Gianfranco Ravasi "Stranieri e pellegrini in terra"
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Quando Bonifacio VIII nel 1300 indisse il primo Anno Santo (nella Bolla che lo proclamava non aveva usato la parola “Giubileo”), il mercante e banchiere fiorentino Giovanni Villani aveva una ventina d’anni (morirà nel 1348). A lui dobbiamo un’opera in 12 libri, Nuova cronica, che spaziava dalla torre di Babele fino ai suoi giorni.
Dalla finestra del mio ufficio vedo il flusso incessante che, sotto il sole cocente, si muove verso la basilica di San Pietro. È spontaneo, perciò, proporre una riflessione su un atto che segna tutte le religioni, il pellegrinaggio. La tradizione orientale in modo suggestivo descrive tre tipologie diverse di viaggiatori. C’è chi procede solo coi piedi e sono i mercanti, che transitano di luogo in luogo, preoccupati soltanto dei loro affari. C’è, poi, chi cammina con gli occhi, ed è il sapiente sapiente che vuole conoscere paesaggi e culture nuove (dovrebbe essere questo il vero turismo…). E, infine, c’è chi avanza col cuore, pur spostandosi coi piedi e con gli occhi aperti, ed è il pellegrino, colui che cerca il mistero profondo che si annida in ogni spazio, soprattutto nei “luoghi santi”.
Le mete possono essere tante. A Gerusalemme le tre religioni monoteistiche si affidano ad altrettante pietre fondanti simboliche: il cosiddetto “Muro del pianto”, testimonianza del tempio di Sion per l’ebraismo; la pietra ribaltata del Santo Sepolcro nella risurrezione per i cristiani; la “Cupola della roccia” nella moschea di Omar, sede del sacrificio di Isacco e dell’ascensione al cielo del profeta dell’islam, Maometto. La rete dei cammini sacri cristiani è immensa: si pensi solo ai santuari mariani o a quelli legati a martiri e santi (Assisi, Santiago di Compostela, Padova e così via).
Indubbiamente Roma, sede del martirio di Pietro e Paolo e della comunione ecclesiale, è per il cattolicesimo un vertice verso il quale confluiscono da secoli “le vie romee” e, quest’anno, i pellegrini cosmopoliti del Giubileo. Ebbene, tutta la Bibbia è attraversata da viaggi santi, a partire dal nostro padre nella fede Abramo, e dai patriarchi come si esprime la Lettera agli Ebrei: «Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì avviandosi verso un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andasse… Egli aspettava, infatti, la città dalle salde fondamenta il cui architetto e costruttore è Dio stesso… Nella fede tutti i patriarchi morirono… dichiarando di essere stranieri e pellegrini sopra la terra» (11,8-9.13).
Anche il re Davide davanti al Signore definisce così Israele: «Noi siamo forestieri dinnanzi a te e di passaggio come tutti i nostri padri» (1Cronache 29,15). Queste parole evocano la grande vicenda dell’esodo dall’Egitto verso la Terra promessa, una sorta di pellegrinaggio con tutte le fatiche e la gloria di un itinerario che diventa simbolico, come suggerirà il Libro della Sapienza che tratteggia quell’esperienza come la trama futura del nostro percorso verso l’eterno abbraccio con Dio nell’immortalità beata. Tanto ancora la Bibbia ci offre sul pellegrinaggio, ed è per questo che ritorneremo sul tema nella prossima puntata della nostra rubrica giubilare.