Roberto Repole “Oggi i tiranni seducono e divorano, la gente nel Papa trova un padre”
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intervista a Roberto Repole
a cura di Domenico Agasso
19 Maggio 2025
Il Cardinale Arcivescovo di Torino: “L’Italia sconfitta al Conclave? No, è una visione distorta dovuta alla secolarizzazione”.
Cardinale Roberto Repole, arcivescovo di Torino, tanti si stanno chiedendo se Leone XIV sarà
in linea con il pontificato di Francesco o prenderà strade diverse. Quali segnali vengono dai
primi dieci giorni?
«Mi pare chiaro che Papa Leone continuerà sulle linee di fondo offerte da Francesco. Lo farà però a
suo modo. Un Papa è sempre il successore di Pietro, ha il compito di confermare i fratelli nella fede
e di essere segno di unità nella Chiesa, non è né deve essere il clone del suo predecessore. Penso
che Leone potrà aiutare la Chiesa tutta a far sedimentare alcune opzioni di papa Francesco e a
coglierne la portata teologica. Altrettanto chiaro mi sembra il fatto che il Papa abbia ben presente la
crisi dell'umano che contraddistingue la contemporaneità».
Sono state giornate storiche per la Chiesa e per il mondo. Come si spiega l'immensa folla
accorsa in piazza San Pietro e connessa in tutto il pianeta nel giorno dell'elezione del Papa?
«È sempre difficile dire che cosa smuova milioni di persone. Penso, però, che in un mondo nel
quale crescono i tiranni e in cui siamo sempre più schiavizzati perché ridotti a consumatori e a
oggetto di calcolo, ci sia un immenso bisogno di padri. Mi ha colpito, guardando dall'alto l'immensa
piazza san Pietro così gremita, l'entusiasmo contagioso alla sola notizia che c'era il Papa, prima
ancora di sapere chi fosse. Si vede in lui un padre, come lo si può vedere nei vescovi o nei preti che
danno veramente la vita. Un padre che rimanda al Padre celeste, dal quale ci si sente custoditi,
orientati e abilitati a essere davvero liberi. I tiranni seducono e ci divorano. I padri ci permettono di
essere e diventare noi stessi».
L'elezione era attesa anche per il suo peso geopolitico.
«Certamente. Tuttavia questo modo di leggere l'elezione del Papa che ha campeggiato negli infiniti
commenti, prima e dopo, mi sembra molto parziale e, perciò, poco intelligente».
Perché?
«Non si riesce a leggere la realtà se non secondo la logica del potere, per lo più ridotto a sostantivo
(chi comanda) e non verbo (che cosa si può avviare e fare). È una lettura povera per comprendere
anche solo la vita reale delle persone. Se la gente non va più a votare è anche per questo: si ha
l'impressione che sia questione di ricercare il leader, chi debba avere il potere, e non di affrontare i
problemi reali che agitano la vita concreta di milioni di persone. È una lettura ancora più povera e
inadeguata quando si parla della Chiesa, nella quale campeggia la parola di Gesù: i potenti di questo
mondo comandano, ma tra voi non è così, perché il primo è il servo di tutti».
L'elezione del Papa statunitense è una sconfitta per gli episcopati d'Italia e d'Europa?
«Guardi, penso sempre di più che alcune letture di tipo politico-sociologico siano fortemente
inadeguate, perché non sanno cogliere qualcosa di fondamentale. Il principio di socializzazione
della Chiesa non è la nazione, la razza, il censo, la cultura… ma è la fede in Gesù Cristo. Una
lettura incapace di capire questo non riuscirà neppure a cogliere che cosa significhi che la Chiesa è
cattolica, che è aperta a tutti e al tutto dell'uomo. E dunque che non importa da quale Paese
provenga il Papa. Mi pare che sia una visione vittima della secolarizzazione del nostro mondo
occidentale. Peraltro può essere fatta anche da chi si professa cristiano, ma la cui conoscenza del
cristianesimo è ridotta a ciò che si è appreso al catechismo o poco più. Si parla molto di
interdisciplinarità. So che molti teologi leggono di altre discipline. Dubito che chi commenta la realtà della Chiesa conosca, per esempio, il pensiero dei Cappadoci, di un Doroteo di Gaza o di
Efrem il siro, dei medievali Vittorini o dei grandi teologi del Novecento della scuola di Lyon-Fourvière o Le Saulchoir».
Nei giorni che hanno preceduto il Conclave si è molto parlato di cordate concorrenti fra i
cardinali. Poi il Papa è stato eletto in 24 ore. Che cosa vuol dire?
«È il segno che la Chiesa è molto più unita di quanto appaia sui mezzi di comunicazione, specie sui
new media. È il segno che forse un certo mondo mediatico è molto rumoroso, ma questo non
significa che interpreti la realtà, su questo come su molti altri aspetti. È il segno che la Chiesa è una,
perché la fede in Cristo è capace di creare unità tra persone diverse per cultura, provenienza, persino
rito… facendo risplendere le differenze e non soffocandole».
Il baricentro del mondo cristiano è in altri continenti. Lei cosa direbbe al nuovo Papa sullo
stato di salute della cristianità in Europa e sul compito della Chiesa?
«Gli direi che siamo in un tempo in cui percepire, nel concreto, quel che il Concilio Vaticano II ci
ha insegnato: la Chiesa è missionaria sempre e ovunque, non ci sono luoghi in cui la missione può
essere sospesa. L'Europa non fa eccezione. Si tratta di vedere oggi come riscoprirlo, smettendo di
dare per scontato che si nasca e si cresca normalmente cristiani. Non siamo una minoranza, ma non
si può più dire che siamo normalmente cristiani. Occorre rivedere il nostro stesso modo di essere
presenti in questo mondo, perché le energie siano concentrate nel trasmettere il Vangelo a chi non lo
ha incontrato o a chi ne ha una conoscenza superficiale e addirittura fuorviante. Sapendo che ci
sono delle possibilità affascinanti».
Lei cosa ha pensato mentre il primo Papa nordamericano accettava davanti a voi cardinali di
assumere l'incarico?
«Che lo Spirito di Dio era ed è all'opera, e che Prevost era un uomo di Dio, generoso e
profondamente ecclesiale. Soprattutto, continuavo a pregare, come facevo anche prima».
Lei che ha conosciuto il cardinale Prevost che cosa si aspetta dal suo pontificato?
«Mi aspetto che trasfonda in tutti noi e nel mondo intero un po' di quella pace e quella serenità che
lo contraddistinguono. Ha invitato sin da subito alla pace, ma quell'annuncio è autorevole perché
proviene da un uomo autenticamente pacificato, perché innestato nel Cristo risorto».