Jean Louis Ska "Salmo 103. Miseria umana e misericordia divina"
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Piano di lavoro 2024/25
Salmo 103. Miseria umana e misericordia divina
Con il Salmo 103 raggiungiamo forse uno dei culmini della spiritualità biblica. Alla profonda riflessione sull’agire divino si unisce una grande ricchezza poetica, con immagini molto espressive. Inoltre, la riflessione non rimane ristretta
all’individuo, ma supera i limiti della persona per allargarsi all’umanità e all’universo.
1. Due parole sulla “benedizione”
Il salmo inizia con un invito alla “benedizione”, termine biblico che ha più di un
significato. La benedizione biblica è sempre associata all’abbondanza, alla profusione e alla proliferazione. In un mondo ove la vita è spesso una battaglia quotidiana
per sopravvivere, ogni momento ove trionfa la vita su tutte le forme di avversità è
visto come un “prodigio” e si parla di “benedizione divina”. La benedizione divina
mantiene il mondo e l’umanità in vita. “Benedire Dio”, inversamente, significa riconoscere che la vita è, in ogni istante, un dono della generosità divina. Significa,
quindi, riconoscere qual è la sorgente della vita da cui dipendiamo durante tutta la
nostra esistenza perché ci è donata dal primo fino all’ultimo istante. “Benedire”, in
contesti simili equivale, pertanto, a “ringraziare”.
Abbiamo, come di solito, pochissimi particolari concreti sul salmista. Ad esempio, non sappiamo quali sono i “benefici” elargiti al salmista, quali sono i peccati
perdonati o le malattie di cui è stato guarito (vv. 2-3). Anche il resto del salmo rimane molto generico e, per questo motivo, ogni orante può aggiungere elementi più
personali alla sua preghiera.
2. I diversi momenti del salmo
Il salmo inizia con un canto di ringraziamento che sfocia in un inno alla gloria
di Dio. Dopo l’introduzione (vv. 1-2), il salmo elenca alcuni atti personali della
misericordia divina (vv. 4-6): perdono, guarigione, salvezza, ringiovanimento, giustizia. Il v. 6 è una transizione fra i benefici personali e quelli più collettivi perché
parla della giustizia in favore di “tutti gli oppressi” fra cui, probabilmente, si trova
anche il salmista.
Nei vv. 7-13, la meditazione allarga l’orizzonte alla storia della salvezza con una
profonda riflessione sul Dio che si rivela al suo popolo. Abbiamo alcuni buoni motivi di pensare che il retroterra del Salmo 103 siano i capitoli 32-34 del Libro dell’Esodo, la storia del vitello d’oro, dell’intercessione di Mosè e della rivelazione del
perdono divino. In effetti, il salmo parla della rivelazione delle vie di Dio a Mosè e
di Israele, cioè la promulgazione del decalogo e della legge (v. 7; cf. Es 20,1-17; 21,1
– 23,19). Gli attributi divini elencati nel v. 8 si ritrovano in Es 34,6-7, quando Dio
rivela il suo nome a Mosè mentre quest’ultimo sta nella cavità della rupe:
6
Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà, 7
che conserva il suo amore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non
lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino
alla terza e alla quarta generazione».
Inoltre, la prima vera esperienza del perdono divino (vv. 8-13) è descritta proprio
nell’episodio del vitello d’oro e delle sue conseguenze (Es 32-34). Infine, il salmo
parla anche dell’alleanza (v. 18), e la prima alleanza stretta da Dio con il suo popolo è descritta in Es 24,3-8, per essere rinnovata in Es 34,10.
La rivelazione del nome divino a Mosè in Es 34,6-7 è cruciale perché segue proprio l’episodio del vitello d’oro (Es 32), la prima importante ribellione del popolo
d’Israele dopo l’esodo e dopo l’alleanza del Sinai (Es 24,3-8). Si tratta, per così dire,
del “peccato originale” d’Israele. Dopo l’intercessione di Mosè e lunghe trattative,
Dio si rivela come “Dio di misericordia e di perdono” e accetta di rimanere il Dio
del suo popolo. Ciò significa che Israele può sopravvivere e potrà raggiungere la
Terra Promessa dopo la permanenza nel deserto solo perché il suo Dio è un Dio
misericordioso e, in secondo luogo, grazie all’intercessione di Mosè.
La rivelazione di Dio a Mosè e a Israele di cui parla il v. 7 è, per questo motivo,
un perno della storia del popolo eletto. L’esistenza d’Israele dipende totalmente
dalla misericordia divina e dal perdono ottenuto grazie alla preghiera di Mosè.
Possiamo certamente trovare paralleli alle affermazioni del salmista nel Nuovo
Testamento.
