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Jean Louis Ska "Salmo 1. Due vie e una scelta"

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Piano di lavoro 2024/25

Salmo 1. Due vie e una scelta

Il primo salmo non è una preghiera, ma piuttosto una meditazione. Inoltre, la sua funzione è doppia. In primo luogo, come “ouverture” o prefazione del salterio, il primo salmo invita l’orante a capire tutto il salterio, e forse anche altri libri dello stesso tipo, come “meditazioni” della Legge del Signore (Sal 1,2). In secondo luogo, offre alla meditazione l’essenziale della pietà ebraica: una scelta fra due vie, fra la vie dei giusti e la via dei malvagi, una via approvata dal Signore e una via che conduce alla perdizione (Sal 1,6). Il criterio indicato dal salmo è chiaro: la legge del Signore permette di discernere quale via è la via dei giusti e di evitare la via dei malvagi che sono anche gli stolti. 

1. Qualche riflessione sulla composizione del salmo 

La costruzione del salmo è molto semplice e non richiede alcuno sforzo speciale. Tutto ruota attorno all’opposizione fondamentale fra le due vie, quella del giusto e quella del malvagio. La prima parte descrive la via del giusto (vv. 1-3) e la seconda la via del malvagio (v. 4-5). La conclusione riassume il tutto (v. 6). 
La via del giusto è descritta prima in modo negativo: “Beato chi non…” nel v. 1 poi in modo positivo nel v. 2: “ma (beato) chi, invece, medita…”. Il v. 3 introduce un’immagine, quella dell’albero piantato presso i corsi d’acqua che rimane rigoglioso in ogni stagione. Il pensiero è riassunto dalla formula: tutto quello che il giusto fa ha successo. Notiamo, nel v. 1, una progressione tipica della poesia ebraica: andare… stare… sedere. I vv. 4-5 che parlano della via del malvagio iniziano ciascuno con una negazione per opporre la sorte del malvagio a quella del giusto. Dopo il paragone del v. 3, il salmo introduce un’immagine opposta per parlare della via del malvagio: alla stabilità e fecondità dell’albero il salmo oppone l’inconsistenza della pula portata via dal vento. E alla descrizione negativa della via del giusto nel v. 1, il v. 5 giustappone una presentazione negativa della via del malvagio: i malvagi non possono alzarsi nel giudizio né i peccatori nell’assemblea dei giusti. Come vedremo, si tratta molto probabilmente delle assemblee “alla porta” delle piccole città ove si radunano i capofamiglia o i capostipiti per discutere degli affari del luogo. Il “giudizio” deve essere capito in modo semplice, né come l’ultimo giudizio né come un giudizio in un tribunale ufficiale. Si tratta delle deliberazioni sulla piazza del villaggio o del rione. I malvagi e i peccatori non avranno “voce al capitolo” proprio a causa della loro condotta. 
La conclusione, nel v. 6, riprende l’immagine della via, introdotta nel v. 1, per opporre un’ultima volta giusto e malvagio: il Signore in persona fa sì che la via dei giusti sia sicura, mentre il malvagio va verso la perdizione. 

2. Qualche spunto di riflessione 

Le due vie 

Mi sembra importante, in primo luogo, notare che il salmo crea un legame stretto fra “giustizia” e “successo”. Noi, spontaneamente, parleremmo piuttosto di “santità” nello stesso contesto. Il salmo, invece, così come diversi insegnamenti sapienziali, vuole tracciare una via verso la felicità (v. 1: “Beato chi…”) e il successo (v. 4: “in ogni cosa che fa ha successo”). La descrizione della via del giusto inizia con una “beatitudine” e termina con la menzione della buona riuscita. Chi vuole essere felice e avere successo in questo mondo – il salmo parla del nostro mondo, non della vita eterna – è invitato a seguire la vie della giustizia. 
Abbiamo buoni motivi di riflettere su tale messaggio mentre il nostro mondo, invece, propone ideologie molto diverse. Che cosa fa la nostra felicità? Vivere il vangelo rende felice? Proporre il vangelo significa proporre un ideale di felicità in questo mondo? La felicità e il successo in questo mondo dipendono da una vita “giusta”, secondo l’ideale del vangelo? Oppure vi sono altri criteri? Quali? 
La scelta fra due vie è presente in diversi passi della Bibbia. Ad esempio, il libro del Deuteronomio mette il popolo d’Israele davanti a una scelta analoga: 

15 Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male. 16 Oggi, perciò, io ti comando di amare il Signore, tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme, perché tu viva e ti moltiplichi e il Signore, tuo Dio, ti benedica nella terra in cui tu stai per entrare per prenderne possesso […]. 19 Prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra: io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione. Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, 20 amando il Signore, tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, poiché è lui la tua vita e la tua longevità, per poter così abitare nel paese che il Signore ha giurato di dare ai tuoi padri, Abramo, Isacco e Giacobbe (Dt 30,15-16.19-20). 

