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Il mosaico della fraternità. Pensieri sull’enciclica “Fratelli tutti”

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ANTOINE COURBAN, LUCIANO FLORIDI, ROBERTO REPOLE, ROSANNA VIRGILI

 IL MOSAICO DELLA FRATERNITÀ 

Pensieri sull’enciclica “Fratelli tutti” 

Prefazione di Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo 

EDIZIONI QIQAJON COMUNITÀ DI BOSE


L’enciclica Fratelli tutti, impiantata nel “vangelo della creazione”, non lascia fuori nessuno. Siamo fratelli e sorelle perché condividiamo un anelito, una speranza, e perché siamo coinvolti tutti nel dinamismo della carità, dell’amore gratuito e oblativo che resta il segreto del mondo. Il cuore della fraternità è sentirci noi fratelli del creato e di ogni uomo e di ogni donna. Una fraternità universale perché uno solo è il Padre che è nei cieli e che tutti ha creato e tutti mantiene in vita con il suo infinito amore. (dalla “Prefazione” di Corrado Lorefice)

 FRAMMENTI DI FRATERNITÀ VISSUTA 

Antoine Courban, appartenente alla chiesa greco-ortodossa di Antiochia, medico e docente presso l’Università Saint-Joseph di Beirut.

Quando fratel Sabino Chialà mi propose di dare il mio contributo a questo lavoro, provai la stessa emozione che avevo percepito quando, per la prima volta, conobbi la comunità monastica di Bose, tanto tempo fa. Un’emozione che non è sentimentalismo e che deriva, bensì, dal calore, dolce e benefico, che suscitano l’affetto e la tenerezza fra i membri di una stessa famiglia. Ci sono, infatti, dei luoghi predestinati in questo mondo dove l’uomo, non appena entra in contatto con essi, percepisce, con un sentimento irenico di grande affetto, di essere a casa, at home come dicono gli anglosassoni.

Durante il mio primo soggiorno a Bose, partecipai a una liturgia bizantina dove i fratelli e le sorelle della comunità avevano lasciato il loro posto nel coro a noi, che eravamo giunti da tutte le giurisdizioni dell’ortodossia. La liturgia, presieduta dal vescovo libanese monsignor Georges Khodr, fu sobria e non si dilungò in inutili digressioni. I testi vennero letti o cantati in greco, arabo, slavo, italiano e persino inglese. Ciascuno sembrava voler affermare, attraverso un responsorio, una frase o un versetto, la sua particolare identità culturale. I fratelli e le sorelle di Bose, che ci avevano accolto, non si accostarono al calice e non condivisero con noi il pasto che, un tempo, Gesù di Nazaret aveva istituito raccomandandoci di prenderlo insieme in memoria di lui. Confesso di non avere mai accettato il rifiuto dell’intercomunione fra giurisdizioni ecclesiastiche separate, per non dire rivali. Ho sempre pensato che siano gli uomini, e non lo Spirito, a fare a pezzi la chiesa. Non essendo un teologo, ho sempre sostenuto che l’intercomunione debba essere il preambolo dell’unità ritrovata, non la sua conclusione. A mio parere, l’intercomunione deve essere in grado di facilitare l’opera dello Spirito nell’ammorbidire la durezza del cuore dell’uomo e riparare i danni che questi ha causato.

TEMPO E SPERANZA IN “FRATELLI TUTTI”

Luciano Floridi, docente di filosofia ed etica dell’informazione presso l’Università di Oxford

Siamo entrati nel xxi secolo con una lacerazione tragica, la pandemia. Nei futuri libri di storia sarà questa il vero spartiacque con il Novecento – e quella mentalità, quel modo di organizzare la vita, gestire le paure e le speranze, quei problemi e quelle soluzioni, in poche parole quella filosofia – così come la prima guerra mondiale è stata la vera soglia che ha segnato la fine dell’Ottocento. Non perché tutto quello che esperiamo ora non fosse già presente negli anni passati, dalla rivoluzione digitale al cambiamento climatico, dalla crisi della democrazia all’ingiustizia sociale, dai rigurgiti fondamentalisti e fascisti al problema dell’immigrazione, dalla fine delle ideologie alla crisi del modello capitalista neoliberale. Ma perché, come la prima guerra mondiale, la pandemia ha saldato tutti questi vettori della storia in un unico momento di spinta globale, sincronizzata, violenta, facendo della fine del Novecento un’esperienza comune sul pianeta. Tutte le vibrazioni erano già presenti, ma la profonda frattura che hanno causato e ha chiuso il Novecento è arrivata ed è stata percepita solo una ventina d’anni dopo la data del calendario. La pandemia è il classico pettine dove i tanti preesistenti nodi sono ora giunti.

FRATERNITÀ UNIVERSALE: LA RADICE TEOLOGICA

Roberto Repole, presbitero, docente di ecclesiologia e teologia sistematica presso la Facoltà teologica di Torino.

