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Un «soprassalto» di Vangelo (Enzo Bianchi)

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Per custodire la «differenza cristiana» il compito di oggi è lo stesso di sempre: essere testimoni credibili della Buona notizia 



Anche l'Italia è oggi Paese di missione? Un interrogativo che riprende quello posto dal card. Suhard di Parigi nel 1943 in pieno conflitto mondiale e che può suonare provocatorio nel 150° anniversario dell'unità d'Italia, una nazione formatasi sì in modo indipendente quando non in opposizione rispetto alla Chiesa, ma anche abitata da una popolazione per secoli profondamente cristiana e cattolica. 
Eppure questo interrogativo apparentemente paradossale - concepire come «terra di missione» un mondo che ha ricevuto il Vangelo di Gesù Cristo dalla predicazione degli stessi apostoli Pietro e Paolo - in questi ultimi anni non è stato evaso dalla Chiesa che è in Italia e dai suoi vescovi: non è un caso se gli orientamenti pastorali predisposti dalla Cei per il decennio scorso e per quello appena iniziato insistono con forza, fin dal titolo, sulla necessità di evangelizzare: «Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia» e «Educare alla vita buona del Vangelo» sono esigenze avvertite come ineludibili per i cristiani presenti e attivi nel tessuto sociale e quotidiano del nostro Paese. Preoccupazioni e sollecitudini pastorali più che giustificate se guardiamo non solo alle statistiche sul numero dei battezzati, dei praticanti, delle vocazioni religiose e presbiterali, dei matrimoni religiosi, della frequenza ai sacramenti... ma anche e soprattutto al tessuto etico del Paese, al clima culturale prevalente, all'incidenza del laicato cattolico nella costruzione della polis comune.
Non si tratta di dimenticare o sottovalutare le numerose testimonianze, preziose quanto alle volte oscure, che tanti cristiani danno quotidianamente con il loro vivere e operare; si tratta piuttosto di chiederci se la nostra vita di credenti è ancora capace di eloquenza, di manifestare la «differenza cristiana», quel «tra di voi non è così» che Gesù ha lasciato come monito rispetto al modo di comportarsi nei confronti degli altri e nella gestione del bene comune.
Il contributo che i cristiani sono chiamati a dare alla nostra società, nel pieno rispetto della laicità dello spazio pubblico e nella fedeltà alla propria vocazione e identità, è allora quello di un «soprassalto» di Vangelo: un ricollocare al cuore del pensare, del parlare e dell'agire cristiano la buona notizia di Gesù di Nazaret. Nessuna «fuga dal mondo» - come se si trattasse di realtà negativa da evitare - nessuna pretesa di essere migliori degli altri, nessuna delegittimazione dell'annuncio «ad gentes» (come se l'unica missione fosse qui), nessun arroccamento, ma neanche nessun cedimento a mentalità che considerano scontati o privi di valenza etica comportamenti lesivi della dignità umana. 
Nel vissuto quotidiano vi sono scelte, a volte anche sofferte, che la fede cristiana impone e ispira: spetta ai fedeli, a ciascun battezzato assumersi le proprie responsabilità, porsi all'ascolto della parola di Dio, lasciarsi guidare dalla coscienza e collaborare così all'edificazione di un mondo più giusto e solidale. Accade in Italia come a ogni latitudine: la testimonianza della vita non sostituisce l'annuncio esplicito del Vangelo, ma lo rende comprensibile a tutti, perché l'amore che sappiamo mostrare verso il prossimo è il segno più eloquente dell'amore che nutriamo per Dio e dell'amore che Dio riversa sull'umanità intera. 
Oggi come sempre, la fede non è questione di numeri ma di convinzione profonda e di grandezza d'animo, non si nutre di strategie di mercato ma di fiducia accordata e ricevuta, non trae ispirazione da logiche di inimicizia ma dall'ascolto dell'altro e di ciò che gli arde nel cuore. La «missione» che attende oggi i cristiani, in una società come quella italiana così come ovunque nel mondo, è quella di sempre: essere testimoni credibili di quel Dio che «ha tanto amato il mondo da dargli il suo unico Figlio».

Fonte: Missionline
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