Possiamo parlare di una “esperienza fondante” poiché il salmo esprime la viva
consapevolezza che l’esistenza del popolo dipende dalla misericordia di Dio sin
dagli eventi descritti in Es 32-34. In parole povere, il salmo medita su una esperienza di colpa e di fallimento iniziale. Le cose sono cominciate molto male secondo il Libro dell’Esodo, però la storia non si è fermata, così come non si è fermata dopo altre esperienze negative, ad esempio la fine del regno del Nord nel
722 a.C. e la fine del regno del Sud nel 586 a.C. La distruzione di Gerusalemme e
del suo tempio non segna la fine d’Israele che rinascerà dalle sue ceneri. In esperienze di questo tipo, il popolo d’Israele sperimenta l’infinita misericordia di Dio.
La storia non si ferma perché Dio è misericordioso e non sancisce in modo automatico le colpe del suo popolo.
La parte seguente consta di tre momenti: una descrizione della misericordia divina all’inizio (vv. 11-13) e alla fine (vv. 17-18) con, in mezzo, in contrasto, il
ricordo della fragilità umana (vv. 14-16).
Da lì la descrizione poetica della misericordia divina: la sua grandezza è uguale
alla distanza che separa il cielo dalla terra; essa mette fra il peccatore e il peccato
una distanza uguale a quella che separa oriente da occidente; le tenerezza divina
assomiglia a quella di un padre per i figli (vv. 11-13). La misericordia divina è infinita e inesauribile.
Alla dimensione incommensurabile della misericordia divina, il salmo oppone
in seguito la debolezza umana con due immagini comuni nella letteratura biblica
(vv. 14-16): l’essere umano è polvere (Gn 2, ; 3,19; Sal 90,3; Sap 12,8) ed è effimero come l’erba dei campi (Sal 90,8; 129,6; Is 40,7-8) essiccata dal vento (Sal 39,6).
In seguito, il salmo riprende l’idea dell’eterna misericordia divina, questa volta
in favore di un popolo fragile ed effimero. Dio “sa” e, nondimeno si dimostra misericordioso nei confronti dei suoi. Possiamo notare tuttavia alcune condizioni: il
“timore” o rispetto di Dio, e la fedeltà all’alleanza e alle sue esigenze (vv. 17-18).
L’ultima parte del salmo è un inno al Dio creatore dell’universo. Il suo trono sta
in cielo ed è adorato dalle schiere degli angeli, i membri della corte celeste. Dopo la
parte più personale (vv. 1-6), il salmo sviluppa una riflessione sulla sorte del popolo
d’Israele (vv. 7-18) per inglobare nel finale tutto l’universo (vv. 19-22). Alla “benedizione” iniziale (vv. 1-2) corrisponde la “benedizione” finale (vv. 20-22) a mo’ di
inclusione.
3. Qualche spunto per la meditazione
Un primo elemento di riflessione è fornito dalla menzione dei “peccati” nel v.
10: “[Il Signore] non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le
nostre colpe”. Come detto poc’anzi, il salmo si riferisce con ogni probabilità ai
peccati d’Israele nel deserto e, in particolare, all’episodio del vitello d’oro (Es 32).
In che cosa consiste il peccato del vitello d’oro? Non è facile dirlo perché l’evento
si presta a più di un’interpretazione. Due elementi, tuttavia, sono più chiari. Primo, il vitello – o il toro – è un simbolo presente in diverse culture del Vicino
Oriente antico che evoca la fecondità delle gregge e la fertilità dei campi. È, quindi, un simbolo di abbondanza e di prosperità economica. Si capisce abbastanza
bene perché il popolo d’Israele si sogna una divinità di questo tipo nelle precarie
condizioni di vita del deserto. Secondo, l’oro, ovviamente, evoca l’idea di ricchezza e siamo ancora nel mondo dell’economia e dei beni materiali indispensabili alla
sopravvivenza, per altro.
Qual è il peccato, allora? In poche parole, il popolo d’Israele si sceglie un
obiettivo molto concreto, forse troppo concreto: la soluzione dei suoi problemi
economici, una cosa legittima, però anche limitata. Il salmo parla di Mosè che
incarna un altro progetto, più vasto, anche più complesso e più completo: la costruzione di un popolo con un ideale di vita comune attorno a valori fondamentali. Perciò, il salmo parla di “alleanza” e di “precetti” (v. 18). È certamente importante assicurare la sopravvivenza nel deserto e, più tardi, nella Terra Promessa.
Però, è altrettanto importante e, forse, molto più importante, sapere vivere insieme e proseguire un ideale condiviso. La vita in comune si costruisce ogni giorno,
e su basi solide.
