Vino, un viaggio tra fede e cultura
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Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano
La scoperta del vino ha segnato un momento decisivo, non soltanto legato allo sviluppo dell’agricoltura, e quindi alle tecniche di vinificazione, ma anche perché ha coinvolto ogni aspetto dell’attività e del pensiero umani: implicazioni culturali, religiose, tecnologiche ed economiche. Preziosa merce di scambio, commercio e quindi traino economico, bevanda inebriante che incoraggia a stare insieme, il vino è definito un “lubrificante sociale”. Recenti indagini archeologiche, archeobotaniche, climatiche e chimiche hanno riconosciuto le prime testimonianze della viticoltura risalenti ai secoli 6000-5800 a.C. nel Caucaso meridionale, in Georgia.
I miti del vino
In alcuni miti di origine, alcuni dei come Osiride, Dioniso o Bacco donano agli uomini la vite e insegnano loro a coltivarla e a trarne vino. La tradizione, invece, racconta di una scoperta casuale: grappoli d’uva dimenticati in un recipiente che in seguito vengono ritrovati fermentati e trasformati in una bevanda liquorosa e gradevole che gli scopritori, ignari degli effetti, bevono senza ritegno fino a ubriacarsi, sperimentandone subito l’aspetto pericoloso. Di contro, ci sono fonti che ne esaltano le capacità farmacologiche conferendone un aspetto positivo. San Paolo raccomanda a Timoteo di non bere solo acqua ma anche un po’ di vino per lenire i suoi disturbi allo stomaco (1 Tm 5,23).
Nel mondo antico, il vino era spesso bevanda necessaria, perché alternativa all’acqua contaminata e bevuto in modo molto diverso dal nostro, cioè mescolato all’acqua con miele e spezie per attenuarne sapore e gradazione alcolica, mentre pochi bevevano il vino puro e per questo considerati ubriaconi.
La raccomandazione di farne uso misurato, il disprezzo verso chi beve in solitudine sono alcuni temi ricorrenti, anzi ossessivi, nella letteratura antica e in particolare in quella greca e romana. Nella Bibbia, il vino bevuto a dismisura provoca l’ebbrezza di Noè e di Lot (Gen 9,20; 19,35) e si rivela fatale a Oloferne, ucciso nel sonno da Giuditta (Gdt 12-13). L’ambivalenza del vino è descritta in Siracide 31, dove il vino è "come la vita per gli uomini, purché tu lo beva con misura", mentre le conseguenze nefaste del bere eccessivo sono descritte nei Proverbi 23,19-21 e in Efesini 5,18. Il vino può fare sprofondare l’uomo in una dimensione subumana. Se si eccede, rende ebbri, ottunde la mente, priva l’uomo della propria dignità.
La vite simbolo di abbondanza e potenza
Mosè inviò uomini a esplorare il territorio di Canaan, la Terra promessa, per vedere "il popolo che lo abita, se è forte o debole, se è poco o molto numeroso; come è il paese che abita, se è buono o cattivo, e come sono le città dove abita, se sono degli accampamenti o dei luoghi fortificati; e come è il terreno, se è grasso o magro, se vi sono alberi o no". Gli esploratori ritornarono portando in due con una stanga un enorme tralcio d’uva (Numeri 13, 17-24): la dimostrazione della ricchezza dei luoghi ma anche della forza e della potenza di chi li abitava.
Il vino trasformato nel sangue di Cristo
La duplice natura del vino è sempre presente anche nelle caratteristiche di Dioniso, dio complesso e terrifico. La ricchezza del mito dionisiaco risulta particolarmente interessante dal momento che più volte si è posta in confronto la figura del dio greco con Gesù Cristo. Ma in Dioniso il vino è un dono affinché gli uomini possano dimenticare gli affanni della vita, mentre in Cristo è la vita stessa, è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi (Lc 22,7-20).
Nella simbologia antica, la vite è emblema di vita e il vino del sangue. In un racconto egiziano arcaico raccontato da Plutarco (Iside e Osiride, 6), il vino scaturisce dal sangue degli uomini così come nel mito greco il giovinetto amato da Dioniso, Ampelo, si trasforma in una pianta di vite e il suo sangue in vino (Ovidio, Fasti III, 408-10; Nonno di Panopoli, Dionisiache X-XII).
Nel cristianesimo, al contrario, il vino si trasforma nel sangue di Cristo: la transustanziazione indica la conversione della sostanza del vino nella sostanza del sangue di Cristo, così come la sostanza del pane si converte nella sostanza del corpo di Cristo. Si tratta di un processo diametralmente inverso.
Il vino bevanda della festa
Dopo il diluvio, Noè riprende a coltivare la terra e per prima pianta una vigna (Gen 9,20). Il motivo per il quale non coltiva grano o altri cereali, che sarebbero stati molto più utili per il sostentamento, ma sceglie la vite è evidentemente simbolico: dopo tanta acqua portatrice di morte, il vino allude alla gioia della salvezza, alla rinascita della terra e quindi bisogna fare festa. Papa Francesco, spiegando il significato delle nozze di Cana agli sposi novelli lo ha ribadito: "A un certo punto il vino viene a mancare e la festa sembra rovinata. Immaginate di finire la festa bevendo tè. Non va! Senza vino non c'è festa!" (Ai fidanzati che si preparano al matrimonio, 14 febbraio 2014).
Pane e vino
Il vino appare costantemente insieme al pane. Melchisedec, re di Salem e sacerdote del Dio altissimo, accoglie Abramo offrendogli pane e vino, prefigurando il gesto eucaristico di Cristo (Gen 14,18). Se nell’antichità classica il pane, dono di Demetra, era il simbolo dell’uomo e della sua dignità, il vino era legato al simposio, al banchetto, alla dimensione dionisiaca del thiasos o dei baccanali. Ma Demetra è la madre di Dioniso e questo genera un connubio divino imprescindibile tra i due alimenti.
Il pane è fonte primaria di calorie. Il vino è accessorio, non è un cibo fondamentale ma un lusso, una bevanda che stacca l’uomo dal quotidiano, dall’ordinario, per farlo entrare nella sfera dello straordinario del convivio, della cerimonia. Il necessario quotidiano del pane è strettamente legato alla festa e alla gioia del vino: nel mondo cristiano il primo è il cibo della vita eterna, il secondo calice della salvezza. A questi alimenti sacri si unisce l’olio. Pane, vino e olio rappresentano la cultura mediterranea, che sono per Fernand Braudel "la trinità fondamentale" e gli elementi della liturgia cristiana: pane e vino per l’Eucaristia e l’olio per le unzioni e l’accensione delle lampade, come descrive il Salmo 104,15: Vino che allieta il cuore dell'uomo, olio che fa brillare il suo volto e pane che sostiene il suo cuore.
Il segno di Cana
Il primo miracolo di Gesù ˗ che più propriamente l’evangelista chiama "segno" ˗ riguarda la trasformazione dell’acqua in vino (Gv 2,1-11). Così spiega Papa Francesco: