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Vito Mancuso “L’educazione del cuore”

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Non dobbiamo più considerare secondaria la dimensione emotiva e meta-razionale di ognuno di noi: è un risultato che si raggiunge massimamente con il metodo della gioia.

Invitato a trattare il tema “Giovani e futuro: una nuova speranza e una nuova prospettiva”, io ne intuisco facilmente il motivo: credo che esso risieda nell’ansia, non di rado nell’angoscia, che sempre più avvolgono questo mondo, soprattutto quello giovanile, e che pervade un po’ tutti noi facendoci sentire con una fitta al cuore che il nostro futuro è in realtà senza speranza e senza prospettiva, se non quella di una durissima lotta di sopravvivenza in cui l’unica cosa che conta davvero è la forza: o del denaro, o del potere, o dell’intelligenza e della bellezza pronte a vendersi, in ogni caso di un’espressione della forza. 
Prodotta dai muscoli del corpo, o da quelli del portafoglio, o da quelli della mente, la forza appare come l’unica regina incontrastata che oggi sempre più fa scempio del diritto, dell’uguaglianza di tutti davanti alla legge, degli ideali di bene e di giustizia, del senso di umanità e di solidarietà, della verità e dell’onestà: di quell’utopia di un mondo nuovo che quand’ero ragazzo sembrava poter davvero rinnovare la società. Oggi invece il mondo è ritornato vecchio. Tecnologicamente nuovo, moralmente vecchio: quel vecchio mondo della storia la cui logica già Tucidide aveva descritto alla perfezione: «I più potenti agiscono, i deboli si flettono».

I più deboli tra noi sono i giovani, che si flettono e si piegano davanti alla dura legge della forza. Sedotti e inebriati da essa, pretendono tutto, poi però si bloccano per un nonnulla se il tutto, com’è ovvio, non arriva, reagendo o con la violenza o con l’apatia. Un tempo vi erano sorgenti ideali condivise di un altro tipo di forza che contrastava e moderava la forza bruta della storia; ora non più. Ora non ci sono più sorgenti interiori condivise da cui attingere umanità e idealità, ora stiamo sperimentando cosa significa una società senza più ideali, senza più religione, senza più capacità di trasmettere significati. Stiamo sperimentando il nichilismo. 

La mia tesi è che la nuova prospettiva per riacquisire nuova speranza può consistere solo nell’educazione del cuore. Chiamatela psicologia o spiritualità o come altro volete, quello che è necessario per guarire il cuore è un’educazione che lo nutra e lo innalzi, orientandolo verso qualcosa di più importante e di più prezioso di sé. Non verso la forza piatta del capitale e dell’applauso che riduce l’essere umano a una sola dimensione ingrossando il suo ego, ma verso la forza verticale del bene e della giustizia che ne sviluppa tutte le grandi potenzialità alleggerendo il suo ego e rendendolo capace di empatia e di relazionalità. 

L’educazione del cuore consiste nell’educazione della dimensione emotiva e meta-razionale di ognuno di noi e si raggiunge massimamente tramite il metodo della gioia. Ha scritto sant’Agostino: «L’animo si nutre solo di ciò che gli dà gioia». Dicendo gioia, non intendo necessariamente ciò che rende allegri, ma ciò che rende appassionati (per cui si è felici anche se non si ride, come per esempio quando si pratica sport). Il punto, però, è che oggi nessuno più si occupa dell’educazione del cuore perché ci si occupa solo dell’istruzione della mente. Ovvero: molta istruzione, nessuna educazione. 

L’istruzione conferisce conoscenza oggettiva, la quale rafforza il senso dell’io, la sua autostima ma anche la sua egoità, per non dire egocentricità, quindi un potenziale individualismo che non di rado diventa solitudine. Sia chiaro che la dimensione cognitiva è essenziale per il senso compiuto dell’io, ma, se ci si limita a essa, l’io crescerà come una monade racchiusa in una torre che ritiene di dominare ogni cosa dall’alto del suo sapere. È solo l’empatia condivisa che lo mette in rete, connettendone la psiche con gli altri in quel modo immediato e reale che tocca ed educa il cuore al senso di umanità. 

Il cuore è l’organo dell’etica, ma il grande problema è che oggi non c’è nessuna educazione del cuore. Oggi si istruisce solo la mente cognitiva, il che, come ho detto, è certamente positivo ma non è sufficiente; anzi, la sola istruzione cognitiva può essere persino pericolosa, perché, come diceva Tagore, «un cervello tutta logica è un coltello tutto lama: fa sanguinare la mano che l’adopera». A chi è affidata oggi l’educazione del cuore? A nessuno. Ed è questa la vera emergenza sociale che fa sanguinare la nostra società. 

I nostri governanti hanno deciso di aumentare le spese per la difesa militare, e io non credo sia sbagliato visto lo stato del mondo sempre più instabile. Forse non si rendono conto però che, ben più che le minacce russe, vi sono ogni giorno centinaia di droni invisibili e letali che cadono sulla mente e sul cuore dei nostri giovani annientandone le difese. Forse non si rendono conto di quanti siano i giovani che muoiono psichicamente ogni giorno calpestando le mine anti-umanesimo disseminate a piene mani sul loro percorso. Senza sottovalutare le minacce esterne, è questa la vera insidiosissima invasione che ci sta corrodendo dall’interno e che sfascia le famiglie e in genere il tessuto sociale, perché, quando stanno male i ragazzi, stanno male tutti in famiglia. 

Dovremmo ritornare a Socrate e alla sua pedagogia, la maieutica, l’arte della levatrice, che è il vero senso del concetto di educazione (dal latino “e-ducere”, “condurre fuori”): e pensare che, come nella donna gravida vi è un bambino da portare alla luce, così in ogni giovane vi è una dimensione da risvegliare e che in questo risveglio consiste propriamente l’educazione. È quello che insegnava Plutarco: «La mente non ha bisogno, come un vaso, di essere riempita, ma piuttosto, come legna, necessita di una scintilla che l’accenda e vi infonda l’impulso alla ricerca e un amore ardente per la verità». Riempire la mente come un vaso significa istruirla; accendere in essa una scintilla significa educarla. E non c’è nulla di più prezioso. Quando la mente educata giunge a ospitare un amore ardente per la verità cambia nome e si chiama cuore, e io penso che sia solo l’educazione del cuore a poter salvare i nostri giovani dal nichilismo incombente. 

Penso quindi che su questa base dovrebbero essere rivisti tutti i programmi scolastici e la formazione degli insegnanti, perché è solo la scuola che si può assumere la grande missione dell’educazione del cuore e così salvare la nostra civiltà. Abbiamo dovuto più che raddoppiare le spese militari? Allo stesso modo, anzi di più, occorre triplicare gli investimenti nella scuola al fine di renderla davvero capace di educare il cuore. È l’unica speranza di tornare a dare prospettiva ai giovani salvandoli dal nichilismo e dalla violenza.

Vito MancusoLa Stampa 2 luglio 2025


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