A distanza di cinque anni dalla Laudato si’, papa Francesco ha pubblicato la seconda enciclica interamente sua (la Lumen fidei, infatti, fu scritta com’è risaputo a quattro mani, in collaborazione con il suo predecessore Benedetto XVI). Come ammette lo stesso papa, quanto egli ci ha consegnato in Fratelli tutti non pretende di offrire qualcosa di radicalmente nuovo e inedito. “Le questioni legate alla fraternità e all’amicizia sociale – afferma infatti Francesco – sono sempre state tra le mie preoccupazioni. Negli ultimi anni ho fatto riferimento a esse più volte e in diversi luoghi. Ho voluto raccogliere in questa enciclica molti di tali interventi collocandoli in un contesto più ampio di riflessione” (FT 5). Quanto costituisce una novità è dunque la cornice, quella della fraternità universale, nella quale vengono raccolte e ampliate riflessioni già diffusamente svolte.

Non deve pertanto stupire il fatto che i giudizi contrastanti che, da diversi anni, accompagnano i pronunciamenti e i gesti di Francesco abbiano contrassegnato anche la pubblicazione dell’ultima enciclica: da chi l’ha salutata con entusiasmo vedendovi persino l’accoglienza del grande principio della massoneria moderna (la fratellanza universale, appunto), a chi l’ha etichettata come la tomba della fede cristiana a vantaggio di una pseudoreligione globale, che farebbe della fraternità un assoluto che soppianta Cristo. Forse né gli entusiasti né gli ipercritici sono però di aiuto ad offrirne una lettura oggettiva e non ideologica.

IL NOI DELLA “FRATELLI TUTTI”

Rosanna Virgili, docente di esegesi dell’Antico Testamento all’Istituto teologico marchigiano.

Ancorché l’enciclica ponga il suo inizio nel medioevo di Francesco d’Assisi, è impossibile non udirvi le risonanze genetiche bibliche, più antiche di più di un millennio. Il postulato di una fraternità universale che descrive l’identità degli esseri umani ancor più dell’idea di una fratellanza teorica o ideologica, appartiene alle narrazioni patriarcali del libro della Genesi: “Non abbiamo, forse, tutti noi un solo Padre? Forse non ci ha creati un unico Dio? Perché, dunque, agire con perfidia l’uno contro l’altro, profanando l’alleanza con i nostri padri?” (Ml 2,10). Il ricorso al Dio creatore, ragione di una condizione antropologica comune, viene prima delle appartenenze etniche, etiche, culturali e religiose che hanno cristallizzato le diversità stabilendo dei confini esclusivi. “Non abbiamo tutti noi un solo Padre?”, vale a dire: non siamo tutti figli? L’essere figli fonda il “diritto” alla fraternità universale: “Come credenti pensiamo che, senza un’apertura al Padre di tutti, non ci possano essere ragioni solide e stabili per l’appello alla fraternità. Siamo convinti che soltanto con questa coscienza di figli che non sono orfani si può vivere in pace tra noi. Perché la ragione da sola è in grado di cogliere l’uguaglianza tra gli uomini e stabilire una convivenza civica tra loro, ma non riesce a fondare la fraternità” (FT 272). Ed ecco lo scacco della legge, dei codici di diritto, a fondamento della giustizia tra gli umani, al mondo. La ragione può capire che gli umani siano tutti uguali e può elaborare ordinamenti di convivenza civica fra loro, ma occorre un’“apertura al Padre di tutti”, una “coscienza di figli che non sono orfani” per vivere in pace. La fraternità si traduce come atto di pace posto in un quadro dialettico, in cui occorre lottare per costruirla. Né i codici di legge, né le ideologie politiche a difesa della libertà e dell’uguaglianza sono riusciti in passato né riescono, ancor oggi, a realizzare la fraternità.


INDICE 

5 PREFAZIONE Corrado Lorefice 

13 TEMPO E SPERANZA IN “FRATELLI TUTTI” Luciano Floridi 

25 IL NOI DELLA “FRATELLI TUTTI” Rosanna Virgili 

25 L’inizio 

28 L’abito del noi 

28 Il plurale dell’autore 

30 Francesco d’Assisi 

31 La voce dei poveri 

32 Il noi ecumenico e interreligioso 

36 Il noi ultrareligioso, laico, popolare 

37 Il noi politico 

40 Il senso della storia 

44 Il noi profetico-sapienziale 

51 Ama il prossimo tuo 53 Una strana enciclica? 

57 FRATERNITÀ UNIVERSALE: LA RADICE TEOLOGICA Roberto Repole 

59 Uno sguardo disincantato, ma non neutrale: la fraternità ferita 

63 “Homo capax boni”: per un’antropologia fraterna 

73 Il fondamento cristologico-teologico implicito 

81 Fraternità cristiana e fraternità umana: quale correlazione? 

89 FRAMMENTI DI FRATERNITÀ VISSUTA Antoine Courban 

92 L’uno e l’altro 94 Aleppo 98 Tripoli del Libano 

100 Il Cairo 104 Beirut e il dialogo interreligioso: Hassan 

107 Il dottor Haydar 

111 Dialogo interreligioso e fraternità 

115 Per concludere: quando il deserto fiorisce  

RECENSIONI

M. Schoepflin, "Diversità e connessione", in L'Osservatore Romano (15 ottobre 2021)

P. Ghezzi, "Una enciclica, 4 piste. La Fratelli tutti vista da Bose", in Vita trentina (20 giugno 2021)

R. Cristiano, "Francesco, il Libano e quelle cene per il Ramadan offerte da una cristiana", in formiche.net

Comunicato stampa del 18 maggio 2021

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