15 giugno 2011, mercoledì della XI settimana per annum (settimana esercizi presbiteri) L.Monti
(Dt
4,1-2.5-6a; Lc 8,19-21)
Mettere in pratica la Parola
Al
cuore di questa settimana in cui ascoltiamo testi biblici sulla Parola di Dio,
risplende un detto fulminante di Gesù: «Mia
madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono
in pratica».
Luca,
a differenza degli altri sinottici, tralascia alcuni particolari relativi al
rapporto di Gesù con la sua famiglia di origine, per concentrarsi unicamente su
questo detto. Un’affermazione che, in parallelo a quella attestata da Marco e
Matteo (cf. Mc 3,35; Mt 12,50), esprime una verità elementare per le sante Scritture,
ma che è sempre bene ricordare: mettere
in pratica la Parola di Dio equivale a fare la volontà di Dio, del Padre,
perché la Parola è la volontà di Dio, è ciò che Dio desidera, in vista della
salvezza di tutte le sue creature. Ecco la verità di cui essere sempre
consapevoli: ogni volta che ci accostiamo alle Scritture che contengono la
Parola, e lo facciamo con tutto il nostro essere illuminato dallo Spirito
santo, noi cerchiamo solo di discernere ciò che Dio vuole qui e ora per noi e
per tutti coloro a cui ci facciamo prossimi. Il criterio per verificare la
bontà del nostro discernimento è semplice, oggettivo, non legato ai nostri
mutevoli sentimenti: fare ciò che Dio comanda, mettere in pratica la sua Parola.
In
questo cammino non siamo soli, anzi il cammino è possibile grazie a colui che
ci ha preceduti e ha aperto per noi la via, il Signore Gesù. È lui che ha
detto: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere
la sua opera» (Gv 4,34). È lui che ha sempre cercato essenzialmente una sola
cosa, l’unico necessario: essere un segno che rimandava a Dio, essere trasparenza
del Padre, e a tale scopo ha messo in pratica con grande determinazione, con
impegno e passione, la sua Parola, la sua volontà. Per questo chiama fratelli e sorelle quelli che, pur con
tutti i loro limiti, in ogni tempo e in ogni luogo cercano di fare lo stesso: a
dire che egli stabilisce con loro una comunione ben più forte di quella
procurata dalla carne e dal sangue. Anzi, nel quarto vangelo, con una sintesi
ancora più profonda, li chiama amici,
legandoli a sé con un amore di elezione: «Voi siete miei amici, se fate ciò che
vi comando» (Gv 15,14).
Nel nostro brano, inoltre, Gesù dice che quanti
mettono in pratica la Parola sono addirittura per lui madre: lo generano, lo fanno venire al mondo, come è avvenuto per
Maria, la cui grandezza sta tutta nell’aver aderito alla Parola fino a
consentirle di divenire carne in sé. Con questa ulteriore specificazione Gesù
ci consegna una grande responsabilità: annunciare, portare Gesù agli altri, a
coloro che incontriamo e a chi ci è affidato nella comunità cristiana, dipende
dal nostro ascoltare, custodire e mettere in pratica la Parola. Dipende, in
breve, dal nostro fare il suo Vangelo. Senza questa prassi, senza questa vita
evangelica, siamo nient’altro che persone di cui Gesù ha detto: «Non vi
conosco!». E, di conseguenza, la nostra vita cristiana e umana si riduce a pura
scena, anche e soprattutto il nostro ministero.
In questa faticosa ma appassionante lotta
per fare la Parola, per vivere l’inesauribile Vangelo, abbiamo un’àncora sicura
nell’assiduità con il Salterio, il
libro nel quale parola umana e Parola di Dio si incontrano in modo unico, il
libro che è stato il compagno inseparabile di Gesù. I Salmi sono certamente una
parola di giudizio, come quella rivoltaci da Dio nel Sal 50: «Perché vai ripetendo i miei precetti e hai sempre sulla bocca la
mia alleanza, tu che hai in odio la disciplina e getti alle tue spalle le mie
parole?» (vv. 16-17). Ma sono anche consolazione per aiutarci a vivere con
perseveranza ogni giorno la Parola. Ce lo testimonia il grande Salmo della
Parola, il Sal 119, rivelandoci che in realtà – se siamo attenti – è la Parola che ci fa vivere: «Fammi
vivere secondo la tua Parola …, nella tua via …, secondo il tuo amore» (vv. 25,
37, 88, 107, 159). Sì,
come cantiamo nel Sal 57, mentre cerchiamo di fare la Parola, ci rendiamo conto
che è «Dio» che «fa tutto per me, per noi» (cf. v. 3). Questo suo agire si è
reso ascoltabile, visibile, palpabile, si è fatto uomo in Gesù. E così, vivere
il Vangelo di Cristo è la nostra risposta, è il nostro fare ciò che Dio vuole
per noi. Vivere il Vangelo è la nostra sapienza, è la nostra gioia a caro
prezzo.
Ludwig Monti
monaco di Bose