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Anselm Grün «La depressione è il grido di aiuto dell'anima»

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Per il monaco benedettino «oggi ci siamo anestetizzati al male degli altri e sentiamo la pressione di dover essere perfetti. I manuali non aiutano, anzi: il pericolo è la frustrazione».

«Nei miei scritti evito di dare consigli, ma descrivo la vita per quello che è. 
E cerco di presentare la tradizione cristiana come “arte di vivere in modo sano”. Poi cerco di mettere le persone in contatto con la saggezza della loro anima. E questa riflette la saggezza di una sana spiritualità cristiana». 
Mentre chi si presenta come dispensatore di guide per risolvere ogni problema della vita quotidiana spesso genera solo «frustrazione ». Ecco perché il monaco benedettino Anselm Grün, 80 anni da poco compiuti, è uno dei maggior autori di spiritualità del nostro tempo. Psicologo, guida spirituale e conferenziere è apprezzato anche nell’ambito manageriale ed economico. Nell’abbazia dove risiede, Münsterschwarzach, in Baviera, è stato a lungo responsabile della gestione delle attività economiche (al monastero sono legate 20 picccole aziende che danno lavoro a 300 persone). Ci parla in occasione della riproposta da parte delle edizioni San Paolo del suo Per vincere il male (pagine 126, euro 10,00). 

Violenze su donne, bambini, stranieri ci sono sempre state. Ma forse oggi è mutata la percezione di questo male? 
«I nuovi media ci portano ogni giorno davanti agli occhi immagini di guerre, violenza e terrorismo. Molte persone si stanno abituando a questa realtà e non percepiscono più il dolore degli altri. Soprattutto la sofferenza inflitta a donne e bambini passa inosservata. Si sono chiuse interiormente al dolore. Ma chi si chiude al dolore non è nemmeno capace di amare. Perché chi ama si apre agli altri e condivide il loro dolore». 

Una tendenza della società moderna è di ricondurre tutto alle dimensioni storica, individuale e psicologica. È un modo di ridurre l’abisso aperto dal mistero del male radicale, il mysterium iniquitatis? 
«Oggi cerchiamo di spiegare il male solo in termini psicologici, cosa che è valida in molti casi. Lo psichiatra cattolico Albert Görres sostiene che il male sia spesso un regolare vecchi conti con i debitori sbagliati: si feriscono le persone trasmettendo loro le proprie ferite infantili. Ma così come quella storica e quella individuale, anche al spiegazione psicologica non può davvero comprendere il mysterium iniquitatis. La Bibbia parla del diavolo come del padre di ogni male. Nella teologia cattolica, il diavolo non è una persona, ma un’immagine della dimensione profonda del male». 

Tra i problemi di oggi ci sono solitudine e ferite psichiche legate a disturbi come la depressione. Nella sua esperienza ha notato un peggioramento? A cosa lo si può ricondurre? 
«Sì, le malattie psichiche, e in particolare la depressione, stanno aumentando. La causa è innanzitutto il fatto che le persone non trovano un senso nella loro vita. La religione è sempre stata donatrice di significato per molte persone, ma con il suo progressivo assottigliarsi viene a mancare una fonte essenziale per il senso della vita umana. Un’altra causa sono le aspettative troppo alte che molti ripongono nella vita. Si rendono conto di non poterle soddisfare e questo le fa ammalare. Lo psichiatra svizzero Daniel Hell ritiene che molte depressioni siano un grido di aiuto dell’anima contro un’immagine di sé priva di misura. La depressione è una ribellione contro l’immagine esagerata che abbiamo di noi stessi. Contro il dover essere sempre perfetti, sempre di successo, sempre cool. Molte persone si confrontano con gli altri su internet e si deprimono perché in questo confronto si sentono di poco valore». 

Sugli scaffali delle librerie abbondano i manuali di self-help e molti filosofi si dedicano al counselling. Cosa ne pensa? 
«Questi libri dimostrano che oggi molte persone non sanno più come condurre una vita buona. Tuttavia, queste guide possono essere pericolose perché fanno credere a lettori e lettrici che basta loro seguire questi suggerimenti per riuscire nella vita. Ciò spesso porta frustrazione. Nei miei scritti evito di dare consigli, ma descrivo la vita per quello che è. Cerco di presentare la tradizione cristiana come “arte di vivere in modo sano”. Poi cerco di mettere le persone in contatto con la saggezza della loro anima. E questa riflette la saggezza di una sana spiritualità cristiana». 

Perché la sensibilità dell’uomo di oggi sembra essere così lontana dal cristianesimo? E cosa gli dice l’esperienza del monachesimo? 
«Le Chiese hanno fatto troppo spesso del moralismo e inoculato nelle persone una cattiva coscienza. Ciò ha fatto sì che queste abbiano cercato nell’esoterismo o in altre religioni un aiuto per la loro vita. Tuttavia, sperimento in molte persone lontane dalla Chiesa un profondo desiderio di spiritualità autentica. E quando parlo della spiritualità cristiana come fonte di un’esistenza sana, molti riscoprono le loro radici cristiane e comprendono quanto sia saggia e benefica questa tradizione. Nel nostro monastero vengono molti ospiti, anche persone lontane dalla Chiesa. Vogliono immergersi in una vita di fede, che sperano di trovare presso noi monaci. Oggi i monasteri godono di una reputazione migliore rispetto alla Chiesa istituzionale ». 

In economia sembra prevalere l’egoismo: nei rapporti umani, nell’accoglienza dello straniero, nelle disuguaglianze tra ricchi e poveri. Come contrastarlo? 
«Sì, nel mondo economico attuale c’è una forte tendenza all’egoismo e alla fissazione per i numeri. Tuttavia, tengo molti corsi di formazione per dirigenti e aziende, nei quali noto un grande desiderio di un modo diverso di fare economia. Molti imprenditori si assumono responsabilità per i loro dipendenti e si impegnano a integrare i migranti. In questo senso, molte aziende contribuiscono alla umanizzazione della società. Ma, ovviamente, esistono anche imprese dominate da un clima di durezza ed egoismo. E queste diffondono un’atmosfera sociale spietata e disumanizzante». 

Le vostre imprese, ispirate alla regola benedettina, possono essere un modello? Come aiutare le persone a superare l’alienazione e riscoprire se stesse? 
«Sono stato per 36 anni cellerario, responsabile della gestione economica, del monastero. Ho vissuto l’incarico come forma di cura pastorale nel mondo secolare. Se riesco a far sì che 300 persone lavorino volentieri con noi, questo giova non solo al loro corpo, ma anche alla loro anima. Molte aziende avvertono il bisogno di creare, in un mondo freddo, un ambiente più umano. Questo dà loro motivazione. Un altro modo per trasformare il clima lavorativo consiste nell’applicare la regola benedettina, ora et labora. La preghiera è un atto di dedizione a Dio. Se mi dedico al mio lavoro completamente, esso assume un’altra qualità. Cpsì non mi esaurisco facilmente. Spesso sprechiamo energia perché lavoriamo mossi dall’ego, preoccupandoci continuamente di ottenere riconoscimento o di soddisfare il capo. Questi retropensieri divorano energie e portano al burnout. La spiritualità è un buon aiuto per evitarlo. Se mi immergo pienamente nel lavoro, questo diventa un piacere anziché un peso». 

Gianni Santamaria 

Fonte: Avvenire 


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