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Romano Penna "Le molteplici identità di Gesù"

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È dedicato a Gesù di Nazareth 
il 20° numero di Storie di Storia, la newsletter de La Repubblica
a cura di Francesco De Leo



L'esistenza di Gesù 
di Adriana Destro e Mauro Pesce 

2) LA RICERCA 
LE MOLTEPLICI IDENTITA' DI GESU' 

GESU' E LE DONNE 

Storie di Storia, per gentile concessione della Claudiana - Torino, pubblica alcuni estratti del libro "Le molteplici identità di Gesù secondo il Nuovo Testamento" scritto da Monsignor Romano Penna, presbitero e biblista.

Il secolare patrimonio culturale del pensiero e dell'arte dimostra che sono stati davvero molti i pensatori e gli artisti, per non dire dei santi, ad aver tratto ispirazione dalla figura e dalla vicenda di Gesù di Nazareth, "che non è improprio definire tra le più dense di pathos e di logos mai offerte dalla storia". Vale perciò la pena scandagliare i suoi lineamenti sulla base dei testi più antichi che lo riguardano e ne rivelano una stimolante pluralità di volti. Come base però vi premettiamo due considerazioni di carattere generale.

Il caso-Gesù

Ancora oggi resta celebre, e di grande interesse, l'affermazione del teologo luterano Oscar Cullmann più di sessant'anni fa: "Il pensiero teologico dei primi cristiani parte dal Cristo e non da Dio [...] Ne risulta che la teologia cristiana primitiva è pressoché esclusivamente una cristologia". In effetti, la vera novità prodottasi in Israele circa duemila anni orsono, a parte l'originalità del battesimo di Giovanni figlio di Zaccaria per la remissione dei peccati (con un suo ipotetico richiamo alla Comunità di Qumran), fu il movimento iniziato da Gesù di Nazaret. Come riconosce il professore ebreo Harris Lenowitz, dell'Università dello Utah, "l'impulso verso una autorità messianica e quello verso una profezia messianica non sono mai stati combinati in una singola figura di messia prima di Gesù". In effetti, a partire dagli anni Trenta del I secolo nella terra d'Israele ci fu un gruppo, che, pur condividendo con il resto del popolo l'antica fede dei padri, si impose per la sua diversità proclamando l'identità messianica di quel Gesù, al quale venivano attribuiti titoli e funzioni che incontrarono una crescente opposizione da parte del cosiddetto "common judaism", come in un primo momento dimostrò il fariseo Saulo di Tarso. In ogni caso, si conferma il dato incontrovertibile che il nuovo movimento si affermò, non per la condivisione dell'idea giudaica sul monoteismo, che non era in discussione, ma per la fede e la proclamazione di una incomparabile identità riconosciuta a quell'ebreo di origine galilaica, il cui nome anagrafico peraltro era molto diffuso al volgere dell'era con almeno una quarantina di casi. È noto l'interesse delle prime comunità cristiane sulla dimensione storica di Gesù, recuperata con un intenso lavorio di anamnesi e insieme di interpretazione. Ma la prospettiva sul passato di Gesù non fu la prima preoccupazione di quelle comunità. Il loro lavorio infatti si impose in un secondo tempo, dopo che i primi discepoli superarono, per così dire, l'abbacinamento prodotto dall'imprevisto evento pasquale, che in un primo tempo non permise loro di vedere altro.

I due inizi della sua identificazione: attività in Galilea e "terzo giorno" a Gerusalemme

