Messe sbiadite e cuori ardenti
Rocca 1 giugno 2024
Un titolo quanto mai azzeccato ed
evocativo quello dell’ultimo libro
di Luca Diotallevi, La messa è
sbiadita, Rubbettino ed., che ovviamente crea assonanza con il
saluto di commiato e invio con
cui si concludono normalmente le celebrazioni eucaristiche. Al di là delle battute a
cui si presta, persino collegandolo al nome
stesso dell’autore come ha fatto Fiorello
nella sua rassegna stampa in Viva Rai 2,
oppure Crozza riportando i dati, la certificazione sociologica di un certo andamento comunemente intuito ha provocato
molte reazioni, alcune per altro che mostrano come vari commentatori non abbiano letto il libro per intero ma si siano
fermati ai titoli.
i numeri per ragionare
Lo studio riguarda un’analisi sociologica
di un parametro preciso, la «partecipazione ai riti religiosi ad alta istituzionalizzazione» e valuta la correlazione con molti
altri parametri nel periodo che va dal 1993
al 2019, ribadendo più volte che non sono
stati ancora considerati gli elementi relativi alla sindemia del Covid-19. Non basta
infatti semplificare come fanno alcuni siti
tradizionalisti affermando che le persone
non vanno più a messa ma i vescovi si preoccupano solo di dialogare con i musulmani e porre limiti a chi vuole la messa in
latino.
Il delicato equilibrio che il prof. Diotallevi
cerca di mantenere è quello di interpretare con attenzione i dati per l’Italia, fino a
poco tempo fa considerata un’eccezione
(insieme agli Usa) rispetto al generale declino del parametro analizzato. Lo fa senza pregiudizi conducendo il lettore in pagine non semplici per chi non ami tabelle e grafici, a volte solo descritti nei risultati,
fra percentuali, variabili ed espressioni
tecniche.
Consapevole della complessità del ragionamento, nello scorrere dei paragrafi, all’inizio e alla fine del testo, vengono sintetizzate e riprese le connessioni, le interpretazioni e nuove piste di ricerca, con l’attenzione a restare sul piano scientifico
della sociologia delle religioni senza mai
entrare in valutazioni spirituali, se non
nell’introduzione in cui l’autore chiarisce
come per la teologia: «anche la più sobria
e meno partecipata liturgia della messa che
si svolgesse nel posto più remoto del pianeta, e che magari fosse l’unica a svolgersi, avrebbe la identica potenza redentiva
di centinaia di migliaia di affollatissime
liturgie dello stesso tipo». Insomma un
conto è la teologia dogmatica e un conto
sono le discipline sociologiche. Nonostante
i distinguo vengono messi in luce moltissime questioni interessanti.
non solo donne e giovani
Il fenomeno analizzato viene da lontano
ed è legato alla modernizzazione della società con dinamiche che riguardano tutte
le istituzioni. La forma della religione di
tipo confessionale (di cui parlano Marx o
Weber) che ha caratterizzato l’Europa continentale degli ultimi secoli, si esprime riducendo la propria rilevanza solo all’ambito strettamente religioso: il cristianesimo e il cattolicesimo in particolare, invece ha avuto sempre un impatto e una rilevanza fondamentale su tutto lo spettro
della vita sociale, senza integralismi, a livello individuale e collettivo, dalla politica all’economia. Attualmente il cattolicesimo italiano appare più piccolo e più religioso, cioè è sempre più marginale l’apporto delle istituzioni educative, la vitalità accademica o politica di ispirazione cristiana, in controtendenza con il magistero del Concilio Vaticano II che aveva riletto a partire dalle fonti bibliche e liturgiche l’identità ecclesiale e il suo «stare al
mondo». Molte scelte degli ultimi decenni hanno di fatto portato a indebolire il
tessuto diocesano e parrocchiale che consente di vivere, nutrire e celebrare la propria esperienza di fede, nella condivisione con altri non solo che aderiscono alla
stessa fede, ma anche che si frequentano
in altri luoghi di socialità.
Dei laici consapevoli del valore del proprio battesimo alimentano il proprio cammino con una partecipazione almeno settimanale al rito liturgico che, letteralmente, li invia a portare l’annuncio del vangelo nel mondo attraverso le proprie competenze, professionalità, scelte economiche, riflessioni politiche, in una parola, vivendo l’apostolato che è loro proprio nel
cuore della città. È questo ciò che sta venendo meno.
Mentre ci si identifica ancora come cristiani o cattolici in larga maggioranza, la
partecipazione al rito liturgico crolla, in
particolare da parte delle donne e dei più
giovani, con una tendenza che cresce nelle generazioni dei nati dopo il 1955. Mentre è significativa e nota la riduzione del
clero e delle religiose, non si è altrettanto
notato il declino della partecipazione dei
laici o dei matrimoni, in percentuali molto più alte, che alterano profondamente
la fisionomia delle comunità celebranti.
elementi per cambiare tendenza
Permane un legame fra chi partecipa regolarmente alla messa e l’attività di volontariato: sembra essere l’unico canale in cui ancora si riversa l’esigenza di una testimonianza. La società appare sempre più
frammentata e gli individui sempre più
soli: non solo si frequenta di meno la messa, ma anche gli amici! La religiosità che è
ancora molto presente nonostante le previsioni del secolarismo, diserta il rito liturgico ma cerca il rito spettacolarizzato
in cui il protagonismo di alcuni soggetti
finisce per modificare profondamente l’atteggiamento della persona verso il tessuto
sociale. Ecco allora i tre tratti del declino
o «sbiadimento»: minore frequenza ai riti,
minore incidenza dei riti sui comportamenti personali e civici, riti de-regolamentati e trasformati in performance che alimentano una cosiddetta «religione a bassa intensità».
L’attuale situazione è comunque instabile: presto la prevalenza di anziani e, fra
loro, delle donne, verrà a ridursi e le comunità di praticanti saranno più ridotte e
più simili alla composizione della società.
La domanda che lascia l’autore è se questa maggiore e più equilibrata possibilità
di combinazione fra generi e generazioni
farà emergere soluzioni e innovazioni ora
non prevedibili.
Pur nell’enorme complessità attuale questa situazione sembra ricondurre ai numeri e situazioni delle origini, quando Paolo
ricordava: «non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti
potenti, né molti nobili» (1Cor 1,26), proprio come nella società. Eppure quei pochi, vivendo liturgie che risplendevano di
nobile semplicità (cfr. Sacrosanctum Concilium 7), simili all’esperienza dei due di
Emmaus (cfr. Lc 24,13ss), con cuore ardente seppero trasformare l’impero, una
persona per volta, una città per volta, fino
ai confini del mondo.