cui la “materia” viene compresa come “manifestazione del Logos in quanto tale, quindi dello spirito” (L’unità vigente tra spirito e materia nella concezione cristiana, 284). Nell’assunzione della carne di Gesù, tutta la materia dell’universo è stata assunta da Dio. 
Per questo si può parlare di “una reale unione ipostatica con la materia, vera incarnazione che investe e coinvolge la materia come tale, cioè come potenzialità radicale del mondo” (La cristologia e l’odierna interpretazione dell’uomo e del mondo, 298). La materia costituisce la potenzialità radicale del mondo ed è un momento intrinseco della creatività dello spirito, tanto che questa non è più definita come potenza puramente passiva ma attiva e creativa, portatrice di potenzialità. 

La Vita – afferma Teilhard de Chardin – rappresenta il termine di una trasformazione di grande ampiezza (Il fenomeno spirituale, 118). In questa trasformazione cosmica che conduce verso lo Spirito, la Materia si interiorizza. Il passaggio graduale dall’inconscio al cosciente, dal cosciente all’autocosciente, diventa “un cambiamento di stato cosmico”. Riprendendo dal punto di vista teologico le grandi intuizioni di Teilhard de Chardin, la teologia contemporanea riconosce che il cosmo procede per stadi sempre più elevati di auto-trascendenza: dalla materia inorganica alla vita organica, dalla vita senziente alla vita cosciente. Ora, in questa evoluzione della materia appare un soggetto in cui la materia trascende se stessa e diventa spirito autocosciente. Questo soggetto è homo sapiens. Questo è l’essere in cui la materia prende coscienza di sé. La materia è spirito in potenza: “spirito incapsulato, quasi congelato” (Rahner, L’unità vigente tra spirito e materia, 281). Lo spirito, invece, è materia realizzata. 

LA MATERIA NELLA CREAZIONE E NELL’INCARNAZIONE 

Rahner è d’accordo con l’insegnamento della Chiesa che afferma che ogni anima spirituale è creata direttamente da Dio. Questa azione immediata e diretta riguarda, però, tutta l’azione creatrice di Dio e comprende tanto la materia quanto lo spirito. Si tratta di un agire trascendentale e non categoriale di Dio, il quale tutto sostiene e fa sì che la materia continuamente si auto-trascenda verso lo spirito in virtù dell’attività creatrice di Dio. Bisogna, quindi, concepire la creazione dell’anima non come un’eccezione dell’agire creativo di Dio ma come il caso più rappresentativo dell’auto-trascendenza della materia. Tanto lo spirito quanto la materia sono creati da Dio, benché entrambi siano tra loro in relazione dialettica: lo spirito proviene dall’evoluzione della materia. 
Questo passaggio dal meno (materia) al più (spirito) è possibile in virtù dello Spirito creatore che partecipa alla materia, e quindi al finito, la capacità di auto-trascendersi. La materia è capace di far emergere qualcosa di nuovo, che non era precedentemente presente e quindi non riducibile allo stato precedente ed inferiore. 

Uno degli snodi più delicati in cui è presente la questione del rapporto tra materia/carne è quando si parla della fisicità della resurrezione di Gesù e delle sue apparizioni. È il momento in cui la teologia non può rispondere in maniera esclusivamente autoreferenziale. Per la fisica quantistica la materia non è composta da atomi ma da “energia”. Per questo Rahner ribadisce che la continuità tra il corpo terreno e quello risorto di Gesù non è salvaguardata dalla certezza che “qualche particella materiale del corpo terreno si ritrovi ancora nel corpo glorificato” (A proposito dello ‘stato intermedio’, 565). L’identità del corpo risorto è data, adesso e in futuro, dalla piena trasformazione della carne in corpo spirituale, ciò che in lingua tedesca si indica con il termine Leib

LA RISURREZIONE E L’EVOLUZIONE COSMICA DELLA MATERIA 

Perciò neppure l’esperienza empirica del cadavere (ciò che in lingua tedesca si indica, invece, con il termine Körper) nel sepolcro può più costituire un argomento per dire che la risurrezione non ha ancora avuto luogo. Una tomba piena (con il cadavere di Gesù) non contraddirebbe affatto la risurrezione. Il teologo Hans Kessler, riprendendo le riflessioni di Rahner, afferma che “la risurrezione di Gesù non avvenne cronologicamente solo dopo la sua morte; avvenne nella sua morte, ma divenne cronologicamente manifesta più tardi ai suoi discepoli mediante le automanifestazioni del risorto” (La risurrezione di Gesù Cristo, 464). Senza voler darne una spiegazione scientifica, Carlo Molari ha tentato anche lui di mediare la comprensione della risurrezione attraverso una categoria, affermando che questo è un evento di “irradiazione istantanea di tutta l’energia conservata nel corpo: tutta l’energia sarebbe esplosa. Questo fenomeno sarebbe dovuto all’amore che Gesù ha esercitato nella morte. Quel normale processo di trasformazione energetica, che sempre inizia e si prolunga nel tempo dopo la morte, in Gesù sarebbe avvenuto in modo istantaneo” (Il Cammino spirituale del cristiano, 297-298). In questo evento singolare che è la risurrezione di Gesù – centrale per la fede cristiana – la scienza entra in dialogo non solo intra-disciplinare ma trans-disciplinare con la fede. È ciò che sollecita fare l’esortazione apostolica Veritatis gaudium (Prologo, 4c). 

Una recente riflessione teologica, denominata Deep Incarnation (Incarnazione profonda), sta riflettendo sull’incidenza evolutiva e cosmica che ha la materia – e non solo la carne – nell’unione ipostatica del Verbo. La Deep Incarnation intende comprendere la dimensione cosmica della carne di Gesù, alla luce anche dell’attuale concezione della materia così come è data nella fisica quantistica e nell’evoluzione biologica. Tutti noi siamo fatti della stessa materia delle stelle. Tutti noi deriviamo dalla Materia-Energia e la nostra “carne” è dotata di informazione. La genetica evolutiva ci dice che noi creature della terra apparteniamo alla stessa comunità ecologica e condividiamo una storia comune. 

Tenendo presente lo sfondo cosmico del Prologo di Giovanni, si può dire che il Logos divino, nell’incarnazione, si è unito alla sostanza fisica dell’universo ed è presente nel cuore della materia. Il Logos nel Prologo svolge una funzione analoga a quello che ha l’informazione nella fisica quantistica e nella biologica. Come è stato per il modello platonico-agostiniano dell’esemplarismo divino e delle rationes seminale, così il Logos è principio informatico della realtà. Il Logos è modello per la realtà: il progetto di Dio, il codice divino, la matrix informativa per tutte le forme concrete che emergono ed emergeranno nella creazione. 

L’intera creazione, quindi, è fin dall’inizio (Big Bang) e fin nel più profondo (quanta) posta in condizione di diventare il destinatario dell’auto-espressione di Dio. L’incarnazione non è il dono che Dio fa di sé, successivamente a un mondo che è considerato semplicemente come creato da Dio. Al contrario, la creazione è posta, in quanto disposta a diventare Colui al quale tende (divinizzazione). Dio si è fatto uomo, perché la carne diventasse spirito. “L’incarnazione di Dio è il caso supremo dell’attuazione essenziale della realtà umana, attuazione consistente nel fatto che l’uomo è colui che si abbandona al mistero assoluto che chiamiamo Dio”. Ciò significa che la materia evolve verso quella pienezza di Dio che è lo spirito, assimilandosi sempre di più a Lui. 

Alla domanda “Chi sono io?” e qual è la mia identità più profonda, è possibile dare una risposta facendo riferimento al fatto che la realtà è essenzialmente relazionale e dialetticamente dinamica, unione tra carne “e” spirito, tra creatura “e” Creatore, tra umano “e” divino. 
In questa congiunzione (non reciproca, ma asimmetrica) risiede l’identità propria dell’essere umano e di tutto il cosmo. Questa connessione (“e”) diventa nella risurrezione copula (“è”). La carne diventa spirito, l’umano diventa divino, il creato diventa increato. La relazione trascendentale tra il finito e l’infinito – nella temporalità vissuta come congiunzione dialettica di spirito in potenza (materia) e di materia realizzata (spirito) – raggiunge il suo stato ultimo e definito (Ω), quello dell’origine eterna e originaria (A) di identità relativa con Dio stesso (A = Ω). Se con il numero “10” indichiamo Dio e con l’operazione della moltiplicazione tutte, e ciascuna delle creature, si comprende che 10 = 5x2. Questo è ciò che “appare” nella risurrezione, dunque, l’indiamento dell’umano in Dio, della carne nello spirito, del singolare in quell’universale concreto che è il corpo di Cristo. ὁ θεὸς πάντα ἐν πᾶσιν. Il Dio sarà, dunque/perché “è”, tutte le cose in tutte le cose.










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