Alberto Maggi «Quando cadranno le etichette ci sarà il vero cambiamento»
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Intervista ad Alberto Maggi
a cura di Franca Giansoldati
Il Messaggero
29 maggio 2024
Il biblista: il tema dell'omosessualità nei testi sacri viene affrontato solo in base alla cultura dell'epoca.
«Si tratta certamente di un passo in avanti che aiuta all’inclusione ma io resto comunque un po’ perplesso».
Padre Alberto Maggi, uno dei più illustri biblisti italiani, commenta il primo evento giubilare dedicato alla comunità Lgbt che è stato inserito dal Vaticano nel calendario degli eventi previsti per l’Anno santo.
Perché questi dubbi?
«Il pensiero più immediato è che solo quando tutti noi diventeremo davvero cristiani allora forse non ci sarà più alcun bisogno di fare queste distinzioni. Nel senso che coloro che vengono a fare questo pellegrinaggio sono cristiani come gli altri.
Che abbiano una sessualità in un modo o in un altro non dovrebbe essere meritoria di alcuna sigla. Ogni persona deve seguire la propria umanità. Ma so che ci arriveremo, ci vorrà solo un po’ di tempo».
Quanto questa novità, a suo parere, va a rafforzare la costruzione di una Chiesa aperta a “todos, todos, todos”, come dice il Papa?
«Dico solo che bisognerebbe limitare queste distinzioni, altrimenti si continuerà sempre a dividere il popolo di Dio. Insomma, non ci dovrebbero essere tutti questi distinguo. Siamo o non siamo tutti fratelli?”.
Come viene affrontata l’omosessualità nella Bibbia?
«Nel testo biblico non c’era la problematica dell’omosessualità come la intendiamo oggi, comprensiva di una sfera identitaria e di una sfera sessuale. Si tratta di una terminologia del Novecento che non viene contemplata allo stesso modo sia nel Nuovo che nel Vecchio Testamento. Prendiamo il Vangelo...».
Cosa dice?
«Nel Vangelo non si parla assolutamente di omosessualità. Nel Levitico, invece, ma qui siamo nell’Antico Testamento, sussiste la proibizione di un uomo ad accoppiarsi con un altro uomo, ma attenzione: non riguarda affatto la sfera propria della sessualità in quanto tale, il discorso biblico riguarda piuttosto il tema della procreazione, il mettere al mondo una creatura. Questo lo si deduce dal fatto che la stessa proibizione avrebbe dovuto essere fatta anche per una donna, mentre questo aspetto non appare in nessuna pagina. La domanda che ci si dovrebbe porre è: perché il testo biblico vieta ad un uomo una cosa e non lo fa per una donna?»
Un po’criptico...
«No, è che in tutto l’Antico Testamento ci sono proibizioni da mettere in connessione con la cultura di quei tempi che riguardava il principio del “crescete e moltiplicatevi”. Se il divieto fosse stato fatto esplicitamente per un fatto sessuale allora, ripeto, il divieto avrebbe compreso anche la donna a non accostarsi ad una altra donna».
E poi c’è il Nuovo Testamento…
«Gesù non entra nella questione. C’è ovviamente San Paolo che lo fa ma, ripeto, a quei tempi non esisteva il concetto di omosessualità che esiste oggi».
Nella Chiesa c’è chi vorrebbe cambiare il Catechismo e alcune formulazioni riguardanti l’omosessualità ritenute discriminatorie e offensive. Lei che ne pensa?
«Concordo che quel testo dovrebbe fare un passo in avanti. Dovrebbe evitare di inserire l’omosessualità tra i peccati. Come si fa ad imporre ad una persona omosessuale che se non vuole cadere nel peccato deve essere casta. Noi religiosi che scegliamo la castità ma lo facciamo attraverso una scelta meditata e consapevole. Questa via non la si può imporre».