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Valerio Lanzarini "Un seminatore sprecone?"

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19 settembre 2020
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 8,4-15
(Lezionario di Bose)

In quel tempo 4poiché una grande folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, Gesù disse con una parabola: 5«Il seminatore uscì a seminare il suo seme. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la mangiarono. 6Un'altra parte cadde sulla pietra e, appena germogliata, seccò per mancanza di umidità. 7Un'altra parte cadde in mezzo ai rovi e i rovi, cresciuti insieme con essa, la soffocarono. 8Un'altra parte cadde sul terreno buono, germogliò e fruttò cento volte tanto». Detto questo, esclamò: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!». 9I suoi discepoli lo interrogavano sul significato della parabola. 10Ed egli disse: «A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo con parabole, affinché vedendo non vedano e ascoltando non comprendano. 11Il significato della parabola è questo: il seme è la parola di Dio. 12I semi caduti lungo la strada sono coloro che l'hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la Parola dal loro cuore, perché non avvenga che, credendo, siano salvati. 13Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, ricevono la Parola con gioia, ma non hanno radici; credono per un certo tempo, ma nel tempo della prova vengono meno. 14Quello caduto in mezzo ai rovi sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano soffocare da preoccupazioni, ricchezze e piaceri della vita e non giungono a maturazione. 15Quello sul terreno buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza.

Il seminatore, il seme, il terreno: sono i tre soggetti principali che compaiono nella parabola che ci viene proposta oggi. Va detto che molto spesso la predicazione ha posto l’accento sul terzo elemento, una scelta motivata da un’esigenza di ordine etico, con il rischio però di ridurre la parabola a una dimensione meramente “moralistica”, mentre essa ha una valenza anzitutto rivelativa. 

Il soggetto più importante è infatti il seminatore, anche se non trova grande spazio nel racconto. E come non cogliere nel seminatore Gesù stesso, e dietro a lui il Padre, Dio? Siamo qui di fronte a una vera e propria parabola in atto. Con quel “mentre seminava” (v. 5), Gesù non fa che descrivere ciò che lui stesso sta facendo: sta gettando il seme della Parola. E lo fa senza parsimonia, senza calcolo, su ogni genere di terreno, perché il suo intento è raggiungere tutti, tutti. Sì, colpisce la prodigalità di questo seminatore, che mostra una generosità esorbitante, eccessiva, fino allo spreco. Esponendosi anche all’insuccesso. 

La parabola non ci presenta un contadino maldestro e sciupone, vuole invece trasmetterci l’illimitata fiducia, il sogno di chi continua a seminare con larghezza, confidando nella forza potente delseme. Ha in sé una grande forza il seme, eppure non esercita imposizioni, proprio come la Parola che Gesù dispensa a piene mani: è umile, paziente, conosce successi e fallimenti, è disposta a correre il rischio di essere calpestata e soffocata. Perché accetta di misurarsi con la nostra libertà, con il terreno che noi siamo disposti a offrirle. 

Non inganni il fatto che, nella parabola, in tre casi su quattro il seme appaia sprecato. Si colga piuttosto il crescendo: dalla “strada” dove il seme non trova neppure la possibilità di attecchire, alla “pietra” dove germina ma ha vita breve, ai “rovi” dove cresce ma viene soffocato… e finalmente il “cento volte tanto”! È qui il vertice della parabola: la possibilità di un frutto incredibile. Oltre la strada e le pietre e i rovi, c’è una terra che accoglie e dà frutto. E quale frutto! E c’è la fiducia tenace, ostinata, di un seminatore che non si lascia paralizzare dalla deludente esperienza di terreni che non danno quanto sperato. Non c’è qui forse un invito alla speranza per quanti si fanno seminatori di una parola di vita, a cominciare dai genitori che cercano di immettere nel cuore dei figli germi di bellezza e che hanno spesso l’impressione di aver seminato inutilmente? 

Ci è consegnato dunque un atto di fiducia nella potenza del seme, ma anche un monito: “Fate attenzione a come ascoltate!”, dirà Gesù pochi versetti oltre il nostro testo odierno (Lc 8,18). Il “come” ci rinvia alla qualità del terreno che apprestiamo al seme della Parola. Badando di non cedere alla tentazione di rinchiudere gli altri in una delle quattro tipologie di terreno, quando in realtà è nel nostro cuore che trovano spazio i vari terreni. Siamo noi ora la strada, ossia ascoltatori superficiali, distratti; ora il terreno pietroso, ascoltatori senza profondità, dall’entusiasmo facile, “per un certo tempo”; ora il terreno infestato dai rovi, dove prevalgono le preoccupazioni mondane, i piaceri, il fascino della ricchezza… 

Ma c’è anche la possibilità, per ciascuno di noi, di “un cuore bello e buono” che porta frutto “con perseveranza”. E c’è, prima ancora, l’inesauribile pazienza di Dio che non si stanca di seminare in noi la sua parola e, nonostante i nostri rifiuti, continua a mettere fiducia in noi.

fratel Valerio

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