Dagli studi sui testi neotestamentari si impone l'esistenza di un rapporto dialettico e insieme complementare tra la fase "gesuana" / pre-pasquale e la fase propriamente "cristiana" /post-pasquale. Perciò si può distinguere tra gesuologia e cristologia, poiché non c'è cristianesimo senza Gesù né senza una qualche cristologia. Diremo allora che il cristianesimo, come la stessa riflessione ermeneutica su Gesù, è nato due volte, anche se le due nascite non sono tra loro equivalenti ma implicano una evidente asimmetria. Naturalmente possiamo allora parlare di inizi e di sviluppi, ma la metafora della doppia nascita resta assai efficace e intrigante. La prima volta il cristianesimo nacque, non a Betlemme, ma quando Gesù di Nazaret (detto 6 volte Nazareno come in Mt. 1,24 e 14 volte Nazoreo come in At. 2,22), rinunciando già trentenne a una vita privata (rimasta senza documentazione), predicò pubblicamente "l'evangelo del regno" di Dio (Mt. 4,23) per le strade e nei villaggi della Galilea. Quella predicazione, accompagnata da significative azioni compiute nei confronti dei variamente "poveri", rivelò anche la sua identità personale, configurabile al minimo come quella di un profeta, che apriva l'accesso ultimo a Dio. L'accoglienza che egli incontrò e il rifiuto che gli venne opposto sono i segni contrastanti di una novità da lui rappresentata e percepita di volta in volta come liberante o destabilizzante. In ogni caso, gli interventi di Gesù in parole e azioni non ebbero soltanto una dimensione funzionale, operativa, ma ne ebbero pure una di tipo per così dire "ontologico", riguardante la definizione della sua stessa identità personale. Certo, la prima componente risulta molto più palese, mentre la seconda è lasciata solo intravedere come in filigrana. Ma la semplice categoria del profeta, magari escatologico, chiede di essere integrata da altre caratterizzazioni. Per esempio, la enigmatica denominazione di Figlio dell'Uomo apre almeno uno scorcio su qualcosa di misterioso, così come il suo modo costante di rivolgersi a Dio chiamandolo "Padre" ('Abbà). Bisogna perciò necessariamente pensarlo come un uomo caratterizzato, sia da una particolarissima comunione con Dio Padre, sia da una specialissima intenzione "altruistica" da lui attribuita a tutta intera la sua vita, compresa la sua morte. La seconda volta il cristianesimo nacque a Gerusalemme, quando i discepoli di Gesù, sulla base di una personale esperienza, annunciarono la sua risurrezione/esaltazione. Certo, l'evento verificatosi "il terzo giorno" ha bisogno di essere ben precisato per comprenderne adeguatamente la consistenza e la fecondità, e l'enorme bibliografia in merito sta a dimostrarne l'importanza. Ma è altrettanto certo che, senza questo inedito tipo di esperienza, il cristianesimo "galilaico" sarebbe stato ben poca cosa, probabilmente confinato in angusti limiti geografici e con un modesto patrimonio ideale. In effetti, il kerygma pasquale rappresentò un vero e proprio big bang, che non soltanto scatenò un impegno di testimonianza e di annuncio evangelico prima impensabile, ma pure originò tutta una serie di ermeneutiche cristologiche altrettanto originali, tanto che, secondo Martin Hengel dell'Università di Tubinga, "nel giro di neanche due decenni il fenomeno cristologico è andato incontro ad un processo le cui proporzioni sono maggiori di quelle più tardi raggiunte durante i successivi sette secoli". In effetti l'attività e la persona di Gesù vennero sottoposte pressoché a tante interpretazioni quante furono le persone o le comunità che se ne interessarono. Si spiegano così le varie ermeneutiche cristologiche, la cui varietà sta solo a significare l'impossibilità di ridurre la sua figura a una sola dimensione, imponendosi comunque egli come il dato centrale della fede cristiana. Di questa varietà dobbiamo appunto renderci conto. Preciso soltanto che a monte di questa constatazione ci sono due criteri di base che giustificano tale molteplicità: l'una è di tipo linguistico e distingue tra la unicità del significato e la molteplicità dei significanti, l'altra è di marca filosofica e sostiene che la verità ci è nota solo in quanto interpretazione, per di più variegata, la quale "lungi dall'essere un difetto o uno svantaggio, è il segno più sicuro della ricchezza del pensiero umano".

