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Il cardinale Tagle "Leone XIV: un Pastore missionario che guiderà ascoltando tutti"

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Nella Cappella Sistina, durante il Conclave, erano seduti uno accanto all’altro. Oggi, venerdì 16 maggio, Luis Antonio Tagle e Robert Francis Prevost sono tornati a incontrarsi — in udienza al Palazzo Apostolico — a una settimana dall’Habemus Papam che ha preceduto la prima benedizione Urbi et Orbi di Leone XIV. Il cardinale statunitense-peruviano divenuto Papa e il porporato filippino si conoscono da molti anni e negli ultimi due hanno lavorato a stretto contatto come capi dei loro rispettivi dicasteri, quello dei Vescovi e quello dell’Evangelizzazione. In questa intervista con i media vaticani il cardinale Tagle offre un ritratto personale del nuovo Pontefice, racconta l’esperienza spirituale vissuta nel Conclave e ricorda commosso Papa Francesco.

Cardinale Tagle, Leone XIV sta compiendo i primi passi del suo Pontificato dopo un Conclave che si è concluso rapidamente. Che cosa la colpisce di questo Papa, che tutti noi stiamo imparando a conoscere? 
Ho incontrato per la prima volta Papa Leone XIV a Manila e a Roma quando era ancora Priore Generale dell’Ordine di Sant’Agostino. Dal 2023 siamo insieme nella Curia Romana. È dotato di una capacità di ascolto profondo e paziente. Prima di prendere una decisione, si dedica a uno studio e a una riflessione attenti. Esprime i suoi sentimenti e le sue preferenze senza volere imporre. È preparato intellettualmente e culturalmente senza ostentarlo. Nelle relazioni apporta un sereno calore, affinato dalla preghiera e dall’esperienza missionaria. 

Alla vigilia del Conclave molti parlavano di una Chiesa divisa, di cardinali con idee poco chiare sulla scelta del nuovo Papa. Invece l’elezione si è risolta già il secondo giorno. Com’è stata per lei l’esperienza di questo Conclave, il secondo dopo quello del 2013? 
Prima di grandi eventi dall’impatto mondiale si sentono diverse speculazioni, analisi e previsioni. Il Conclave non ne viene risparmiato. È vero che ho partecipato a due Conclavi, cosa che considero una vera grazia. Nel Conclave del 2013 Benedetto XVI era ancora in vita, mentre nel conclave del 2025 Papa Francesco era già passato a vita eterna. Dobbiamo tenere presente la differenza di contesto e di atmosfera. Aggiungerei anche che mentre ognuno dei due Conclavi è stato un’esperienza unica e irripetibile, ci sono stati anche elementi costanti. Nel 2013 mi domandavo perché durante il Conclave dovessimo indossare la veste corale. Poi ho appreso e sperimentato che il Conclave è un evento liturgico, un tempo e uno spazio di preghiera, di ascolto della Parola di Dio, degli impulsi dello Spirito Santo, dei gemiti della Chiesa, dell’umanità e del Creato, di purificazione personale e comune delle motivazioni e di culto e adorazione di Dio, la cui volontà deve regnare sovrana. Sia Papa Francesco sia Papa Leone sono stati eletti il secondo giorno. Il Conclave insegna a noi, come anche alle nostre famiglie, parrocchie, diocesi e nazioni, che la comunione dei cuori e delle menti è possibile se adoriamo il vero Dio. 

Nella Cappella Sistina lei era seduto accanto al cardinale Prevost. Come ha reagito il futuro Papa quando è stato raggiunto il quorum dei due terzi? 
La sua reazione è stata un alternarsi di sorrisi e respiri profondi. È stata di santa accettazione e sacra paura insieme. Ho pregato per lui in silenzio. Nel momento stesso in cui ha ottenuto il numero di voti necessario è scoppiato un applauso fragoroso, similmente all’elezione di Papa Francesco. I cardinali hanno espresso gioia e gratitudine al loro fratello cardinale Prevost. Ma è stato anche un momento intimo tra Gesù e lui, nel quale non potevamo entrare e che non dovevamo disturbare. Ho detto a me stesso: «Lasciamo che il sacro silenzio avvolga Gesù e Pietro». 

