Alessandro D’Avenia "Posta riservata ai bambini"
Cari bambini, ho ricevuto le vostre lettere e sono proprio felice di lavorare con persone intelligenti e divertenti come voi. Qui dove vivo la neve è così alta che abbiamo dovuto scavare un tunnel per raggiungere la slitta.
E sapete che cosa è successo?
Le ho confidato che la mia passione era andare su e giù per i camini, per questo i miei vestiti erano così affumicati. Lei mi ha risposto che a lei piaceva camminare e ballare sui tetti innevati.
Entrambi poi amavamo il profumo del fuoco, soprattutto nelle giornate in cui fuori il vento fa gelare anche i peli nel naso. Tra tetti e camini abbiamo riso molto, e quella sera stessa, al tramonto, ci siamo detti «Ti amo» e ci siamo sposati.
Qui da noi non c'è bisogno di aspettare, perché il tempo non esiste. Come faremmo altrimenti a portare i regali a tutti? Da voi il tempo esiste perché guardate troppo gli orologi, noi invece preferiamo giocare, e quando si gioca il tempo vola, sparisce.
Non si può giocare «mezz'ora», come si dice lì da voi, si gioca solo «per sempre», come quando si ama. Un giorno vi insegneranno che il tempo passa e ci sono mille cose da fare, vi regaleranno un orologio e il tempo comincerà a mancarvi, smetterà di volare anche per voi, che invece lo avevate tutto...
Ma il segreto per far sparire il tempo resta lo stesso: giocare. Non vi ho detto che, dopo esserci sposati, Mamma Natale ed io abbiamo fatto un viaggio nei Mari del Sud, perché qui da noi si può fare il bagno solo se fai un buco nel ghiaccio e ti cali dentro, ma non ti puoi muovere e l'acqua è così fredda che bisogna mettersi costume, cappello, guanti e calze di lana! Noi allora non ci chiamavamo ancora Babbo e Mamma Natale, ma al mare ci siamo dati un bacio così bello (da noi deve essere brevissimo perché sennò si incollano le labbra per il freddo) che è nato un bambino. Ve l'ho detto: qui le cose succedono subito, perché al posto del tempo c'è la gioia, e quando una cosa è fatta di gioia, come il cioccolato è fatto di cacao e il Sole di luce, comincia a esistere, così, dal nulla.
Il nostro bambino era tutto fatto di gioia e così lo abbiamo chiamato Natale, perché è il periodo in cui tutti si ricordano che per essere felici basta giocare di più: il nostro Natale era bello come il vostro Natale.
Le uniche tre parole che sapeva dire erano quelle più piene di gioia, le prime che i bambini imparano: mamma, papà e il proprio nome. E così siamo diventati Babbo e Mamma (di) Natale... E Natale giocava sempre e, poiché da noi non ci sono negozi ma solo ghiaccio e neve, allora Mamma Natale e io, abbiamo inventato per lui i giochi che ci venivano in mente.
Come vi ho detto, qui, se immagini una cosa piena di gioia, cioè bella per tutti, allora diventa subito un gioco. Per esempio un giorno volevo regalare a Mamma Natale un mazzo di fiori volanti, e così ho inventato le farfalle...
E una volta volevo far ridere Natale che aveva il raffreddore e ho immaginato una macchina che più ridi più va veloce, e a forza di risate è guarito! Ben presto la nostra casa si è riempita di giochi e abbiamo dovuto svuotare una montagna intera per metterceli tutti, perché più un bambino gioca più cresce forte e sano e niente fa crescere come la gioia, anzi vi dirò di più niente come giocare fa crescere anche un papà e una mamma!
Non so se da voi trovano il tempo per farlo, perché molti di voi ce lo chiedono come regalo, ma noi questo non lo possiamo fare, potete provarci voi nascondendo tutti gli orologi che avete in casa, anche quelli sui telefoni, così si ricorderanno come erano felici quando giocavano e il tempo volava...