Conclusione

Se almeno una conclusione possiamo trarre da quanto detto, è che fin dai suoi primi anni il movimento nato nel nome di Gesù ha operato sulla figura del Nazareno una riflessione estremamente ricca e diversificata. Non è solo un paradosso ripetere che questa riflessione, benché ristretta ai primi venti o trent'anni della storia del cristianesimo, è stata decisiva "più di quella che si è sviluppata nei venti secoli successivi". Risulta indubbiamente dai dati a nostra disposizione che già la prima cristologia ha considerato Gesù letteralmente "dai molti nomi" (come direbbe Filone Alessandrino a proposito del Logos "poly?nymos"), così da spiegare il titolo suggestivo di alcuni studi di cristologia neotestamentaria. Effettivamente "l'unico modo di possedere e conservare la verità è proprio quello di accoglierla come infinita: non può essere verità quella che non è colta come inesauribile". Comunque va sottolineato che l'ermeneutica del primo cristianesimo si è particolarmente concentrata appunto sull'identità personale di Gesù, associata alla sua missione, con le ricadute che l'insieme dovette necessariamente avere sulla concezione stessa di Dio, del Dio d'Israele. Se poi ad essa si è affiancata anche una scelta operativa riguardante la condotta pratica di vita o halakâ, risultante in parte diversa da quella di un supposto "common judaism" fondato sull'osservanza della Torah, ciò è dovuto al fatto che proprio la persona di Gesù giustificava una presa di posizione del genere. A parte la già accennata questione del parting of the ways, è comunque vero che i cristiani avevano del loro Messia delle concezioni ineguagliabili all'interno di Israele. Esse mettevano in discussione non solo l'ortoprassi ma anche l'ortodossia, per quanto se ne può individuare una nel giudaismo; certo mettevano in questione quel tipo di fede e di speranza. In sostanza gli scritti neotestamentari dimostrano come quella persona superi la possibilità di incapsularla in una sola definizione. Non si tratta di una frantumazione dell'Io di Gesù alla maniera pirandelliana dell'"Uno, nessuno, centomila". Né si potrà fare una scelta parziale di esclusione che impoverisca quella identità. Piuttosto può valere per lui il classico principio di Aristotele, secondo cui "l'essere può essere detto in molti modi" (tò dè òn légetai mèn pollakôs), dove ciò che conta è la convergenza del molteplice nell'unità di un comune denominatore. Naturalmente spiccano, su tutte le altre, le imprese ermeneutiche dell'apostolo Paolo, del Quarto evangelista, della Lettera agli Ebrei e dell'apocalittico Giovanni. Ma anche ciascuno degli autori e scritti neotestamentari ha la sua propria ermeneutica. La loro molteplicità non significa eterogeneità, ma semplice pluralità di voci in un amalgama tutto sommato armonico. Sicché nel caso-Gesù si deve convenire che "ciò che sconcerta lo storico è il suo fallimento nell'incapsulare Gesù in una delle categorie disponibili all'interno dell'ebraismo palestinese del I secolo [...] Gesù di Nazaret è inclassificabile". Ciò spiega l'instancabile e meritevole dedizione allo studio di Gesù Cristo anche da parte dei docenti di teologia sistematica, che ne attestano l'insondabilità e insieme la feconda centralità per la vita cristiana. Come opportunamente scrive l'apocrifo Vangelo di Filippo (databile al III secolo con una base nel II), "Yeshua non si è rivelato così come era in realtà, ma si è rivelato a seconda della capacità di coloro che vogliono vederLo. Egli è lo Stesso per tutti, ma appare grande ai grandi, piccolo ai piccoli, agli angeli appare come un angelo, agli uomini come un uomo. Il Logos è il segreto di tutto. Coloro che conoscono loro stessi, questi lo hanno conosciuto. Quando è apparso ai suoi discepoli nella gloria sulla montagna, Egli era grande, non piccolo. Ha quindi reso i suoi discepoli grandi affinché fossero capaci di vederlo nella sua grandezza". Ancor più eloquente è ciò che leggiamo nell'apocrifo Vangelo di Tommaso (databile tra I e II secolo): "Gesù chiese ai suoi discepoli: "Paragonatemi con qualcuno e ditemi a chi assomiglio". Simon Pietro gli rispose: "Tu assomigli ad un angelo giusto". Rispose Matteo: "Tu assomigli ad un filosofo, ad un uomo sapiente". Tommaso invece gli disse: "Maestro, la mia bocca non arriverà mai al punto di dire a chi assomigli". E Gesù allora: "Io non sono il tuo maestro, perché tu hai bevuto e ti sei inebriato alla fonte zampillante che ti ho messo a disposizione"". Con tutto ciò non è detto che il lavorio ermeneutico su di lui sia terminato, essendo ampio e profondo lo spazio della sua identità, che al meglio dovrebbe essere oggetto di conoscenza esperienziale più che intellettuale.

© Claudiana S.r.l., Torino

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