Anche in questo caso, vita, benessere o felicità, e benedizione dipendono da una vita conforme alla volontà di Dio espressa nella legge di Mosè. Possiamo facilmente sostituire “la legge di Mosè” con “il vangelo di Gesù Cristo” e porre la stessa domanda: scegliere la vita significa scegliere il vangelo, sì o no? E perché? 
Un messaggio simile si trova nel libro dei Proverbi: 

13 Beato chi ha trovato la sapienza, chi ottiene il discernimento: 14 è una rendita che vale più dell’argento e un provento superiore a quello dell’oro (Pro 3,13-14). 

In questo caso, la sapienza e il discernimento sono più preziosi della ricchezza. Il “sapere” proposto dalla Scrittura è superiore a tutto ciò che possiamo “avere”. Perché? 
Il contrasto fra le due vie nel Salmo 1 si ritrova nel libro di Geremia: 

Così dice il Signore: 5 «Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore. 6 Sarà come un tamerisco nella steppa; non vedrà venire il bene, dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere. 7 Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. 8 È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti (Ger 17,4-8). 

Il profeta Geremia parla di maledizione e di benedizione, e parla di confidare o confidarsi. Non usa il verbo “credere”, però. Si tratta quindi di sapere dove trovare l’appoggio, il sostegno, il fondamento di una vita: il Signore o esseri umani fragili? Ma qual è la differenza? E che cosa può significare concretamente “confidare nel Signore”? 

Sal 1 e Gs 1,7-9 

Un lettore attento della Scrittura noterà che esiste un testo molto simile a quello del Salmo 1 all’inizio del libro di Giosuè. In un oracolo di Dio al successore di Mosè alla testa del popolo d’Israele leggiamo: 

7 Tu, dunque, sii forte e molto coraggioso, per osservare e mettere in pratica tutta la legge che ti ha prescritto Mosè, mio servo. Non deviare da essa né a destra né a sinistra, e così avrai successo in ogni tua impresa. 8 Non si allontani dalla tua bocca il libro di questa legge, ma meditalo giorno e notte, per osservare e mettere in pratica tutto quanto vi è scritto; così porterai a buon fine il tuo cammino e avrai successo. 9 Non ti ho forse comandato: “Sii forte e coraggioso”? Non aver paura e non spaventarti, perché il Signore, tuo Dio, è con te, dovunque tu vada. (Gs 1,7-9). 