Il salmo parla anche della “regalità” di Dio su tutto l’universo (v. 19). Tradotto
in linguaggio semplice, ciò significa che niente nel nostro mondo ha proprio un
valore assoluto. Solo Dio, nei cieli, rappresenta un valore assoluto. Perciò, il vitello
d’oro, sulla terra, e tutto ciò che rappresenta, non può avere un valore assoluto,
bensì relativo a un bene superiore, l’ideale rivelato da Dio a Mosè, vale a dire l’alleanza, un’esistenza basata sul consenso di tutti a partecipare alla costruzione di una
società giusta e solidale. Il Libro dell’Esodo vi aggiunge forse un elemento anche
presente nel salmo: un tale ideale si chiama “servizio di Dio”, il che include due
dimensioni correlate. La prima è la liturgia, in momenti in cui si riconosce insieme
la regalità di Dio, l’unico “assoluto” nella vita dei fedeli. La seconda è il rispetto
della volontà di Dio, l’osservanza dei precetti, vale a dire delle regole della vita in
comune. Nel Nuovo Testamento, si parlerà dei due comandamenti, l’amore di Dio
e l’amore del prossimo.
Possiamo riflettere oggi sui nostri valori fondamentali. Quali sono i nostri criteri di scelta: sono criteri economici? Sono criteri “politici”, vale a dire valori fondamentali per costruire la “città” (“polis” in greco)? E, forse, come dice sant’Agostino,
la “città di Dio”? E nel nostro giudizio sulla vita del nostro paese, l’unico criterio di
giudizio è il PNL, Prodotto Nazionale Lordo, oppure vi sono altri criteri? Quali? E
qual è il nostro “vitello d’oro” oggi?
La misericordia di Dio è un secondo elemento che può alimentare la nostra
meditazione. L’esperienza descritta nel salmo può essere paragonata a quella di una
“resilienza” per usare un vocabolario moderno. Dopo il grande sbaglio del vitello
d’oro, il popolo si accorge che, nonostante la sua colpa, vi è un futuro con il suo Dio.
Lo sbaglio, la colpa, il “peccato” o il fallimento non hanno l’ultima parola. Vi sono
risorse nascoste e possibilità insospettate nella nostra realtà, nella nostra fede cristiana. Abbiamo fatto esperienze simili di sbaglio grave, di fallimento, di colpa? E
come possiamo superare i momenti negativi di questo tipo? Come ritrovare un futuro, come fare rinascere la speranza in momenti simili?
Un terzo campo di riflessione ci è suggerito dalla “benedizione”. Quali sono gli
eventi della vita ove possiamo individuare la benedizione divina? Possiamo dire che
la nostra esistenza sia un dono? Perché? Concepire l’esistenza come un dono ha
conseguenze? Quali? Possiamo anche vedere il nostro mondo come frutto di una
benedizione gratuita? Che cosa può significare per il nostro modo di agire nel nostro
mondo? Nel nostro ambiente quotidiano?
4. Conclusione
Il salmo 103 è ricco di significati a tre livelli diversi: primo, al livello personale,
poi al livello collettivo in una riflessione sulla storia della salvezza, infine al livello
universale. Sono anche le tre dimensioni principali della nostra spiritualità cristiana. La preghiera del cristiano, mi sembra, include le tre dimensioni: quella personale, quella ecclesiale e quella universale. Una meditazione sulla misericordia divina
può difficilmente rimanere limitata all’individuo. Si allarga naturalmente a tutta
l’umanità e all’universo.
Breve bibliografia sui Salmi
Alonso-Schökel, Luis – Cecilia Carniti, I Salmi. Edizione italiana a cura di Antonio Nepi. 2 vol. (Commenti biblici; Roma: Borla, 1992-1993).
Lancellotti, Angelo, I Salmi. Versione - introduzione – note. 3 vol. (Nuovissima
versione della Bibbia dai testi originali 18; Roma: Paoline, 1984).*
Lorenzin, Tiziano, I Salmi. Nuova versione, introduzione e commento (I libri biblici.
Primo Testamento 14; Milano: Paoline, 2000, 2
2002).
Mays, James Luther, Salmi (Strumenti 50; Torino: Claudiana, 2010).*
Ravasi, Gianfranco, Il libro dei Salmi. Commento e attualizzazione. 3 vol. (Bologna:
Dehoniane, 1981-1984).
Scippa, Vincenzo, Salmi. Introduzione e commento (Dabar, logos, parola. Lectio divina popolare; Padova: Messaggero, 2002-2003).*
Viganò, Lorenzo, Il Libro delle Lodi = Sefer Tehilim. Il messaggio del Salterio (Senza
luogo: Lorenzo Viganò, 2016).
Weiser, Artur, I Salmi. Traduzione e commento. I: Ps. 1 – 60. II: Ps. 61 – 150 (AT 15;
Brescia: Paideia, 1984).
Per iniziare la lettura, meglio prendere i volumi di A. Lancelotti, J.L. Mays o V.
Scippa, più semplici e meno tecnici.
Le sei meditazioni proposte da padre Jean Louis Ska:
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