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Adriana Destro e Mauro Pesce "L'esistenza di Gesù"

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È dedicato a Gesù di Nazareth 
il 20° numero di Storie di Storia, la newsletter de La Repubblica
a cura di Francesco De Leo



1) LA STORIA 
L'esistenza di Gesù 
di Adriana Destro e Mauro Pesce 

LE MOLTEPLICI IDENTITA' DI GESU' 

GESU' E LE DONNE 

L'esistenza


La vita di Gesù si è conclusa con una morte violenta, ma quella morte non spense la sua voce, che ha continuato a incendiare il cuore e la mente di molti e a suscitare il rifiuto di altri. Cosa c'era nella sua persona, nei suoi comportamenti e nelle sue parole che provocava l'entusiasmo di tanti seguaci e l'ostilità estrema di coloro che l'hanno ucciso? In che misura la sua azione nasceva da una crisi profonda che attraversava non solo il suo ambiente, ma anche vasti settori della società antica? La figura storica e culturale di Gesù è gigantesca. Non c'è rischio di esaurire il significato di ciò che rappresenta. Sorgono sempre nuove domande e, appena nascono, divampano discussioni e dibattiti. Gesù è patrimonio dell'umanità. La sua storia ci coinvolge tutti. Molti studi su Gesù mettono al centro il suo messaggio, le sue parole o i suoi atti pubblici più significativi. Riteniamo sia fondamentale individuare un fondamento ancora più solido e certo: quello che chiamiamo "stile di vita" o "pratica di vita" di Gesù, ciò che effettivamente ha modellato e determinato il suo modo di esistere. Durante questi anni, nelle nostre ricerche abbiamo scavato nei testi del primo cristianesimo con un intento di natura antropologica. Con stile e pratica di vita di Gesù intendiamo le forme culturali che aveva posto a base della sua vita, i meccanismi attraverso i quali organizzava la sua esistenza e il proprio sostentamento, la logica della sua azione, le modalità con cui entrava in contatto con la gente e con le istituzioni. Abbiamo usato la parola "pratica" per indicare che il centro della sua persona non sta solo nelle idee ma in un modo costante di agire: uno stile di vita, appunto. Ci interessa conoscere come il suo agire concreto producesse novità e sconvolgimenti nella vita delle persone che lo incontravano, come le sue parole, nate all'interno della sua esistenza, circolassero - mediante contatti diretti - in precisi ambiti sociali. Il suo vero messaggio, quindi, è quello trasmesso dal suo modo di vivere, dal suo collocarsi nel mondo. Il suo insegnamento passa per le sue vicissitudini, entro un contesto culturale complesso e tutt'altro che trasparente. La sua visione religiosa è incomprensibile al di fuori della sua esperienza pratica e della partecipazione alla vita della gente.

Chi era Gesù

Gesù era un ebreo che rimase estraneo alle aspirazioni e ai modi di vita introdotti dalla romanizzazione. Di fronte alla potenza culturale di Roma fece appello all'elemento più intimo e più forte della sua cultura, cioè all'idea del potere assoluto del Dio giudaico e alla necessità che Dio regnasse prendendo possesso di tutta la terra. Nulla è più lontano da lui del tentativo di integrare i contadini dei villaggi nella vita cittadina dei potenti o di perseguire un inserimento nel dominio romano. Era tramite un cambiamento di vita all'interno dei singoli nuclei domestici, nei borghi e nei villaggi, che il suo popolo sarebbe entrato di lì a poco nell'era millenaria della prosperità e della pace messianica con tutti i popoli. Il terreno più fertile della sua predicazione è infatti costituito dalla speranza nel regno di Dio, che avrebbe combattuto ed eliminato l'ingiustizia. Gesù aveva assunto l'urgente compito di annunciare, qualsiasi fosse il costo e il risultato, l'imminenza di questo evento cosmico di palingenesi. La gente doveva essere urgentemente avvertita e spinta a cambiare vita per acquisire il diritto di entrare nel regno futuro. Nella vita reale Gesù cercava di spingere la gente a realizzare l'ideale di liberazione e rigenerazione immaginata dall'utopia del giubileo levitico. Qui sta tutta la sua attesa e il suo sforzo. "Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori" diventa la sintesi della sua prassi e del suo messaggio. Gli uomini sono chiamati a perdonarsi gli uni con gli altri e ad accettare il condono di Dio prima dell'avvento del suo dominio regale.

Il progetto

Quali sono i punti salienti di questo progetto? Tutta la vicenda di Gesù comincia con una scelta personale radicale, con un cambiamento dell'ordine usuale della sua vita. Abbandona tutto. Sceglie un'esistenza itinerante, incerta, senza radicamento. Rompe i legami con il proprio ambiente e ai suoi discepoli più vicini chiede un uguale distacco. La scelta di Gesù è matura e durerà irreversibilmente fino alla morte. Per lui non si tratta solo di un percorso irrinunciabile, ma di una strategia di proporzioni enormi. Su suo invito, i gruppi che nascevano accanto a lui da un lato rifiutavano la famiglia, il lavoro e la proprietà, ma dall'altro si installavano nelle "case di villaggio", nel tessuto domestico, rurale e nei piccoli centri contadini. È nel rapporto differenziante, ma non totalmente conflittuale, tra gruppo discepolare e nuclei parentali che si situa la capacità creativa e trasformatrice di Gesù. La costante incertezza e il volontario sradicamento in cui viveva gli permettevano di introdurre nei gruppi domestici stili di vita insoliti e rivoluzionari. Gesù entrava in molte case, chiedeva ospitalità e vi soggiornava. Non aveva previsto alcuna sede stabile, nessuna forma organizzativa istituzionale per il gruppo dei suoi discepoli che non erano garantiti o protetti da nessuna autorità. All'interno delle abitazioni, mescolandosi con la popolazione, senza distinguersi o imporsi a essa, il gruppo discepolare costituiva una forma sociale interstiziale, che si insinuava fra le strutture consolidate. Gesù desiderava indurre la gente a trasformare le proprie case in luoghi accoglienti pronti e aperti ai poveri, un ritorno appunto di tutto il popolo di Israele all'uguaglianza originaria. Questo stile di vita lo rendeva forte e debole nello stesso tempo. Senza riferimenti stabili, era un uomo sostanzialmente fragile, esposto alle forze esterne. E tuttavia, è proprio la radicalità della vita intrapresa che gli permetteva l'affidamento in Dio e che gli consentiva di sperare nell'inizio di un'epoca rigenerata.

La diffusione della Parola

Gesù si rivolge a chiunque sia ebreo e per questo si muove in lungo e in largo nel suo paese. Sostenuto dal suo fiducioso disegno, Gesù vuole parlare a tutto il popolo d'Israele. Vuole comunicare ciò che conosce, ciò che si augura che stesse per accadere. Accetta di vivere la vita del popolo; ma non intende solo divulgare parole. Condivide e partecipa, si fa coinvolgere e paga seriamente di persona. Gesù è concentrato sulla Terra d'Israele, a cui sente di appartenere, la cui estensione non coincide per lui con quella stabilita dai romani. Si spinge oltre i confini, fra coloro che sono più dispersi o lontani. La regione che percorre è definita soprattutto da individui reali. Gesù non è un capo religioso locale che limita la propria azione alla Galilea. Vuole avere un rapporto faccia a faccia con la gente, ovunque essa si trovi, anche in Giudea. Nel suo instancabile  peregrinare, Gesù disponeva unicamente delle proprie forze. Abbandonato tutto, non portava con sé nulla, neppure una borsa. Questo essere privo di mezzi e di protezioni era la vera radice, l'asse portante sul quale basava tutta la propria esistenza. La sua rinuncia alla certezza lo rendeva indipendente da ogni legame economico, familiare e lavorativo. Poteva disporre di tutto ciò che la sua persona poteva fare. La sua autenticità sta in questo "essere senza nulla", possedere solo sé stesso. Gesù possedeva solo il proprio corpo, un corpo esposto ai pericoli e ai bisogni, come accade a tutti gli uomini. Del tutto simile a quello degli altri, percepito per quello che i suoi simili potevano intendere, il suo corpo non era coperto da protezioni. Sotto l'incalzare degli eventi, il corpo di Gesù, cercato e minacciato, dovette alla fine soccombere alla forza delle autorità. Al di là della lacunosità e della opacità dei testi, si può affermare che la realtà storica di Gesù è tangibilmente visibile in questi elementi di solitudine e di privazione. Ogni volta che Gesù parla o predica, qualcosa avviene. La gente diventa parte del suo stesso mondo fisico. La predicazione coincide con un mutamento, qualunque esso sia e al di là dei progetti di chi si lascia coinvolgere. Ogni suo enunciato centralizza o marginalizza, coagula o crea resistenza. Invera la dinamicità stessa della vita. Alla fine egli fu travolto da un insieme complesso di fattori che si erano forse inevitabilmente cumulati. Egli stesso li aveva messi in moto, ma non poteva controllarli.

Gesù, nei suoi spostamenti, aveva propositi precisi: non desiderava percorrere le strade principali, né misurarsi con le città o entrare in contatto con la popolazione cittadina. Percepiva forse che nei centri urbani la popolazione sarebbe stata sostanzialmente sorda al suo annuncio, perché realisticamente impegnata nella lotta per la supremazia e il dominio. Aspirazioni e speranze dei ceti urbani erano presumibilmente orientati verso il successo e l'affermazione che la romanizzazione - presente nelle città - faceva pensare probabile o addirittura a portata di mano. L'annuncio di Gesù è del tutto alternativo a queste speranze di successo. Ed egli è personalmente contrario a queste aspirazioni: non tende a occupare una buona posizione, non ha mezzi per giungere agli strati superiori dell'élite religiosa e neppure per assumere ruoli d'autorità politica. Ogni tanto Gesù si allontanava da tutti. Dopo i bagni di folla e i pressanti incontri che si susseguivano giorno dopo giorno, aveva bisogno di arrestarsi, di allontanarsi dal mondo circostante. Dopo aver dialogato con tante persone, sentiva la necessità di sottrarsi alle sollecitazioni esterne e cercava di concentrarsi in sé, in un proprio spazio interiore. Si isolava per pregare, per cercare un rapporto diretto con Dio. Questa sua abitudine di pregare da solo svela una parte incredibilmente densa della sua identità. Pur cercando un rapporto con tutti, egli era un uomo sostanzialmente solo, perché autonomo e indipendente. Trovava tutto il sostegno di cui aveva bisogno in un appello al soprannaturale, solo a esso. È questa pratica dell'invocazione e dell'abbandono incondizionato a Dio che lo sostiene e sta alla radice della sua solitaria vita personale. A causa del suo frequente isolarsi, delle sue fughe, i discepoli conobbero solo parzialmente chi era e cosa aveva fatto. Molte delle sue esperienze rimasero loro ignote, altre furono trasmesse solo ai più vicini. Parte della sua vita rimase sepolta nel segreto, in cui nessuno è mai penetrato.

