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Sorelle Monastero di Bose "Seguendo la stella"

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Matteo 2, 1-12

«Gesù nacque a Betlemme». La buona notizia che ascoltiamo nella festa dell’Epifania, manifestazione del Signore a tutte le genti, si apre con il semplice annuncio di una nascita collocata nello spazio e nel tempo. Ogni vita inizia così e ogni vita si rinnova nel contemplare un virgulto d’uomo affacciarsi nella trama della storia.


La nascita di Gesù è riconosciuta come stra-ordinaria secondo Luca da alcuni pastori (cfr. Luca 2, 1-20) e secondo Matteo nel nostro brano da «alcuni magi» provenienti dall’oriente: dalla terra dove sorge il sole ecco venire delle persone in ricerca, degli uomini che scrutano il cielo per comprendere la loro terrosità, cercatori di senso, innamorati guidati da una stella, anzi dalla “sua” stella, la stella capace di orientare e ordinare il loro desiderio di vita verso colui che è la vita, il sole «che sorge dall’alto» (Luca 1, 78), «la stella radiosa del mattino» (Apocalisse 22, 16).

Giunti a Gerusalemme i magi domandano a Erode, re della Giudea, dove è nato il «re dei giudei»: ai primi interessa adorarlo, mentre Erode resta turbato, si sente spodestato (cfr. la strage degli innocenti provocata dalla sua furia in Matteo 2, 13-18).

«Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino». I magi hanno seguito quella stella dal suo sorgere: si sono messi in cammino, insieme, come primizie di discepoli alla sequela, lasciando le loro sicurezze, le loro conoscenze acquisite, i loro itinerari già noti, per seguire non le loro idee, le loro intuizioni, le loro emozioni, bensì la stella, sorgente e fonte del loro desiderio, del loro anelare. «Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima» (cf. Luca 2,10). La stella si arresta, eccola giunta alla meta, e i magi prorompono di gioia, gioia che è vita straripante: sono protesi verso il tesoro che la stella ha tenuto in serbo per loro, il tesoro verso cui li ha accompagnati in tanto camminare. Ecco che entrano nell’intimità della casa, con respiro sussurrato davanti alla fragilità di una vita che nasce. «Videro il bambino con Maria sua madre».

E Leone Magno commenta: «Videro un bambino silenzioso, tranquillo, affidato alle cure di sua madre; in lui non appariva alcun segno esterno dei suoi poteri, offrendo invece alla vista un solo grande prodigio: la sua umiltà». Gesù assume da subito i tratti di un abbassamento, di una semplicità umile e disarmante. Una volta giunti dal bambino che cosa compiono i magi, questi cercatori di lontano? Si prostrano e lo adorano — per questo si erano messi in cammino. Adorare dice il portare alla bocca, il baciare, immettendosi in una comunione di respiro, di vita, di amore. Qui, all’inizio del vangelo secondo Matteo, sono i magi a prostrarsi, a inginocchiarsi davanti a Gesù, a guardarlo dal basso, come alla fine troveremo gli undici discepoli che, pur dubitanti, si prostreranno davanti al risorto che li invierà a «fare discepoli tutti i popoli», rendendo vicini anche i lontani, perché l’Emmanuele di cui si annunciava la nascita (cfr. Matteo 1, 23) è il Dio-con-noi “fino alla fine del mondo” (cfr. Matteo 28, 16-20). I magi si prostrano, lo adorano e dischiudono i loro scrigni, custoditi e riservati per quella meta, per quella gioia. Gli offrono oro, simbolo della sua regalità, splendore altro rispetto a ogni potere della terra, e incenso, simbolo della sua divinità, profumo che si eleva verso l’alto spandendosi intorno, e mirra, simbolo della sua passione, della sua mortalità. Con questa profusione di doni si chiude il nostro racconto, non senza informarci che i magi, avvertiti in sogno (quindi, secondo il linguaggio biblico, da Dio) «di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese». Il cammino percorso da questi portatori di speranza apre nuovi cammini di vita, ancorati allo splendore di quella stella, alla luce calda di quel bambino nato «per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte, per dirigere i nostri passi sulla via della pace» (Luca 1, 79).

a cura delle sorelle di Bose
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