Vito Mancuso "Il mondo ha sete di spiritualità"
SPECIALE JESUS – MOLTE FEDI SOTTO LO STESSO CIELO
Non insegna in un’università ecclesiastica, ha una solida formazione teologica, riesce a vivere dei suoi libri. È anche per questi tre fattori che probabilmente, quando si tratta di affrontare qualche argomento “delicato”, più di una persona passa la palla: «Chiedi a Vito Mancuso, può parlare con più libertà..». 60 anni, originario di Carate Brianza, genitori siciliani, il teologo che si definisce “post-cristiano” è stato ospite a “Molte fedi sotto lo stesso il cielo”. «Il cristianesimo è parte integrante di me e al contempo non è più l’unica spiritualità che definisce il mio credo, il mio agire, il mio pensare. Sto provando a sviluppare una spiritualità ecumenica universale».
Lei è un osservatore attento del mondo delle fedi. Cosa pensa del cantiere sinodale della Chiesa cattolica?
«Proprio per la mia posizione, ho un po’ di pudore a prendere la parola, sono con un piede dentro e uno fuori. Credo che si possa parlare fruttuosamente della Chiesa solo se, insieme, si parla del mondo. L’unione “Chiesa-mondo” è strutturale soprattutto per il cattolicesimo, che non a caso almeno dal IV secolo ha pensato se stesso non sulla base della spiritualità o dell’etica, ma del diritto. Basta guardare l’organizzazione della Chiesa a tutti i livelli, il diritto romano è la base del diritto canonico. Insomma la Chiesa non può pensare se stessa a prescindere dal mondo».
Un mondo che è senza religione…
«Ma anche palesemente alla ricerca di una spiritualità. Ci troviamo al cospetto di questa dialettica: il mondo occidentale rifiuta la religione tradizionale in cui si è configurato, sia nella forma cattolica sia in quella protestante, ma è alla ricerca di un’etica, e non c’è etica senza spiritualità. Per questo la Chiesa, secondo me, per il bene di sé e del mondo, deve avere la spiritualità come prima preoccupazione. Penso al cardinale Carlo Maria Martini, da cui ho imparato che alla base di tutto vi è la dimensione contemplativa della vita. In questo discorso è prioritario che la liturgia favorisca la preghiera. Lo dico perché durante la Messa ho l’impressione che ben poche persone preghino. Paradossalmente per pregare in chiesa vi devi andare quando non c’è la Messa» …
Come mai?
«Oggi, anche nella formazione teologica, prevale l’idea che la spiritualità discende dalla dottrina. Quindi tanta dogmatica e poca spiritualità. Anche nella catechesi in parrocchia si privilegiano le nozioni, ma i bambini hanno bisogno di introduzione alla vita spirituale. Prima di tutto c’è la vita delle persone alla ricerca di senso, del mistero, dell’incontro con l’eterno, poi le spiegazioni».
La spiritualità dunque…
«Sì, e a questo proposito vorrei fare un piccolo inciso. È fondamentale sanare la frattura di Bose. La vicenda è stata gestita male, bisognava che si trovasse un accordo, senza rovinare decenni di esperienza spirituale che hanno formato migliaia di persone. E poi occorre illuminare le altre esperienze: penso a Romena, ai monasteri, ai centri che diffondono spiritualità autentica. Cosa di cui il mondo ha bisogno. Luoghi dove andare a raccogliersi e sentire sapore dell’eterno».
Come ripartire dalla spiritualità?
Spiritualità, liturgia, abusi…
E quindi?
«Non credo che il cammino sinodale possa giungere a conclusioni definitive, perché c’è una strozzatura nel modello ecclesiologico: la base discute ed elabora proposte, ma poi, quando si arriva alla dottrina e alle decisioni, non può fare nulla. La base non potrà mai innovare. Il vero cambiamento può avvenire solo se il cammino viene accolto da un Papa coraggioso. I cammini sinodali in corso, come quello tedesco, o producono scismi e quindi falliscono, o sono approvati da Roma e quindi fruttificano. La questione, quindi, sarà il prossimo Conclave. Tutto dipende da chi ne uscirà eletto: se ci sarà Francesco II andranno avanti, se ci sarà Benedetto XVII o Giovanni Paolo III no…».