Ludwig Monti "La trasfigurazione di Gesù"
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
Egli aveva annunciato che alcuni tra suoi discepoli avrebbero visto il regno di Dio prima di morire. E così avviene. Gesù prende con sé Pietro, Giovanni e Giacomo, e sale sul monte a pregare con loro, per trovare luce sul suo cammino.
L’Esodo di Gesù da questo mondo al Padre
Ogni anno il 6 agosto, al cuore dell’estate, la Chiesa ci fa contemplare il grande mistero della trasfigurazione di Gesù, narrato dai Vangeli sinottici. Luca (9,28-36), in particolare, lo pone in relazione al tema della preghiera di Gesù, sul quale sosteremo in una delle prossime tappe della rubrica. Disponiamoci dunque a meditare su questo evento dai significati inesauribili.
Luca ci rivela che “Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, parlavano con Gesù del suo esodo che stava per compiersi a Gerusalemme”, dell’esodo da questo mondo al Padre che Gesù avrebbe vissuto in obbedienza alle Scritture. Il collegamento tra Tabor (monte della trasfigurazione) e Golgota (monte della passione) è l’alzare il velo su ciò che attende Gesù alla fine del viaggio intrapreso verso Gerusalemme. Subito dopo aver ricevuto la confessione di Pietro che lo ha proclamato Messia, Gesù ha fatto il primo annuncio della “necessità” della sua passione, morte e resurrezione (cf. Lc 9,22). Proprio dopo questa rivelazione, “circa otto giorni dopo”, ecco l’evento della trasfigurazione, per attestare che Gesù è il Cristo, come lo aveva proclamato Pietro (cf. Lc 9,20), ma pure che la sua gloria contiene come necessitas la passione e morte.
La “necessità” della Passione di Gesù
Questa “necessità”, di cui Gesù parla spesso in Luca, non è legata né al caso né a un destino voluto da Dio: Gesù è andato verso la morte nella libertà e per amore. La sua passione era anzitutto legata a una necessità umana: in un mondo di ingiusti, il giusto viene rifiutato, perseguitato e, se possibile, ucciso (come si legge nei primi due capitoli del libro della Sapienza). Gesù avrebbe potuto passare dalla parte degli ingiusti: allora l’ostilità verso di lui sarebbe cessata; continuando invece a essere fedele alla volontà di Dio e a fare il bene, poteva solo preparare il suo rigetto.
Ora, se Gesù, il Giusto, affronta tale situazione senza fare violenza, ma restando fedele a Dio, allora la necessità umana può anche essere letta come divina: la libera obbedienza alla volontà di Dio, che chiede di vivere l’amore fino all’estremo, esige una vita di giustizia e amore, anche a costo della morte.
Preghiera e trasformazione
In tale ottica, Gesù aveva annunciato che alcuni tra suoi discepoli avrebbero visto il regno di Dio prima di morire (cf. Lc 9,27). E così avviene. Gesù prende con sé Pietro, Giovanni e Giacomo, e sale sul monte a pregare con loro, per trovare luce sul suo cammino. Ed ecco, durante la preghiera, la manifestazione della gloria di Dio nella sua persona: accade una trasformazione del suo volto che diventa splendente e delle sue vesti, sfolgoranti. Gesù è altro? No, è l’uomo Gesù di Nazaret, ma è contemplato nella sua gloria, nel suo legame mai spezzato con il Padre.
Secondo i padri della Chiesa greca la trasformazione, la metamorfosi è un evento che riguarda gli occhi e il cuore dei discepoli. Ciò che è stato trasfigurato è lo sguardo dei tre, i quali hanno visto per grazia ciò che non sapevano vedere nella quotidianità. A loro è data la facoltà di vedere il Cristo nella sua realtà di Figlio di Dio, “nascosta” nella vicenda terrena di Gesù.
Vuoi sapere se i discepoli, quando Gesù si trasfigurò davanti a quelli che aveva fatto salire sulla montagna, videro Gesù sotto forma di Dio, quella che prima era la sua, avendo preso quaggiù la forma di schiavo? Ascolta queste parole, in senso spirituale, e nota che non è detto solo “fu trasfigurato”, bensì “fu trasfigurato davanti a loro” (Origene).