L’oracolo sorprende per due ragioni principali. Primo, Giosuè sta per attraversare il Giordano con il popolo e partire alla conquista della Terra Promessa. Aspettiamo incoraggiamenti o indicazioni per la campagna militare piuttosto che un invito alla meditazione. Inoltre, l’inizio dell’oracolo “Sii forte e coraggioso”, ripetuto in conclusione, fa parte del linguaggio bellico e non delle istruzioni sulla legge, se non in testi tardivi come 1Cr 22,13; 28,20. In secondo luogo, vi è una certa tensione fra la promessa incondizionata di sostegno nell’ultimo versetto: “Non aver paura e non spaventarti, perché il Signore, tuo Dio, è con te, dovunque tu vada” che riprende il v. 5, molto simile: “Nessuno potrà resistere a te per tutti i giorni della tua vita; come sono stato con Mosè, così sarò con te: non ti lascerò né ti abbandonerò” (Gs 1,5), e l’oracolo che condiziona il successo delle imprese all’osservanza della legge: “così avrai successo in ogni tua impresa” (Gs 1,7) e “così porterai a buon fine il tuo cam￾mino e avrai successo” (Gs 1,8). Il successo della conquista dipende solo dall’appoggio divino oppure dipende anche dall’adempimento della legge? Così come in altri casi, il testo biblico giustappone due prospettive senza cercare di armonizzarle. 
Azione divina e collaborazione umana sono entrambe presenti in quello che un autore francese molto tempo fa descriveva come “Il dono di una conquista” (1). “Aiutati che il ciel t’aiuta” come dice il proverbio. In altre parole, la conquista si fa perché fa parte di un disegno divino e, dall’altra parte, è anche il frutto di un’azione umana conforme alla volontà divina. 
Più importante per la nostra riflessione, osserviamo che l’invito alla meditazione e all’osservanza della legge è collocato proprio all’inizio del libro di Giosuè che, nella Bibbia ebraica, inaugura la lunga serie dei cosiddetti “libri profetici”, la seconda sezione della Bibbia dopo il Pentateuco. Allo stesso modo, il Salmo 1 inaugura il Salterio e fornisce una chiave di lettura di un libro che fa parte, nella Bibbia ebraica, della terza sezione delle Scritture, i cosiddetti “scritti”. Tutto ciò per dire che alcuni testi, collocati in punti strategici, invitano a dare alla “legge di Mosè” un posto centrale nella vita del popolo eletto. Siamo forse troppo abituati a pensare che il popolo ebraico accordi una tale importanza alla legge – la torà –, parola ebraica che significa “istruzione”, “insegnamento”, “educazione”, piuttosto che “legge” nel senso stretto della parola. Si tratta, quindi, di una “sapienza”, di una “sapere” che permette di vivere e di vivere bene. I testi non parlano di istituzioni, ad esempio della monarchia, del sacerdozio o del culto del tempio. Mettono l’accento solo sulla meditazione, lo studio, e l’osservanza della torà, l’insegnamento rivelato da Dio a Mosè e trasmesso a tutte le generazioni. 
Possiamo chiederci oggi qual è il nostro punto di riferimento principale nel nostro modo di vivere. Una istituzione? Un’autorità? Una “saggezza”? Un modo di riflettere? Perché? 

3. A mo’ di conclusione 

Il Salmo 1 inizia con la parola “beato” e promette, quindi, di tracciare una via verso la felicità e il successo. Alti testi simili, ad esempio Gs 1,7-9, parlano anche di “successo”. Sono tematiche forse poco presenti nel linguaggio cristiano comune. La catechesi, spesso, insiste di più su verità dogmatiche o su imperativi morali. Oppure definisce le condizioni di appartenenza alla comunità ecclesiale. Possiamo, alla luce del Salmo 1 e di altri testi, pensare anche alla felicità e al successo in questo mondo? È una delle molte domande che ci pone il primo salmo, il proemio del salterio. 

Note 

1 Georges Auzou, Le don d’une conquête. Étude du Livre de Josué (Paris: L’Orante, 1964).


Breve bibliografia sui Salmi 

Alonso-Schökel, Luis – Cecilia Carniti, I Salmi. Edizione italiana a cura di Antonio Nepi. 2 vol. (Commenti biblici; Roma: Borla, 1992-1993). 

Lancellotti, Angelo, I Salmi. Versione - introduzione – note. 3 vol. (Nuovissima versione della Bibbia dai testi originali 18; Roma: Paoline, 1984).* 

Lorenzin, Tiziano, I Salmi. Nuova versione, introduzione e commento (I libri biblici. Primo Testamento 14; Milano: Paoline, 2000, 2 2002). 

Mays, James Luther, Salmi (Strumenti 50; Torino: Claudiana, 2010).* 

Ravasi, Gianfranco, Il libro dei Salmi. Commento e attualizzazione. 3 vol. (Bologna: Dehoniane, 1981-1984). 

Scippa, Vincenzo, Salmi. Introduzione e commento (Dabar, logos, parola. Lectio divina popolare; Padova: Messaggero, 2002-2003).* 

Viganò, Lorenzo, Il Libro delle Lodi = Sefer Tehilim. Il messaggio del Salterio (Senza luogo: Lorenzo Viganò, 2016). 

Weiser, Artur, I Salmi. Traduzione e commento. I: Ps. 1 – 60. II: Ps. 61 – 150 (AT 15; Brescia: Paideia, 1984). 

Per iniziare la lettura, meglio prendere i volumi di A. Lancelotti, J.L. Mays o V. Scippa, più semplici e meno tecnici.




Le sei meditazioni proposte da padre Jean Louis Ska:
  1. Salmo 1
  2. Salmo 27
  3. Salmo 103
  4. Salmo 23
  5. Salmo 122
  6. Salmo 139
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