Clicca

La confessione oggi tra psicologia e religione

stampa la pagina


28 gennaio 2023

Secondo l’enciclopedia italiana Treccani, confessare significa riconoscere e palesare una propria colpa, un errore commesso, o altro fatto che per qualche motivo si era tenuto nascosto.

È possibile distinguere almeno tre ambiti in cui la confessione di una persona a un'altra svolge un ruolo importante: la religione, la psicoterapia e la giustizia penale. Tralasciando l’ultimo contesto, proporrei di concentrarci sulle peculiarità e possibili punti di contatto dei primi due ambiti. Possiamo affermare che tutte le principali religioni del mondo, pur variando per quanto riguarda le modalità, i tempi, i luoghi e i destinatari delle confessioni, incoraggiano a riconoscere e rivelare le proprie trasgressioni. Tra le tradizioni cristiane esiste, infatti, un’enorme varietà di metodi confessionali che sono accomunati dal medesimo scopo: il perdono e il ricongiungimento con Dio. Tale ricongiungimento, come ha affermato Papa Francesco in occasione del 32.mo Corso sul foro interno promosso dalla Penitenzieria Apostolica, “è una potentissima medicina per l’anima e anche per la psiche di tutti” e mira a favorire l'unione e il ricongiungimento con il sé, con l'altro e con la comunità.

Dal punto di vista psicologico, sono state identificate almeno tre funzioni psicologiche della confessione sacramentale (Murray-Swank, McConnell, & Pargament, 2007): la riduzione del senso di colpa e della vergogna, la ricerca di un legame sociale e la ricerca di significato e di coerenza.

In primo luogo, nell'esperienza della confessione appaiono centrali le emozioni di colpa e vergogna. Nonostante il senso di colpa rappresenti uno stato affettivo negativo, esso può rappresentare anche il punto di partenza per un cambiamento positivo: al senso di colpa può infatti seguire il desiderio di attivarsi in gesti di riparazione che danno forma a comportamenti positivi a livello interpersonale.

In secondo luogo, la sensazione di aver peccato o di aver violato una norma intrisa di significato spirituale può essere un'esperienza di dolore e isolamento. La confessione spirituale, soprattutto quando è praticata insieme ad un altro individuo o in un gruppo con cui ci si sente in sintonia sul piano delle credenze e dei valori, è in grado di promuovere un senso di profonda connessione sociale.

In terzo luogo, l'atto di tradurre i pensieri e sentimenti in linguaggio contribuisce a fornire significato e coerenza all'esperienza umana, in particolare all'interno di un quadro spirituale.
I benefici derivanti dall’attività di rivelazione dei propri pensieri e sentimenti personali sono stati oggetto dei famosi studi di Pennebaker, che hanno mostrato che il processo di svelamento del sé (self-disclosure) è associato a un migliore funzionamento fisiologico e psicologico e ha effetti positivi sull’autostima e il benessere. In altre parole, gli individui che praticano la confessione spirituale possono trarre beneficio dal parlare o scrivere le loro trasgressioni perché ciò porta a una narrazione e comprensione più completa di se stessi e degli eventi della propria vita.

Nonostante i potenziali benefici psicologici della confessione spirituale, è fondamentale non ridurla a un comportamento puramente psicologico. Da un lato, il bisogno di benessere psicologico e salute mentale può trovare sostegno nella consulenza psicologica, che peraltro ha visto un importante aumento delle richieste a seguito della pandemia, anche sostenute da politiche attivate sul piano nazionale e internazionale. Dall’altro, l'elemento distintivo della confessione spirituale è che la norma morale violata abbia un significato spirituale per l'individuo. Pertanto, la caratteristica unica di una confessione spirituale è il riferimento a concetti teistici o al sacro. Questo confine definitorio distingue la confessione spirituale da altri tipi di confessioni o rivelazioni.

Recentemente è stata condotta una ricerca qualitativa (Devassia, & Gubi, 2022) che si è posta l’obiettivo di mettere a fuoco le possibili somiglianze e differenze tra confessione sacramentale e consulenza psicologica. Nel farlo la ricerca ha analizzato delle parole di alcuni sacerdoti cattolici che sono anche consulenti certificati con un minimo di cinque anni di esperienza nella consulenza e nel sacerdozio cattolico.

L'analisi tematica ha, da un lato, fatto emergere le analogie percepite tra confessione e consulenza: l’ascolto e l’accettazione, la riservatezza, il contesto sicuro e protetto in cui viene praticata, l’effetto curativo e trasformativo della pratica e la natura conversazionale di una pratica auto-riflessiva.

Tuttavia, i partecipanti hanno anche riconosciuto delle importanti peculiarità, tra cui: l’anonimato del confessore vs l’identità dello psicologo; la pratica non sempre continuativa del confessore vs quella continuativa dello psicologo; il ruolo di mediatore del sacerdote, che nella confessione è un rappresentante della Chiesa e un mediatore tra Dio e il penitente vs l’assenza di mediazione dello psicologo; la natura spirituale vs laica della pratica, che si ripercuote nel fatto che la confessione si basa sulla grazia e sull'amore di Dio mentre la consulenza si basa sulla relazione tra la persona e il consulente; la metodologia universalmente accettata della confessione che prevede una pratica rituale vs una varietà di metodi terapeutici impiegati nella consulenza.

Tale analisi mette in risalto la complessità di questa esperienza e, data l’importanza di questa pratica sulla salute mentale, fisica e spirituale dell’uomo e della comunità, la comprensione dei processi implicati risulta estremamente interessante. Sebbene la ricerca psicologica offra strumenti potenti per comprendere meglio la confessione, tale prospettiva può far luce solo su alcuni aspetti del fenomeno. La confessione è quindi una pratica al centro del cammino spirituale e un argomento che necessita di ulteriori studi nella psicologia della religione e che trarrebbe beneficio dal dialogo con altri campi di studio, come la teologia, l'antropologia e la sociologia.

Daniela Villani

Daniela Villani è Professore Associato di Psicologia Generale presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove è anche docente di Psicologia della Religione. Ha recentemente curato l’edizione italiana del manuale di Fraser Watts Psicologia della Religione e della Spiritualità. Aspetti teorici ed applicativi (Vita e Pensiero).
stampa la pagina

Gli ultimi 20 articoli