Comunque sia l'abbiamo chiamata Montagna di Giochi (anche voi di sicuro ne avete una)! A poco a poco anche il nostro Natale ha imparato a far comparire le cose fatte di gioia, e creava mille giochi al giorno: per fortuna nella Montagna non mancava spazio!
Ne ha inventati bellissimi, a me piacciono soprattutto lo strumento a corde che, quando sei triste, suona e canta da una pancia di legno, e un pallone colorato che, quando ti senti pesante, basta che butti giù i pesi e ti solleva da terra...
Una mattina però è successa una cosa brutta: Natale non si svegliava più, era caduto in un sonno profondo e malefico, si agitava come se stesse facendo un incubo senza fine. Non riuscivamo a risvegliarlo, lo scuotevamo e lo chiamavamo: Natale, Natale, Natale! Niente.
Purtroppo anche qui accadono cose brutte che non sappiamo spiegare, soprattutto se succedono a chi non c'entra nulla: i bambini. E così siamo diventati tristi. Come potevamo far tornare la gioia? Non ci riuscivamo.
Allora Mamma Natale si è seduta sopra il tetto e dopo un giorno di pensieri ha avuto un'idea geniale: «Dobbiamo chiedere aiuto a chi sa immaginare cose fatte di gioia!». Sì perché la parola gioia viene dalla parola gioco o viceversa: non si sa cosa viene prima perché non c'è gioco senza gioia, non c'è gioia senza gioco.
Allora abbiamo inventato le Poste della Gioia, con le quali ci arrivano le vostre lettere. Quando uno degli elfi verdi ne legge una ad alta voce, se c'è una cosa fatta di gioia allora quella cosa appare, in forma di gioco. Sono stati alcuni di voi a inventare il calcio, il nascondino, le bolle di sapone e lo scivolo! E a un certo punto di gioia ce n'era talmente tanta che è entrata come un canto dentro la nostra casa... e Natale si è risvegliato!
Dovevate vedere come cantava e rideva! E la prima cosa che ha immaginato è stato un albero in cui crescevano luci al posto dei frutti, luci che maturano in questo periodo e si possono anche mangiare, più ne mangi più ti brillano gli occhi! Lo abbiamo chiamato Albero di Natale: quando ne vedete uno ricordatevi che il nostro Natale è tornato grazie a voi.
Volevo confidarvi che noi qui non facciamo pigiami, telefoni, orologi, cose costose, cose noiose, insomma niente cose che tolgono la gioia. Se vi dicono che le ha portate Babbo Natale... non è vero! Per fare un gioco bastano due ingredienti: la gioia e gli amici.
Pensate che una volta un bambino di un piccolissimo paesino sperduto di nome Betlemme, ha chiesto che il Dio di cui tutti gli parlavano, che se ne stava in cielo e nessuno era capace di fargli vedere, venisse a giocare con lui, e così è stato: è diventato bambino...
È stato un Natale indimenticabile, uno dei giochi più belli mai inventati insieme alle comete e all'altalena! Che potere ha la vostra gioia! Chissà quante cose ancora potete immaginare e far apparire. A noi non interessa se vi siete comportati bene o male, perché la gioia non è un premio ma una sorpresa, come quando ho incontrato Mamma Natale o quando Natale si è risvegliato.
A proposito di loro ora devo andare: Mamma Natale vuole ballare sul tetto perché stasera c'è la luna piena e Natale sta ascoltando un libro che racconta le fiabe... Ho solo una cosa ancora da chiedervi: imparate a scrivere bene perché chi non scrive in modo chiaro e preciso non riesce a dire bene la gioia e finisce per diventare triste, come quella bambina che rischiava di ricevere una scarpiera anziché una scacchiera o quel bambino che aveva scritto palla con una sola “l”...
Scriveteci tanto, scriveteci sempre, perché voi riuscite a rendere la vita un gioco e fate sparire il tempo, che tanto assilla i grandi. E poi se continuate a farlo Natale non cadrà mai più nel sonno malefico. Ora siamo noi a immaginare di darvi un abbraccio o una carezza: magari compaiono, dal nulla, adesso, lì da voi, perché sono fatti di gioia. Ha funzionato?
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