Il corpo

Tra gli aspetti destinati a rimanere oscuri c'è l'immagine fisica di Gesù. I testi ci consentono di conoscere il suo operato e il rapporto che stabiliva con le persone, ma non descrivono le sue sembianze. Resta il fatto che le persone volevano entrare in contatto con il suo corpo, per ricevere guarigioni. È la pressione fisica delle moltitudini, ampiamente ricordata dai vangeli, a mettere in rilievo il valore dei fatti corporali, la concreta fisicità di Gesù. Il suo corpo taumaturgico determinò la percezione della gente, dei suoi stessi discepoli, condizionò i suoi rapporti, fece da sfondo agli eventi che lo travolsero. Il corpo di Gesù è il traguardo verso cui si dirigono le persone, il desiderio di stare con lui si traduce nel bisogno di toccarlo. Il suo corpo era cercato perché dotato di una straordinaria potenza: poteva guarire malattie ed esorcizzare i demoni. In queste sue capacità, Gesù vedeva l'irrompere del dominio di Dio nel mondo. Gli altri erano sorpresi e meravigliati di questa eccezionale forza. Coloro che lo incontrarono si convinsero che il suo corpo possedesse qualcosa di eccezionale e di unico. È il caso dei tre discepoli che assistono al misterioso evento della trasfigurazione o di quelli che narrano che il suo corpo, sfidando la gravità, aveva miracolosamente attraversato il lago. Le notizie dilagano, si formano gruppi che chiedono azioni straordinarie e prodigiose. Soprattutto verso la fine della sua vicenda, il corpo di Gesù passa per eventi di esaltazione, di devozione oppure di disconoscimento e distruzione che sono rimasti impressi in modo indelebile nella memoria dei suoi seguaci. Il suo corpo conobbe condizioni e pressioni incredibili. Fu cercato e trovato, toccato e imprigionato, osannato e deriso. Fu infine straziato e distrutto. Dopo la morte, al corpo di Gesù crocifisso dai romani, i suoi compagni contrapposero il corpo glorioso della risurrezione. Altri lo ignorarono del tutto e rimasero delusi da ciò che era capitato. Gesù chiedeva a ognuno una conversione personale. Le pecore perdute della casa di Israele erano il suo obiettivo. Gesù si spendeva personalmente in questo disegno di salvezza. Esso era possibile proprio attraverso un dialogo e un confronto che entrava nella vita intima di ciascuno. È dunque nella creazione di una parabola che chiarisce la vita di una persona, nello sguardo rivolto personalmente al singolo interlocutore, che poteva manifestarsi la sua forza di convinzione. Chiunque poteva stabilire questa relazione personale con Gesù. Nessuno era privilegiato in modo esclusivo, neppure i poveri che pur stavano in cima alle sue preoccupazioni. Se un gruppo privilegiato esisteva, era quello dei trasgressori, dei devianti di ogni tipo, che egli invitava a convertirsi.