Dopo un figlio di sant’Ignazio un figlio di sant’Agostino. Che cosa significa, secondo lei, che nella Chiesa si susseguono due Papi appartenenti a ordini religiosi importanti, dopo un gesuita, ora un agostiniano? 
Sant’Agostino e Sant’Ignazio avevano in comune molte cose. Entrambi avevano avuto un percorso mondano e avevano vissuto un’irrequietezza che li aveva spinti a ricerche avventurose. Poi, nel tempo deciso da Dio, hanno trovato in Gesù ciò che il loro cuore desiderava. «Bellezza sempre antica e sempre nuova», «Eterno Signore di tutte le cose». La “scuola” agostiniana e quella ignaziana nascono dalla base comune della grazia e misericordia di Dio, che libera il cuore per amare, servire e andare in missione. Mantenendo il suo spirito agostiniano, Papa Leone riecheggerà lo spirito ignaziano di Papa Francesco. Penso che l’intera Chiesa e anche tutta l’umanità trarranno beneficio dai loro doni. Dopotutto, sant’Agostino e sant’Ignazio (e tutti i santi) sono tesoro di tutta la Chiesa. 

Prevost è stato un vescovo missionario, nato e cresciuto negli Stati Uniti ma formato in Perú come sacerdote e pastore. Qualcuno ha detto che è il «Papa di due mondi». In Asia, da dove lei viene, la gente come vede un Papa così? 
Senza negare il primato della grazia nel ministero di Papa Leone, ritengo che la sua formazione umana, culturale, religiosa e missionaria possano conferire un volto unico al suo ministero. Ma questo vale per tutti i Papi. Il ministero petrino di confermare i fratelli e le sorelle nella fede in Gesù, il Figlio del Dio vivente, rimane costante, ma viene vissuto ed esercitato da ogni Papa nella sua umanità unica. L’esperienza multi-continentale e multiculturale di Papa Leone certamente lo aiuterà nel suo ministero e andrà a beneficio della Chiesa. La gente in Asia ama il Papa in quanto Papa, da qualunque Paese provenga. È amato non solo dai cattolici, ma anche da altri cristiani e seguaci di religioni non cristiane. 

Molti “appoggiavano” lei, sperando che diventasse Papa. Come ha vissuto questo? Era consapevole di essere, come si dice in italiano, uno dei principali “papabili”? 
Non essendo uno che ama stare sotto i riflettori, ho trovato l’attenzione rivolta alla mia persona piuttosto sconcertante. Ho cercato di raccogliere le forze spirituali e umane per non farmi coinvolgere. Ho meditato molto sulle parole della costituzione apostolica Universi Dominici Gregis circa il «gravissimo compito loro [ai cardinali] incombente e, quindi, sulla necessità di agire con retto intendimento per il bene della Chiesa universale, solum Deum prae oculis habentes». Mentre depone la propria scheda, ogni cardinale dice: «Chiamo a testimone Cristo Signore, il quale mi giudicherà, che il mio voto è dato a colui che, secondo Dio, ritengo debba essere eletto». È chiaro che non ci sono candidati nel “senso mondano” delle elezioni politiche, dove il tuo voto per un candidato è un voto contro un altro candidato. Quando si cerca il bene della Chiesa universale, non si cercano vincitori e perdenti. Questo principio guida purifica la mente e dona serenità. 

Ci stiamo avvicinando al primo mese dalla morte di Papa Francesco. Quale sarà, secondo lei, l’eredità più profonda e duratura lasciata da questo Pontefice alla Chiesa e all’umanità? 
Il mio cuore gioisce per le numerose testimonianze offerte dai fedeli cattolici, dalle comunità cristiane non cattoliche e dagli appartenenti a religioni non cristiane riguardo all’insegnamento e all’eredità di Papa Francesco. Mi auguro che queste testimonianze possano aumentare ed essere “raccolte” come parte della nostra comprensione non solo di Papa Francesco, ma anche del ministero petrino. Da parte mia, vorrei sottolineare il dono di umanità, di essere umano per gli altri, che ha caratterizzato il pontificato di Papa Francesco. Se avete una storia personale da raccontare su di lui, fatelo. Il nostro mondo ha bisogno di riscoprire e coltivare la bellezza e il valore di essere autenticamente umani. Papa Francesco, attraverso la sua umanità semplice e perfino fragile, ha dato un contributo immenso a questa ricerca, non a gloria sua, ma a maggior gloria di Dio, che in Gesù è diventato pienamente umano. 

di Alessandro Gisotti 



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