Luce per affrontare la via crucis
Questa esperienza di gloria è rivelazione non solo per i discepoli, ma anche per Gesù: per affrontare la prova, non occorre essere esperti in sofferenza, ma semplicemente avere visto la luce, nella fede, non con occhi carnali. Occorre restare saldi nel Signore, credere che la sua via è quella della vita, anche a costo di perderla: perderla per lui è trovarla, e chi ha una ragione per cui vale la pena dare la vita, fino a morire, ha anche una ragione per vivere!
Gesù dunque, all’inizio del viaggio verso Gerusalemme, riceve dal Padre la luce necessaria per affrontare il cammino, anche nella tenebra della sofferenza. Pure i discepoli sono muniti di una luce che deve sostenerli e far loro comprendere la necessità della passione in ogni strada di amore autentico, che deve mantenerli nella fede pur nello scandalo della passione.
Mosè ed Elia, la legge e i profeti
Per questo, nella luce che Dio dona a Gesù e ai discepoli appaiono Mosè ed Elia, la Legge e i Profeti, le Scritture contenenti la Parola di Dio, quale conferma per il cammino di Gesù e luce per i discepoli. Mosè ed Elia dicono la necessità dell’esodo di Gesù: in mondo ingiusto, se il giusto vuole rimanere nella logica della giustizia e dell’amore – cioè di Dio – non può che “soffrire molte cose” (Lc 9,22). Verità difficile da accettare, ma la fatica è un passaggio necessario per ogni via di amore fedele: non può essere soppressa nel cammino di umanizzazione e neanche nella sequela di Gesù.
Del resto, Gesù lo ha appena detto: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, smetta di porre al centro se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà” (Lc 9,23-24). Se dunque il discepolo, ciascuno di noi, ha visto con gli occhi della fede la luce di Cristo, è equipaggiato per la lotta spirituale, per vivere il paradosso del Vangelo. Ciò nella dinamica della preghiera: Gesù e i discepoli sono saliti sul Tabor e saliranno sul monte degli Ulivi (cf. Lc 22,39-46) per pregare. I discepoli hanno visto la gloria di Gesù sul Tabor perché sono restati in preghiera; non hanno invece saputo contemplare Gesù sul monte degli Ulivi e seguirlo al Golgota perché quella notte non sapevano pregare. Entrambe le volte erano oppressi dal sonno, ma sul Tabor si tennero svegli per pregare e videro la gloria di Gesù; sul monte degli Ulivi, invece, non riuscirono a vegliare, nonostante Gesù li avesse chiamati a pregare con lui, e così decisero la fuga e il rinnegamento del cammino percorso.
La nostra preghiera, con Gesù
La nostra preghiera è chiamata a essere come quella di Gesù: ascolto della parola di Dio contenuta nelle Scritture, colloquio con chi è vivente in Dio, esperienza della comunione dei santi. In questa preghiera Gesù trova conferma al proprio cammino, orientato verso la passione, morte e resurrezione, in continuità con la storia di salvezza. In questa preghiera, ci sia dato di rinnovare la nostra fede nella voce di Dio che ripete ogni giorno al nostro cuore: “Questi è il Figlio mio, l’amato, l’eletto; ascoltatelo!”.
Il grande comandamento “Ascolta, Israele!” (Dt 6,4), ormai risuona come: “Ascoltate lui, il Figlio!”, Parola fatta carne in Gesù (cf. Gv 1,14), Uomo in cui le Scritture trovano il loro compimento (cf. Lc 24,44). Questo è l’essenziale della nostra fede ed è la via per restare alla sequela di Cristo: certi che la nostra lotta quotidiana, sostenuta dalla preghiera, si aprirà sulla luce della resurrezione. E fidandoci della promessa trasfigurante di Gesù: “Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà”.
Fonte: L'Eco di San Gabriele