La religione

Gesù usava partecipare alla vita cerimoniale e religiosa del suo ambiente di origine. Non rinnegava il Tempio né i sacrifici. Aveva peraltro sviluppato forme religiose proprie entro l'alveo delle pratiche giudaiche. Tutto sommato, la sua ritualità, in senso formale, era abbastanza scarna. Molto più incisivo era il suo modo umano di compiere atti e gesti. Le sue azioni ignoravano il rischio di seguire precetti rigidi; riuscivano a raggiungere e a raccogliere chiunque. L'atto più espressivo e simbolicamente più importante era quello del mangiare insieme. Nella sua visione sociale, egalitaria e innovatrice, lo stare insieme a mensa era un'occasione privilegiata per trasmettere il messaggio. Mangiando insieme denunciava la condizione degli schiavi, il servizio domestico che allontanava le donne dall'ascolto dell'annuncio, l'emarginazione sociale dei poveri. Nel cuore di una cena mise in atto il gesto rivoluzionario di lavare i piedi ai suoi seguaci, invertendo i ruoli sociali consueti. Il banchetto divenne addirittura il quadro simbolico di quello che sarebbe stato il regno di Dio. Mangiare o bere vino insieme in attesa del regno imminente non aveva però solo un significato metaforico, perché nel regno si sarebbe mangiato e bevuto realmente. Gesù immaginava un mondo futuro in cui si sarebbero realizzate condizioni di abbondanza materiale, così almeno ha pensato una corrente maggioritaria dei suoi seguaci, nei primi due secoli dopo la sua morte. Dio sarebbe intervenuto finalmente a portare ricchezza, giustizia e a rigenerare il mondo secondo regole di equità. Gesù si sottrasse però, almeno entro certi limiti, all'idea di progettare come il regno di Dio sarebbe stato instaurato. Per parte sua, invitava ad attendere; confidava solo nel cambiamento interiore e in atti di riparazione da parte d'Israele. Gesù non fece nulla per influenzare le autorità e non cercò di fare pressioni sul potere per impadronirsene. Queste erano prospettive estranee alla sua azione. Certo, la reazione dei romani contro di lui e la loro decisione di sopprimerlo hanno tutti i caratteri di una decisione di tipo politico. Ma si trattò di un giudizio, di una valutazione che non comprese le sue intenzioni. Gesù non intendeva controllare le conseguenze della sua azione. Ciò che essa provocò non fu da lui né intenzionalmente causato né desiderato. I vangeli di Marco, Luca e Matteo hanno pensato che egli, alla fine, avesse accettato l'esito della sua morte, interpretandolo come una decisione indiscutibile che Dio aveva preso nei suoi confronti. E per questo egli vi si sottomise. Gesù giocava una partita estrema con la vita. Si deve ipotizzare che il (meta)linguaggio delle emozioni possa rivelarci qualcosa della vita interiore di Gesù. Certo, canalizzati dalla sua cultura, gli impulsi intimi non possono non essere stati tra le Note componenti della sua vita. I vangeli sinottici parlano soprattutto della compassione di Gesù e lasciano intendere anche il controllo che egli esercitava sui suoi sentimenti o l'ira che lo scatenava. Da questa attenzione dei vangeli dipende verosimilmente un modello che ha profondamente influenzato le culture religiose successive. Sembra che Gesù insegnasse ai suoi discepoli a provare le sue stesse emozioni, soprattutto la compassione, per indurre in loro un comportamento morale esemplare. Anche nelle parole che il Vangelo degli Ebrei e il Vangelo di Tommaso gli attribuiscono si scorgono segni del suo pensiero più intimo, e del suo insegnamento sulle varie fasi della vita spirituale (stupore, pace interiore, dominio di sé). La visione finale che ci trasmettono i racconti della preghiera nell'orto del Monte degli ulivi rivela un carattere costante della sua esistenza. Al termine della sua vita la situazione che Gesù si trova di fronte è irrisolvibile. Aveva assunto, in modo personale, pesi e fatiche, speranze e attese, aveva sperato in Dio, aveva attivato forze incontenibili. Giunto al compimento del suo dramma, al momento di massima tensione personale, riaffiora la fedeltà allo stile di vita che aveva abbracciato. Gesù rimane solo, con le sue sole forze, faccia a faccia con Dio. Da parte sua l'obbedienza a lui continua. Non chiede nulla che non sia quello che deve avvenire. Tutto avverrà davanti a un mondo che egli non può dominare e che è sostanzialmente lontano ed estraneo a lui. Uomo della mobilità e della convivialità, rimarrà totalmente solo e immobilizzato sul legno.

Gesù era un ebreo che non voleva fondare una nuova religione. Era convinto che il Dio delle Sacre Scritture ebraiche stesse cominciando a trasformare il mondo per instaurare finalmente il suo regno sulla terra. Era del tutto concentrato su Dio e pregava per capire la sua volontà e ottenere le sue rivelazioni, ma era anche del tutto concentrato sui bisogni degli uomini, in particolare i malati, i più poveri e coloro che erano trattati in modo ingiusto. Il suo messaggio era inscindibilmente mistico e sociale. Il regno di Dio non venne e, anzi, egli fu messo a morte dai romani per motivi politici. I suoi discepoli, che provenivano da ambienti i più vari, ne diedero fin dagli inizi interpretazioni differenti. Si interrogarono sulla sua morte fornendo spiegazioni diverse e molti di loro si convinsero che egli fosse risuscitato. Un certo numero dei suoi seguaci rimase dentro le comunità ebraiche, mentre altri diedero vita a una nuova religione percorsa da diverse correnti, il cristianesimo.

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