Paolo Crepet "Le nuove tecnologie? Nessuno può sentirsi al sicuro"
intervista a Paolo Crepet
a cura di Maria Agostiniacchio
17 giugno 2024
«C'è sete e fame di parole, di pensiero. Non posso che dire loro ciò che mi sono ripetuto per anni lungo il corso della mia vita: “prendetevi la luna”». Così Paolo Crepet spiega il continuo sold out nei teatri italiani dello spettacolo che prende il nome dal titolo del suo penultimo libro Prendetevi la luna, edito da Mondadori nel 2023. In attesa del nuovo saggio Mordere il cielo in uscita il 24 giugno sempre per Mondadori, quasi in tandem con il precedente per lo stesso sguardo in alto a riappropriarsi delle emozioni, il noto psichiatra, sociologo, educatore, saggista e opinionista torinese torna in Puglia a grande richiesta, in tre date organizzate da Aurora Eventi. Si parte martedì 18 giugno, alle 21, al Castello di Acaya a Vernole (Lecce), mercoledì 19 giugno, alle 21, alle Cave di Fantiano a Grottaglie (Taranto) e giovedì 20 giugno a Trani, in Piazza Duomo.
Dalla schiena curva sulla luce blu del cellulare alla schiena dritta per guardare alla luna e al cielo. Quale lo scenario se non cambiamo postura?
«Dobbiamo essere coscienti che il cambiamento è avvenuto da molti anni e non è solo tecnologico ma anche antropologico. È di questi giorni la notizia della diffusione di internet e cellulari nella tribù dei Marubo, in Amazonia. Dopo il primo entusiasmo è stato un disastro. Le notizie parlano di persone immobilizzate, quasi in coma dentro gli schermi e nessuno lavora più o parla con gli altri. I rischi sono altissimi ed il prezzo da pagare per una eterna connessione è molto alto, soprattutto nelle generazioni più giovani ma nessuno è al sicuro».
La sua attenzione si è spesso focalizzata sui giovani e sulla relazione con la «sfamiglia», dal titolo del suo saggio del 2009. Il «paziente» famiglia ha compreso le gravi conseguenze in cui incorre nel perseguire l’eterna adolescenza genitoriale?
«Oggi il nonno compra le stesse cose dei suoi nipoti, non è mai successo nella storia umana. Quella cesura era un fatto salutare, ognuno viveva il tempo giusto della sua esistenza. La maggioranza della gente ha compreso questo errore ma forse non interessa molto affrontare un cambiamento. Si è diffusa una sorta di indolenza sul futuro perché è molto faticoso modificare certi comportamenti e si va verso una deriva in cui ciò che perdiamo è superiore al guadagno. Pensiamo di essere al sicuro ma viviamo dentro un bunker».
Il congelamento delle frustrazioni, l’anestesia emotiva, la rimozione degli ostacoli: quanto l’impegno reale, la fatica senza paracadute può giovare ai nostri giovani?
«La risposta è ovvia ma non voglio il ruolo di predicatore nel deserto. Vorrei che si potesse immaginare un mondo non privo di tecnologie, ma è necessario rendersi conto che tutto questo ha conseguenze sulle capacità cognitive, sulla percezione distorta della realtà, sulle pulsioni sessuali e altro che osserviamo continuamente. Vorrei che i bambini disegnassero con i colori ma se poi tornano a casa e trovano solo l’ipad è una lotta impari. Le previsioni di Orwell sono state al ribasso perché non poteva sapere ciò a cui saremmo arrivati e l’intelligenza artificiale avrà un impatto maggiore della bomba atomica».
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