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Scegliere la porta stretta: conversazione con padre Alberto Maggi

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15 maggio 2025

conversazione con Alberto Maggi

Salire a Montefano è sempre una grande emozione, questo luogo medievale delle Marche suscita già da quando lo intravedi da lontano un senso di tranquillità, serenità, pace. Ma l’emozione aumenta quando vai a trovare presso il Centro studi biblici “G. Vannucci” padre Alberto Maggi.

 Alberto ti trasmette subito grandi emozioni, la sua gioia, la sua voglia di vivere, il suo amore per tutto quello che ci circonda sono contagiose. 

Buon giorno padre Alberto come stai? 

Sono nato nel 1945, a novembre sono 80! Se avessi saputo che era così bello invecchiare sarei invecchiato prima! Sto bene, anche se, ovvio, con l’avanzare dell’età c’è bisogno di tanto in tanto di una revisione, fare un tagliando, e si scarta quel che non serve più... invecchiare non è perdere, bensì trasformare, non rimpiangere quel che non c’è più e non si può più fare, ma saper gustare con più calma quel che viene...

Siamo nel pieno del Giubileo della speranza indetto da papa Francesco, tempo di riflessione, di impegno, un tempo per “portare il lieto annunzio ai miseri, fasciare le piaghe dei cuori spezzati, proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri” come dice il profeta Isaia, questo è il Giubileo che stiamo vivendo? 

Non so, non sono competente di queste cose, e neanche interessato. Sono da sempre un tipo pratico, uno che crede solo a quel che vede e tocca con mano, per questo sono appassionato del Vangelo, tutto il resto è religione, folklore, pia pantomima, business. Vivere il Giubileo secondo il Vangelo sarebbe scegliere la porta stretta anziché la larga, la porta della banca per alleggerire il proprio conto e donarne a chi non ne ha, piuttosto che varcare il portone di un santuario. La primitiva comunità cristiana testimoniava con forza la risurrezione del Cristo perché nessuno tra essi era bisognoso e non con cerimonie religiose.

È finita la terza fase del Sinodo, un Sinodo che ha prodotto documenti ed ha impegnato per tre anni preti, vescovi, uomini, donne, religiosi e religiose, tu che giudizio ne dai?

Beh, vescovi e preti religiosi devono pur fare qualcosa, far vedere che ci sono, e Sinodo dopo Sinodo confermare la gattopardesca massima di cambiare tutto perché tutto resti uguale.

Quali possono essere secondo te, vista l’attuale diaspora dei cristiani, i luoghi, i linguaggi, i riti, i ministeri anche nuovi che possono consentire di vivere con autenticità la fede? Non credi che debba essere rivista l’amministrazione dei sacramenti, in modo particolare quello del battesimo e della cresima?

Vangelo, Vangelo e ancora Vangelo... il grande assente nella formazione dei cristiani, dai catechismi alla teologia. Tutto, ma proprio tutto, deve essere declericalizzato e evangelizzato, non per distruggere, ma per vivificare, per togliere la coltre asfissiante del clericalismo che pervade la vita del credente, dei religiosi, dei preti. Si ha paura di tagliare i rami secchi perché da sempre si è abituati alla loro vista, rami che rassicurano, proteggono. Quando si ha il coraggio di farlo, si vedrà che in realtà erano l’impedimento perché le nuove gemme germogliassero e fiorissero. 

Che giudizio dai del pontificato di papa Francesco?

La sera prima del conclave che lo elesse partecipavo a una trasmissione televisiva e dissi che ci voleva un papa come Francesco. È venuto. Ci ha provato. È sopravvissuto. Per lui tanta ammirazione e a lui tanta gratitudine, ma in questione ora è il papato, da rivedere. Un papa a vita ormai non è più concepibile, quel che di nuovo può e deve fare un papa lo compirà senz’altro in una decina di anni, poi ci vuole il cambio.

Siamo in un cambiamento d’epoca, come ha detto tante volte papa Francesco, e l'Europa abbia un unico obiettivo, una sola logica che è quella della forza e del riarmo con la sospensione del diritto internazionale. Difesa, sicurezza sono parole che in questo periodo i vertici europei stanno usando in modo ipocrita, con il progetto che prevede 800 milioni di euro per riarmare l’Europa, non certo per difesa e la sicurezza. Chi pronuncia la parola pace viene considerato un illuso, un fuori dalla realtà. Com’è possibile costruire sulla pace politiche realistiche, credibili ed attraenti, soprattutto per le nuove generazioni?

Molti anni fa andai a predicare un corso di esercizi spirituali in un paesino al nord, in una comunità religiosa. Nelle pause uscivo per il paese e ero colpito dalla bruttezza di quanti incontravo: brutti i bambini, brutti i vecchi, brutte le donne brutti gli uomini. Non capivo. Poi chiesi alla suora che mi aveva invitato come mai in quel paese fossero tutti brutti. Lei rispose che lavoravano tutti alla fabbrica di armi, in particolare alla costruzione di mine... Compresi che chi lavora per la morte diventa morte, e la morte è brutta. Di nuovo la risposta è nel Vangelo, dove la beatitudine per i costruttori di pace viene dopo quella riguardante i poveri, se non c’è questa scelta per la povertà intesa come condivisione dei beni la pace resta una pia illusione.

Si parla spesso di impegno politico dei cattolici, ma ha ancora qualcosa da dire il cattolicesimo democratico? Come superare quest’agonia dei cattolici? La Chiesa è in grado di formare le nuove generazioni ad un impegno concreto per la Polis?

Ci sono delle fortune nella vita, e la mia è stata incontrare a Monte Senario, Firenze, dove stavo completando il noviziato nei frati Servi di Maria, il grande Giorgio La Pira. Rimasi incantato dalla sua persona, emanava santità, ma quella vera, non bigotta, lo guardavo ammirato e ascoltavo estasiato. Lui se ne accorse, mi volle conoscere e mi assicurò che sarebbe venuto per la mia professione solenne, e così fu. Più che un regalo, una consegna di laicità cristiana anche nella vita religiosa.

Il 25 aprile è stato l’80esimo anniversario della liberazione. La Costituzione è spesso sotto attacco, come immaginare una sintesi nuova delle culture che ne sono state le protagoniste, mi riferisco al pensiero laico, cattolico e socialista?

Sono nato in questo clima della liberazione, me ne sono nutrito col latte. Nel mio Dna c’è una forte componente anarchico-antifascista, e questo ha inculcato in me un forte senso della dignità dell’essere umano. Poi coi Vangeli ho scoperto che quanto più si è umani tanto più si manifesta il divino che è in noi... Ogni cultura ogni movimento politico deve tendere all’umanizzazione della società, ma questo non è conveniente economicamente. Quando nei Vangeli Gesù guarisce un furioso indemoniato e i demòni finiscono in una mandria di maiali che affogano nel lago, i proprietari non si rallegrano per la restituita dignità dell’uomo ma si spaventano per la perdita economica, e pregano Gesù di andare a compiere i suoi prodigi altrove... Quanto si è disposti a spendere per la dignità dell’uomo?

Grazie padre Alberto delle tue parole e della tua disponibilità, ma prima di salutarci un’ultima domanda... tu hai paura delle morte?

Veramente è lei che ha paura di me, ci ha provato ben tre volte e ogni volta si è tirata indietro...

Grazie Alberto!

Stefano Zecchi

 











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